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 2021  maggio 21 Venerdì calendario

Perna racconta 50 anni di risse tra i poteri

I poteri si sono succeduti. Non tanto nei primi decenni di vita repubblicana, diciamo fino agli anni Settanta, ma senz’altro successivamente. Gli organi costituzionali si sono succeduti passandosi le consegne, ossia sostituendosi nel dominio effettivo. Il Parlamento aveva goduto il proprio momento d’oro quando dominavano i partiti con la dipendenza degli eletti, l’obbedienza delle delegazioni, la stessa diffusione dell’ostruzionismo. I cambi di casacca erano relativamente scarsi. Dopo di che, abbiamo assistito al susseguirsi di variazioni di potere: ora l’una, ora l’altra istituzione si è rivelata prevalente.
Una brillante ricostruzione dell’ultimo mezzo secolo svoltosi nel berlusconiano teatrino della politica si deve a Giancarlo Perna, il quale pubblica Il Ring presso Guerini e Associati, illustrando cinquant’anni di risse tra i poteri.
Accanto a un esame teorico e storico in senso alto l’autore compie analisi concrete dei più vari aspetti nella vita pubblica, completando l’affresco con un’ampia serie di ritratti non di rado derivati dalla propria pluridecennale esperienza di tignoso cronista parlamentare, presenzialista come pochi e capace di critiche e sbeffeggi (Perna è partito dall’Ansa, svolgendo svariate esperienze specie presso il Giornale, ma pure lavorando a L’Europeo, Panorama, Libero e La Verità).
Soffermandosi sul decennio degli Ottanta, Perna individua uno snodo determinante nel divorzio fra Tesoro e Banca centrale, concepito dal duo Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi (del quale ultimo si cita il sempre dimenticato e singolare passaggio nella Cgil bancari) nella completa assenza dell’intervento parlamentare.
Anzi, Camera e Senato nemmeno si accorsero del passaggio che si determinò, avviando una crescita del debito pubblico che da allora ci perseguita, fino all’attuale rapporto del 160% col pil.
In quel periodo Perna individua l’arrivo dei personalismi. Ecco Sandro Pertini, il vecchio per antonomasia, tifoso dei funerali, applaudito da italiani distratti, disattenti, avvezzi a farsi ingannare. Ecco Enrico Berlinguer, inventore del cosiddetto primato morale del comunismo, da cui ancor oggi l’intellettualità radicaloide non si districa. Ecco Bettino Craxi, di cui l’autore tratteggia un quadro insieme amaro e simpatico, attento alle dimensioni concrete dell’uomo.
Ecco Ciriaco De Mita, mitizzato da Eugenio Scalfari (sul quale Perna ha scritto una biografia, tanto impietosa quanto volutamente messa da parte), privo di reali meriti ma in grado di vivere sereno e politicamente ancora attivo dopo i novanta.
C’è pure un non personaggio, se così vogliamo chiamarlo: è un politico che aveva ogni carta per esercitare una sorta di dittatura e che, ormai si dice proverbialmente, buttò via il biglietto vincente della lotteria.
Si tratta di Mariotto Segni, Variotto per bollarne l’incostanza, precipitato dal dominio quasi assoluto dell’estate ’93 alla successiva condizione di reduce, buono essenzialmente per essere intervistato in occasione di qualche referendum o di riforme elettorali.
Nel volgere di pochi anni ecco avvenimenti decisivi: crolla il comunismo, domina l’utopia globalista, s’impone l’Ue. Gli effetti li paghiamo tutt’oggi. Si segnala il passaggio a quella che si definisce, senza le distinzioni costituzionali tipiche delle cinque repubbliche d’Oltralpe, la Seconda Repubblica, dominata per anni dalla contrapposizione fra Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Perna rileva due drammatiche presenze.
Da un lato l’ex Pci, capace di assorbire chiunque dovunque, dall’altro l’imporsi delle toghe, perfino numerica, come dimostra la folta presenza di giudici e procuratori, ridottasi soltanto in questa legislatura.
Su due primattori, che incarnano il potere, l’autore si sofferma. Se per Giorgio Napolitano finisce col dimostrare una certa comprensione (la rielezione fu molto subita, poco voluta), per l’infarcito di retorica Sergio Mattarella non abbonda di encomi.
In particolare lo redarguisce per la preconcetta ostilità verso il centro-destra, culminata nel rifiuto di concedere una possibilità di formare il governo allo schieramento arrivato in testa nelle ultime politiche.
Un forte elemento di novità è, infine, costituito dalle dispute polemiche con la Corte costituzionale. Perna ricorda un evento trascurato e pretermesso: il processo Lockheed, per il quale non era previsto alcun secondo grado (né un appello né un ricorso in Cassazione per illegittimità). Inoltre avanza dovute riserve al recente comportamento di Marta Cartabia, oggi nella manica del presidente della Repubblica.
La neo titolare della Giustizia ha introdotto le voci di fuori a palazzo della Consulta, consentendo che possano esprimersi e quindi, in certo modo, condizionino i giudici, che dovrebbero restare legati alla legge da esaminare in rapporto al dettato della Carta. La Cartabia ha poi provocato sottrazioni alla Corte, per esempio rivolgendosi alla Corte di giustizia europea (e si possono ricordare gli scivolamenti nelle pronunce, con inviti al Parlamento per deliberare).