Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  maggio 23 Domenica calendario

Storia del movimento tantra

«Dal XX secolo fino ai giorni nostri artisti, scrittori, curatori e filmmaker, in Asia e in Occidente, si sono ispirati al tantra, interpretandolo come un movimento che poteva contestare e destabilizzare gli atteggiamenti repressivi nei confronti del genere, del sesso e della politica». L’affermazione apre il capitolo finale di Tantra, opera recentissima di Imma Ramos pubblicata da Einaudi, notevole sia per il tema sia per l’iconografia straordinaria che ne costituisce la dimensione sostanziale. Mentre le parole citate si attagliano bene anche a rappresentare la finalità del movimento “tantra” al suo nascere, in India non meno di millecinquecento anni or sono! Un movimento grandioso, eppure sfuggente, che pervade e trasforma non solo induismo e buddhismo, ma anche il jainismo e successivamente perfino l’islam sufico indiano; in realtà “movimento” non è un termine felice, perché i tantra rappresentano piuttosto una nebulosa, una Via Lattea di movimenti, disseminati e anche molto disparati.
Che cosa li accomuna? Il tratto più appariscente è la valorizzazione della femminilità e della sessualità, più in generale della trasgressione rispetto alle prassi imposte dalla classe brahmanica e da questa fondate sull’opposizione purità/impurità codificata in maniera rigidissima. Tale trasgressione, sessuale e alimentare, non è però fine a se stessa, come spesso si pensa in Occidente interpretandola solo «come una sorta di guida edonistica al sesso»; era invece praticata ritualmente perché ritenuta il mezzo più idoneo e rapido per dissolvere i confini della conoscenza razionale (e formalistica), per accedere a più alti livelli di unione con Dio; in definitiva, per accedere alla liberazione dal ciclo doloroso e vano delle esistenze, il samsara, che si perpetua di ri-nascita in ri-morte sulla base degli atti compiuti nelle vite precedenti. Mezzo molto efficace, ma pericoloso, che può essere impiegato solo nella stretta osservanza delle prescrizioni di un maestro, di un guru, e che viene ampiamente illustrato appunto nei tantra: il termine significa letteralmente “stenditoio”, “telaio”, poi per traslato “struttura”, “sistema”, “trattato”.
Non esiste invece in sanscrito il termine equivalente a “tantrismo”, invenzione occidentale responsabile di molti equivoci, primo fra tutti l’idea che i tantra costituiscano un fenomeno unitario. I contenuti di queste opere sono considerati dai fedeli rivelazione divina e comprendono d’abitudine quattro aspetti: la conoscenza o dottrina, cioè la filosofia propria di ogni corrente; il rito al quale si è ammessi con l’iniziazione; la pratica psico-fisica (yoga), il comportamento. Aspetti di grande rilievo nei tantra sono il pantheon, la fisiologia sottile, o mistica, che si sovrappone a quella concreta, la filosofia della parola, le formule meditative e magiche (mantra), in tradizioni determinate l’estetica, i diagrammi mistici e simbolici (mándala yantra) impiegati nella meditazione. 
Appunto su questi ultimi aspetti il volume di Ramos si concentra dichiaratamente, percorrendo attraverso i secoli la vicenda dei tantra dal punto di vista proprio dell’iconografia e della storia dell’arte: una panoramica sconfinata, dalla scultura templare alla miniatura all’artigianato rituale, estesa a tutta l’Asia e che giunge fino ai giorni nostri con la grafica, il cinema, i raduni. Il libro è un po’ sommario negli aspetti filologici e filosofici e si segnalano imprecisioni traduttive come i frequenti errori nel genere impiegato in italiano per le parole sanscrite; ma il percorso artistico indagato ed esposto tramite «una serie di casi studio visuali, quasi tutti provenienti dalla – ricchissima – collezione del British Museum», è originale e il capitolo finale è perfino rivelatore nella ricostruzione accurata della penetrazione dell’immaginario tantrico nella cultura, o meglio nella controcultura degli ultimi tre decenni del Novecento. Sia in India sia ben presto in Occidente il principio di questa vicenda è segnato nel 1966 dalla pubblicazione del libro fondamentale di Ajit Mookerjee (1915-1990),  Tantra Art. Its Philosophy and Physics; mentre la salita sul palcoscenico globale è marcata poco dopo da episodi e immagini famosi, che fanno parte della storia del costume contemporaneo. 
Basta ricordare da una parte la celeberrima foto dei Beatles con il guru indiano Maharshi Mahesha Yogi (1918-2008), da loro frequentato a Rishikesh durante l’emblematico 1968; dall’altra il logo (di John Pasche, 1971) voluto da Mick Jagger all’interno della copertina dell’album dei Rolling Stones  Sticky Fingers: l’indimenticabile lingua arancione che si protende sfacciatamente da una bocca con il labbro superiore fornito di occhi; un’icona manifestamente ispirata alla figura della sanguinaria e macabra Kali, forma tantrica della Grande Dea che altrove danza sul cadavere di Shiva, suo sposo. Le opere più recenti commentate da Ramos, dovute a Bharti Kher, risalgono al 2011 e sono pure ispirate a inquietanti divinità femminili: questo tragitto lungo l’ultimo mezzo secolo ha pochi o nessun eguale.