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 2021  maggio 22 Sabato calendario

I Paesi ricchi tassano poco le eredità (noi quasi zero)

Magari la proposta della dote ai 18enni, da finanziare alzando le imposte sulle eredità delle famiglie più agiate, serviva solo a segnare un punto. Dopo le polemiche, però, sembra invece diventata per Enrico Letta un punto programmatico del partito (l’unico chiaramente identificabile in ambito sociale). Il sostanziale no di Mario Draghi, con tanto di chiamata tra i due ieri, non l’ha fermato. “Io ho fatto una proposta sui giovani e poi, con serietà, ho parlato di come finanziarla, ma vedo che si continua a parlare solo di patrimoni e successioni: ne traggo la triste ennesima conferma che non siamo un paese per giovani. E non mollo” ha twittato. E annuncia la sua partecipazione alla trasmissione Che tempo che fa per ribattere alle critiche del centrodestra che non vuole che l’1 % del Paese (di questo parliamo sulle eredità superiori ai 5 milioni) “aiuti i diciottenni”. L’idea della dote nasce dalle proposte del Forum sulle disuguaglianze e dalle idee di Fabrizio Barca e, filtra dal Nazareno, le divisioni all’interno del partito sul tema “non ci sono”.
La proposta di Letta non arriva, per così dire, a freddo. Una decina di giorni fa l’Ocse, il think tank dei Paesi ricchi, ha licenziato un rapporto dettagliato che arriva auna conclusione netta: le imposte di successione ben progettate possono aumentare le entrate fiscali e migliorare l’equità a costi, in termini di efficienza e amministrativi, inferiori rispetto ad altre alternative. Uno strumento importante, sottolineano i ricercatori, per arginare l’allargarsi del divario delle disuguaglianze, tra le ricchezze detenute da pochi, consolidate e in crescita esponenziale e la nuova povertà delle famiglie, soprattutto in tempo di Covid. “Quando si assume che una società abbia preferenze per la meritocrazia e la parità di opportunità – si sottolinea nel rapporto – i modelli fiscali ottimali disegnano imposte di successione ottimali”.
Oggi nei Paesi Ocse solo lo 0,5% del gettito fiscale totale proviene da questa tipologia di imposte. In un certo numero di paesi la maggior parte dei patrimoni non viene sufficientemente tassata a causa del trattamento fiscale preferenziale applicato ai trasferimenti a parenti stretti e per le agevolazioni previste per beni specifici (residenza principale e attività agricole, fondi pensione e vita, polizze assicurative). In altri le tasse di successione e sugli immobili ereditati possono essere ampiamente evitate anche attraverso donazioni in vita, grazie al loro trattamento fiscale più favorevole. La maggior parte dei paesi impone imposte sulle successioni e donazioni basate sui beneficiari, ma una minoranza preferisce incidere sui donatori. E non è sempre il governo centrale a prelevare. Le regioni in Belgio e i cantoni in Svizzera hanno piena autonomia sull’imposizione e le modalità di tassazione delle eredità. Negli Stati Uniti i singoli Stati possono applicare tasse aggiuntive, oltre quelle federali. La quota di proprietà soggetta a tassazione va dallo 0,2% degli Usa al 48% della regione di Bruxelles. Canada, Messico, Austria, Repubblica ceca, Norvegia, Slovenia e Svezia, Israele e Nuova Zelanda hanno abolito le tasse di successione prima del 2000. L’Italia l’ha introdotta dal 2006, ma la prima imposta sulle successioni e donazioni dello Stato unitario risale al 1862.
Oggi L’Italia è al 21esimo posto tra i paesi Ocse per la percentuale di entrate sul totale derivanti dalla tassazione di donazioni e successioni: intorno allo 0,11%, ben al di sotto della media Ocse e fanalino di coda di tutti i principali paesi europei. Il Belgio è al secondo posto per la pressione fiscale sull’asse ereditario, preceduto solo dalla Corea del sud, la Francia al terzo, la Germania all’undicesimo, la Spagna al nono. Come ha documentato l’economista Salvatore Morelli sul Fatto, l’Italia è ormai diventata un sostanziale paradiso fiscale per le eredità: nel 2016 i 154 miliardi di lasciti ereditati hanno generato solo 420 milioni di gettito, lo 0,06% delle entrate della P.A.