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 2021  maggio 21 Venerdì calendario

Il divin codino di Baggio su Netflix

Negli occhi delle donne, filtrate attraverso sguardi che capovolgono le priorità, in questo caso prima l’uomo e poi il mito, le epopee calcistiche, quelle a base di testosterone, sudore e lacrime trattenute, acquistano risonanze diverse. Per raccontare il campione Roberto Baggio (Andrea Arcangeli), 22 anni di trionfi e cadute, successi e delusioni, l’ottica femminile era ideale e, infatti, Il divin codino di Letizia Lamartire, sceneggiato da Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, è soprattutto la storia di un figlio introverso e un padre esigente (Andrea Pennacchi), di un giocatore capace di ricominciare daccapo tante volte, di un pubblico che, pur amandolo, è pronto a condannarlo al primo passo falso: «Baggio – dice Lamartire – ha sempre avuto un forte senso di responsabilità e anche di colpa nei confronti dei suoi fan. Per noi è stato importante sviscerare i momenti più faticosi e dolorosi della sua vita. La sfida affascinante, al di là di tutto quello che lui ha dato al calcio, era descrivere il prezzo altissimo pagato da un grande talento in nome di una passione».
Il calcio, osserva Rampoldi, «è uno sport romantico, con alcuni giocatori che diventano eroi, su cui i tifosi proiettano una parte di sè. Roby è così amato perchè ha sperimentato il dolore e ne è venuto fuori, la sua è una parabola che fa palpitare chiunque si appassioni alle vicende umane, non solo al calcio». Oltre rigori e scudetti, è la cifra universale quella che rende attraenti le vite cinematografiche dei calciatori. Prima del Divin codino (dal 26 su Netflix) la regista nord-irlandese Mary McGuckian aveva raccontato in Best la leggenda del divo George Best, travolto da denaro e celebrità fino a precipitare nel baratro delle dipendenze da alcol e gioco d’azzardo. Ancora una donna, la tedesca Lexi Alexander, aveva descritto, in Hooligans, a partire dalla vicenda personale del giovane e insicuro Matt (Elijah Wood), i meccanismi che guidano le tifoserie più estreme e violente, mentre l’autrice britannica di origini indiane Gurinder Chadha aveva firmato, con Sognando Beckham, il ritratto autentico e vivo di un’aspirante campionessa decisa a seguire le orme del suo mito Beckham, a costo di scontrarsi con la cultura tradizionalista della famiglia indiana trapiantata a Londra. Sul prato verde, la prospettiva femminile è vincente, così come funziona, al contrario, quella di un regista, Mohamed Hamidi, che, in «Regine del campo (da ieri nelle sale), mette in scena l’avventura di una squadra di donne chiamata a salvare le sorti del team di un piccolo club del Nord della Francia espulso per rissa.
Nel Divin codino, arricchito dal brano di Diodato L’uomo dietro il campione, girato in gran parte in Trentino e premiato con la certificazione Green Film, la materia prima offre il fondamentale supporto: «Io e mia moglie – spiega Baggio – abbiamo raccontato la nostra vita e poi sono andato varie volte sul set, la più emozionante quando ho portato con me il Pallone d’oro». Nel film non c’è la Juventus: «È vero, ma è solo perchè tutto è basato sul mio rapporto con la Nazionale. Non voglio affatto dimenticare le squadre con cui ho avuto l’onore di giocare: sono state tutte importanti e a tutte devo dire grazie». Non mancano, invece, gli esordi nel Lanerossi Vicenza, il discusso rigore della finale di Coppa del Mondo 1994 tra Italia e Brasile, il mondiale mancato del 1998, gli incidenti e le operazioni: «È il mio karma – dice Baggio con il suo tono quieto – ogni volta che mi avvicino a qualcosa che desidero, mi ritrovo a dover cambiare direzione. Per fortuna ho incontrato il buddhismo che mi ha aiutato, so che ho dentro questa cosa, è un compagno di viaggio che non posso cambiare». Ancora adesso, senza imbarazzi, Baggio regala perle di sincerità: «Farei qualunque cosa per tornare a giocare, purtroppo il ginocchio non mi segue». Si commuove parlando del padre Florindo scomparso l’anno scorso: «A un certo punto mio padre era diventato un nemico, era rigido, severo, in realtà è stato lui a trasmettermi l’insegnamento di non arrendermi mai. A volte si hanno problemi con i genitori, ma poi le cose si capiscono quando non ci sono più. Vorrei che i giovani, da questo film, traessero un messaggio: senza sacrifici non ci sono risultati». —