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 2021  maggio 23 Domenica calendario

Biografia di Francesca Morvillo (la moglie di Falcone)

Certo che se oggi, sull’onda della nuove rivendicazioni sulla parità di genere, fosse successo quello che accadde sei anni fa, nel luglio del 2015, forse le polemiche non si sarebbero spente in pochi mesi. Accadde che la salma di Giovanni Falcone fu traslata al Pantheon dei siciliani illustri, nella chiesa di San Domenico. E che stesso destino non ebbe invece quella di Francesca Morvillo, la moglie morta con lui a 47 anni nella strage di Capaci, che rimase da sola al cimitero di Sant’Orsola, prima che il fratello non decidesse di portarla via da lì, per trasportarla nella sepoltura di famiglia. «Da sola no, erano insieme in vita, sarebbe stato giusto che restassero insieme anche in morte», disse allora il fratello Alfredo Morvillo, magistrato anche lui.
La ferita fu così profonda da determinare, due anni dopo, il divorzio dalla Fondazione intitolata fino ad allora a Giovanni e Francesca Morvillo. Alfredo decise di uscirne, e di lasciare il timone alla sola Maria Falcone. Ma questa storia racconta, come poche altre forse, quella di una donna – unica magistrata assassinata nella storia d’Italia – considerata da tanti quasi una vittima collaterale della strage che cambiò la storia d’Italia. Nessun dubbio che l’obiettivo fosse Falcone, ma è vero pure che lei ne aveva seguito passo passo il destino consapevole di tutti i rischi che ne conseguivano, lei che aveva scelto di seguirlo a Roma, lei che era la sua più fidata consigliera, lei che era una donna acutissima, una "figlia d’arte" (il padre Guido era stato sostituto procuratore a Palermo) laureata a 22 anni che sul suo libretto universitario aveva tutti 30 e lode e solo tre 30. Tesi di laurea su «Stato di diritto e misure di sicurezza» che ottenne il «Premio Maggiore» per la migliore tesi di laurea dell’anno.
Non fu certo una vittima accidentale. Chi uccise Falcone non avrebbe mai lasciato in vita la moglie, perché lei ne custodiva memoria e segreti e sarebbe stata una temibilissima custode della sua eredità. «Erano uniti in vita da un rapporto amoroso – spiegò Morvillo nel 2017 - sarebbe stato bello che restassero uniti nella memoria. Uniti nella vita e nella morte. Ma in tutti questi anni, nelle celebrazioni del 23 maggio, mia sorella non è mai stata ricordata, mai due minuti per lei durante una giornata che cominciava alle otto e mezza del mattino e si chiudeva di sera. Ho creduto in un primo momento che fosse una mia impressione, ma poi mi trovavo con la gente per strada che mi chiedeva: ma perché tua sorella non viene mai citata? Non metto in dubbio l’affetto professato da Maria Falcone nei suoi confronti, ma alle parole devono seguire i fatti. Che senso ha allora portare avanti una Fondazione che si chiama Giovanni e Francesca Morvillo? Che senso ha tenere in vita questo nome, se quando è il caso di pronunciarlo non lo si pronuncia, neanche per qualche secondo?».
Ora gli animi si sono placati, ma le strade sono sempre lontane. Francesca verrà ricordata come ogni anno in una messa privata dai familiari (quest’anno lunedì 24, e non oggi, visto che l’anniversario cade di domenica), lontano dalle celebrazioni ufficiali in cui viene commemorata con gli agenti di scorta che saltarono sul tritolo di Capaci: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. Lontano dal clamore del 23 maggio, fioriscono però dal basso tante iniziative che portano il suo nome: premi letterari, attività nelle scuole, poesie scritte per lei.
Dopo la laurea – è il 1967 – l’accesso alle donne in magistratura è consentito solo da quattro anni, in barba alla «piena eguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzione di sesso» proclamata dalla Costituzione. Un pregiudizio antico, del quale Giovanni Leone, Costituente e futuro Presidente della Repubblica, così aveva spiegato la ratio nel 1947: «Ma alle più alte Magistrature, dove occorre resistere e reagire all’accesso di apporti sentimentali, dove occorre distillare il massimo di tecnicità, penso che la donna non debba essere ammessa, perché solo gli uomini possono avere quel grado di equilibrio e di preparazione necessaria per tale funzione».
Francesca vince il concorso in magistratura, diventa giudice al tribunale di Agrigento, poi sostituta procuratrice al Tribunale per i minorenni di Palermo, poi consigliera di Corte d’Appello. Reduce da un matrimonio fallito, incontra Falcone nel 1979 a casa di amici, anche lui in crisi coniugale. È amore senza se e senza ma. Unione di cuori e di menti finita nel tritolo di Capaci.