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 2021  maggio 21 Venerdì calendario

Intervista a Roland Krause

A Minsk, la redazione di Tut.by, la più grande testata indipendente del Paese, è stata chiusa. La polizia del regime di Lukashenko negli ultimi giorni ha fatto irruzione negli uffici e nelle case dei giornalisti, un’indagine per evasione fiscale è stata aperta e alcuni reporter sono stati arrestati per aver preso parte a manifestazioni non autorizzate contro il governo. Il sito è stato oscurato perché, informa un comunicato del ministero dell’Informazione, ha diffuso “materiale di un fondo non statale che forniva sostegno alle vittime della repressione politica nel Paese”. Da quando le proteste per la frode elettorale e la rielezione di Lukashenko sono iniziate la scorsa estate, al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite si sono accumulate segnalazioni di violazioni, torture e sparizioni che il regime ha compiuto. Nella Germania della cancelliera Merkel sono stati accolti sin da subito dissidenti ed oppositori in fuga e, adesso, un team di legali prova ad ottenere giustizia per loro. Roland Krause, insieme agli avvocati Mark Lupschitz, Onur Ozata, Benedikt Lux, ha raccolto e documentato cento casi di abusi e violenze commessi contro bielorussi rifugiatisi in Germania, Lituania, Polonia. “Hanno manifestato pacificamente e sono stati ripetutamente torturati e abusati, privati di cibo e sonno, hanno subito ripetute umiliazioni e per questo abbiamo depositato una denuncia contro il regime all’ufficio del procuratore federale della città di Karlsruhe”. Lo racconta in perfetto italiano Krause, che in passato, nei tribunali di Genova, ha rappresentato vittime italiane che hanno richiesto un risarcimento danni al suo Stato per crimini compiuti dal regime nazista nel 1944.
Avvocato Krause, ad alcuni potrebbe sembrare un paradosso: un processo al regime di Lukashenko potrebbe iniziare in un tribunale tedesco e non a Minsk.
Per due ragioni e la prima è molto semplice: in Bielorussia non c’è protezione legale per tutelare le vittime. Anche se le leggi esistono, il Paese non assicura più che vengano rispettate: la magistratura è sotto il controllo degli uomini del presidente e i giudici non sono liberi. Tutte le denunce fatte dai cittadini abusati dalle forze dell’ordine, solo per aver manifestato pacificamente, sono state dimenticate o archiviate, i casi sono stati chiusi, come se non fosse stata mai compiuta contro di loro alcuna azione criminale.
E la seconda ragione?
Si tratta di crimini gravissimi contro l’umanità, che comprendono terrore, estorsione, violenza, detenzione, arresti arbitrari, abusi fisici. Stiamo parlando di azioni di un regime di terrore, condannabili ovunque del mondo, in base al principio di universalità del diritto penale. In base al principio della giurisdizione universale, la Germania può indagare crimini a prescindere dal territorio in cui sono stati commessi, la nazionalità delle vittime e dei colpevoli.
Un’azione giudiziaria contro il regime di Minsk provocherebbe conseguenze politiche.
Speriamo nelle indagini della procura tedesca, che potrà decidere di fare finalmente luce su questi atti criminosi. Lukashenko non sarà mai detenuto in Germania: non si rifugerà di certo in Europa, quando e se avrà la necessità di farlo. Ma anche se rimarrà al suo posto fino alla fine del suo regime, l’azione penale costituisce comunque uno strumento di pressione. Azioni di terrore sono state compiute in Portogallo negli anni 70 o in Argentina negli anni 80, non è possibile rimanere a guardare, soprattutto per noi avvocati tedeschi, che sappiamo cosa ha fatto il regime di Berlino 75 anni fa contro l’umanità.
La Germania ha imparato la lezione della storia: la vostra legislazione per la tutela delle vittime dei crimini contro l’umanità è tra le più avanzate in Europa.
Dopo il 1945, lo Stato tedesco non ha processato tutti i criminali nazisti: gli uomini della cerchia di Hitler sono stati fermati, ma, per esempio, giudici o poliziotti o altri, sono rimasti al loro posto, come i presidenti dei tribunali e delle Corti d’appello. Un nazista non perseguita un altro nazista. Solo una legge del 1979 ha stabilito che nessuna azione criminale poteva essere prescritta, un emendamento che ha permesso di condannare anche chi, tra i bassi ranghi, collaborava con il regime nazista, o quanti non hanno partecipato direttamente alla morte delle vittime, ma l’hanno favorita aiutando o proteggendo i nazisti che uccidevano. Ancora oggi, ad Amburgo ed altre città, ci sono centenari sotto processo per aver preso parte in qualche modo al regime del Führer.
Questo contro Lukashenko non sarebbe il primo processo per reati commessi in terra straniera: in Germania esiste già un precedente verdetto che ha fatto scuola.
Ad aprile un membro del governo Assad è stato condannato in Germania per le torture commesse a Damasco. È stato possibile perché alcuni rifugiati hanno identificato questo generale dell’esercito che ha torturato e abusato moltissimi siriani ed, in seguito, ha compiuto la traversata verso l’Europa, insieme a migranti e richiedenti asilo. Riconosciuto per le strade tedesche da alcune delle vittime che si sono rivolte alle autorità, è stato arrestato dalla polizia e poi condannato dalla Corte di Koblenz per crimini compiuti fuori dal territorio tedesco. Crediamo che questo sia possibile anche contro gli uomini del regime bielorusso.