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 2021  maggio 22 Sabato calendario

I tessuti di Fortuny

È ancora tutto un fitto mistero. Il laboratorio alla Giudecca inaccessibile (perfino alla regina Beatrice d’Olanda), il personale artigiano vincolato a un patto di riservatezza. Le ricette dei colori così come la lavorazione dei decori, segreti industriali. Del resto è sempre stato così sin dai tempi in cui Mariano Fortuny y Madrazo pittore, scenografo, fotografo tra i primi sperimentatori delle diapositive a colori e designer di grande talento (nato 150 anni fa a Granada e spirato nel 1949 a Venezia dove il suo museo riverbera una personalità eccezionale), lavorava ai suoi preziosi tessuti in cotone, seta e velluto, inventando una plissettatura unica al mondo. Una passione per le stoffe ereditata dal padre e dalla madre Cecilia, collezionista di velluti antichi. Ed è in uno di questi che il figlio Mariano avvolse e fotografò il corpo della genitrice defunta, rendendo elegante persino la morte. Le foto d’epoca mostrano la casa di Fortuny satura di tappezzerie, arazzi, tappeti, gli ambienti trasformati in morbida scultura.
Era legato sì alla tradizione veneziana (la cui cultura dei tessuti è retaggio rinascimentale del commercio cosmopolita della Serenissima) ma cultore anche di quella greca – minoica – da cui trasse ispirazione per lo scialle Knossos (1906) e per la famosa tunica tubolare Delphos (1909), indossata da Eleonora Duse, Isadora Duncan, Sarah Bernhardt. Ma egli fu soprattutto grande innovatore, tanto da proteggere le sue idee in diversi ambiti con una ventina di brevetti, nel 1933 quello per «marchio colori e attrezzi per colori», archiviato nel fondo Fortuny della Biblioteca Marciana. «All’inizio non ci vedevamo come continuatori della produzione tessile, ma come curatori di un’eredità. La grandiosità di Fortuny è stata quella di trasformare dei tessuti museali in qualcosa da vivere nel quotidiano. Basta solo un cuscino», dice Mickey Riad direttore creativo del brand che con il fratello Maury detiene il marchio (nel 1998 rilevato dal padre), passando dal mondo della creazione delle app a quello del design. «In anticipo sul suo tempo, Fortuny era impegnato a valorizzare le tradizioni artigiane del passato, innovando. Faceva da sé i propri pennelli, preparava le tinture, aveva un incredibile sapere. Quando portò le sue invenzioni ad un livello più industriale, assumendo personale per il laboratorio, non voleva degli artisti, ma persone che partissero da una tabula rasa per poter insegnare loro il suo metodo». Che resta un segreto. «È una proprietà intellettuale, in fabbrica possono entrare solo gli addetti. E comunque nessuno gestisce tutte le fasi, tenute separate secondo funzioni e ruoli. I nostri artigiani non stanno facendo solo dei tessuti, ma un’arte che puoi toccare, con la quale puoi vivere, sulla quale puoi stare seduto. Da che Mariano è morto non si erano più stampati altri velluti, noi ne abbiamo fatto uno, con un nuovo processo. Abbiamo creato la riproduzione di un mosaico, che da freddo, duro e riflettente è diventato materia soffice».
La dimensione tattile affianca quella visiva: far scivolare le dita tra le pieghe dei velluti Fortuny è pura sensualità. «Sì, c’è bisogno di morbidezza, specie oggi», dice Mickey, presentando la nuova collezione di cotoni Imago, nata durante il duro lockdown del marzo 2020. «Però fuori c’era questa natura rigogliosa noncurante del virus. E tutto quel verde che mentalmente ci rimandava anche al giardino della fabbrica della Giudecca è diventato il colore guida, così è nato il decoro Barberini. Invece per l’effetto grafite sono occorsi un paio di anni prima di calibrare la ricetta, ottenendo un metallo morbido, non troppo brillante. Il motivo geometrico Simbolo lo abbiamo invece scovato in un taccuino di Mariano. Fortuny trattava il cotone in modo tale da farlo sembrare seta o velluto. Quello egiziano ha le fibre più lunghe e una bella lucentezza». Anche nella moda, Fortuny portò la sua rivoluzione con un risvolto femminista, liberando i corpi delle donne (allora costretti in bustini e avvolti da abiti a più strati) facendoli scivolare in tessuti fluidi, una seconda pelle. Non fu estranea a tutte queste creazioni anche la moglie Henriette, altra anima di questa impresa (una gemma veneziana preservata da proprietari foresti), un marchio mai posseduto da un italiano: lui era spagnolo, americana la contessa Elsie McNeill Gozzi che lo comprò dalla vedova di Fortuny, e oggi nelle mani dei fratelli Riad, di famiglia egiziana.