Il Messaggero, 23 maggio 2021
Il problema dei limoni dall’Argentina
Arriveranno nei prossimi giorni a Rotterdam e Ravenna i primi 3 containers con 75 tonnellate di limoni argentini coltivati a Tucumàn, dopo la revoca da parte dell’Unione Europea della lunga sospensione per i troppi casi di macchia nera, la pericolosa Phyllosticta citricarpa degli agrumi. Dopo le contromisure adottate dal paese sud-americano (in particolare con tracciamenti selettivi), il via libero alle spedizioni rimette in moto l’Argentina, primo fornitore di limoni e quarto fornitore di arance dell’Unione Europea.
LO SBARCO
In arrivo contemporaneamente anche i carichi di Limone Eureka dal Sud Africa, Paese dove si continua a investire nell’ampliamento della produzione. Terzo esportatore di agrumi in Europa è la Turchia, fino allo scorso anno presente principalmente in Germania, Olanda e nei paesi dell’Est. Il 2021 ha segnato per la prima volta l’arrivo massiccio di arance, pompelmi e limoni turchi anche in Spagna e Italia.
Gli iberici hanno sùbito sollevato una barriera di protezione, riuscendo a rimandare indietro una media di due carichi al giorno per irregolarità amministrative o problemi fitosanitari. In Italia è stata invece sottovalutata la concorrenza turca.
«Il limone afferma Marcello Porrello, di Agricola Lusia, azienda di Rovigo tra i maggiori player europei di agrumi – è sicuramente la referenza del comparto agrumicolo che più ha sofferto della congiuntura pandemica. La contrazione della domanda causata in gran parte dalla chiusura delle attività ristorative – ha indebolito in Italia i prezzi, con decrementi superiori al 40% rispetto alle stagioni precedenti. Sperando in un rialzo dei valori di mercato, la maggioranza dei produttori ha tardato la raccolta del Primofiore, aggravando però una situazione già critica. L’auspicato aumento dei prezzi purtroppo non si è verificato e così assistiamo ora alla corsa al raccolto nella speranza di salvare più quote possibili di Primofiore. Ma le tardive operazioni di raccolta comprometteranno inevitabilmente i volumi e la qualità delle successive fioriture».
Quanto avviene nel mondo dei limoni e degli agrumi in generale, è purtroppo l’esempio della crisi ormai decennale dell’ortofrutta italiana, non legata quindi alla pandemia. Troppo concentrata sul mercato nazionale, l’Italia continua a perdere posizioni nel mondo. Negli ultimi dieci anni secondo l’Osservatorio ortofrutta di Nomisma – il Paese è sceso dal sesto al nono posto nel ranking dei top exporter, nonostante una crescita del 32% in dieci anni che ci ha permesso di raggiungere i 5 miliardi di fatturato sui mercati stranieri. Nello stesso periodo, però, Usa, Spagna e Cina hanno realizzato un incremento ben più significativo del +100%.
I CONCORRENTI
«Rispetto al competitor iberico afferma Denis Pantini di Nomisma i dati parlano chiaro: al momento non c’è proprio gioco perché mentre la bilancia commerciale italiana import-export in dieci anni è diventata negativa, nello stesso periodo la Spagna ha triplicato il suo commercio estero (+228%). Un dato che si riflette sul fatto che è il primo competitor sui nostri principali mercati di riferimento (Germania, Francia, Inghilterra e Svizzera) dove noi perdiamo progressivamente quota».
In Gran Bretagna, da sempre mercato strategico, subiamo anche la concorrenza di Sud Africa e Perù. Secondo molti osservatori a frenare l’export agricolo italiano sono le limitazioni logistiche (solo 19° nel ranking delle infrastrutture dedicate) che in soldoni significa che il costo a chilometro dell’autotrasporto su cui viaggia il 90% dell’ortofrutta è di 0,43 euro, contro lo 0,30 euro dei tedeschi e lo 0,28 euro degli spagnoli. «Un gap che dovremo superare attraverso gli 800 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicati alla logistica nel settore agroalimentare – sostiene il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino per ridurre anche l’impatto ambientale dei trasporti, digitalizzare i servizi, migliorare le strutture di stoccaggio e le capacità logistiche dell’intero sistema agricolo».