Il Sole 24 Ore, 23 maggio 2021
L’Anticristo tra noi
Nostradamus nelle sue quartine profetiche, scritte nel XVI secolo con fonti medievali, parla di tre Anticristi. William Tyndale, riformatore che traduce la Bibbia in inglese, sostiene che i regni cattolici della prima metà del Cinquecento siano l’impero dell’Anticristo. Lutero e Calvino individuavano l’inquietante figura nel pontefice romano. Qualche secolo prima, nel Duecento, il francescano Pietro di Giovanni Olivi parlò di un “Anticristo mistico” che precederà la fine dei tempi. A questo si può aggiungere altro, senza scomodare Satana, le Scritture o i padri della Chiesa.
L’Anticristo opera anche nel mondo contemporaneo. Lo insegna il russo Vladimir Sergeevi? Solov’ëv, che pochi mesi prima di morire, nei giorni di Pasqua del 1900, termina Il racconto dell’Anticristo. Lo individua in un uomo che non vive più di fede, anche se si presenta vegetariano e protettore degli animali, ragguardevole, fautore dell’uguaglianza, filantropo, grande ecumenista, autore di un’opera dedicata a pace e prosperità universali.
Commentando il profilo di tale figura, esemplare per la nostra società, il cardinale Giacomo Biffi durante gli esercizi spirituali della Quaresima 2007, dinanzi a papa Benedetto XVI, ricordò che il Figlio di Dio crocefisso non «è traducibile in una serie di buoni progetti e di buone ispirazioni, omologabili con la mentalità mondana dominante». Come accade nei talk show televisivi, Cristo diventa «una scusa per parlare d’altro» (Divo Barsotti).
Chi è allora l’Anticristo? A questa domanda conviene rispondere partendo da un testo dell’inizio del III secolo di Ippolito di Roma. È la prima opera teologica espressamente scritta per studiare l’enigmatica figura. Ha come titolo Cristo e l’Anticristo. Il testo critico greco si deve a Pierre Nautin; traduzione, introduzione e note sono di Maria Benedetta Artioli. Nel libro è ricordato Solov’ëv e sono riportati in appendice due discorsi di Biffi sulle ipotesi del russo.
Ippolito ricorre soprattutto alle citazioni bibliche; la curatrice nota che «si potrebbe pensare quasi a un florilegio di brani scritturistici». Insomma, il suo è un Anticristo dedotto dalla Parola. L’Apocalisse parla di due bestie e non usa mai il termine specifico, che invece si trova nelle Lettere di Giovanni. Paolo nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi l’avrebbe visto come «l’iniquo, il figlio della perdizione». Ippolito scrive che «riguardo al suo nome, non è possibile esprimerlo con tanta esattezza».
Solov’ëv ci assicura che abita tra noi. Biffi deve averlo incontrato, perché l’Anticristo è riuscito a ridurre «la militanza di fede ad azione umanitaria e genericamente culturale»