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 2021  maggio 20 Giovedì calendario

Intervista a Emily Blunt


L’abbiamo vista nei panni di Mary Poppins, in quelli glamour della segretaria di redazione de Il Diavolo veste Prada. Aveva il volto della depressione ne La ragazza del treno e la vedremo cavalcare l’avventura in Jungle Cruise che Disney, dopo numerosi rinvii, prevede di far uscire quest’estate. Non la vedremo mai fasciata in una tutina da supereroe. L’attrice inglese Emily Blunt, 38 anni, dei comic movie non è un’estimatrice. Ha appena smentito le voci che la volevano, insieme al marito John Krasisnki, nel cast dell’ennesimo remake dei Fantastici Quattro, film Marvel ora in fase di pre-produzione. «Non credo che i ruoli da supereroe facciano per me», dice l’attrice che invece, presto sarà sugli schermi con A Quiet Place II, a tre anni dal successo del primo film che raccontava di una famiglia costretta a sopravvivere nel silenzio dopo un’invasione di alieni incapaci di vedere ma infallibili e spietati al minimo rumore. A Quiet Place (Un posto tranquillo), diretto dal marito che ne aveva anche scritto la sceneggiatura e aveva recitato accanto a lei, fu quello che gli anglosassoni chiamano «a lightning in a bottle», un fulmine in bottiglia. Girato con un budget bassissimo, il film aveva imbottigliato al botteghino 340 milioni di dollari ed era stato acclamato dalla critica per il suo messaggio. Era un ragionamento sulle difficoltà dell’essere genitori nascosto fra i brividi di un thriller capace di lasciarti sempre sulle spine. «Dicono che marito e moglie non dovrebbero mai interpretare una coppia al cinema ma noi l’abbiamo fatto e non è andata male, direi», dice l’attrice.
Dopo un successo del genere era normale che la casa di produzione volesse capitalizzare. Voi però eravate scettici all’idea di un sequel.
«La prima risposta è stata un secco no».
Cosa vi ha fatto cambiare idea?
«Sono state presentate a John almeno venti diverse idee, nessuna delle quali funzionava. Scartandole ha iniziato a elucubrare, se lo dovessi fare farei così. Mi disse la sua idea. Era talmente buona che ricordo di avergli detto: ora, cavolo, dobbiamo farlo».
È un sequel o un prequel?
«Ha qualcosa di entrambi. Da una parte racconta cosa è successo, come quell’invasione è avvenuta, dall’altra racconta come la famiglia Abbott continua a tentare di sopravvivere alla catastrofe».
E le cose si fanno ancora più difficili.
«Chi ha visto il primo film sa che ora il mio personaggio, Evelyn, deve cavarsela da sola, con tre bambini da proteggere, di cui uno in fasce. La loro casa, quell’ambiente confinato dove la famiglia era riuscita a costruirsi una dimensione, non c’è più».
E Evelyn si mette in cammino.
Ogni madre vuole che i figli possano scoprire
il mondo
senza restare delusi
«Non può far altro e strada facendo scopre che ci sono altri sopravvissuti».
Uno di loro è interpretato da Cillian Murphy.
«Mio marito e io siamo fan di Peaky Blinders (serie di cui Murphy è protagonista, in Italia su Netflix, ndr), e così, quando si è trattato di dare un volto a un personaggio un po’ ambiguo, lui ci è sembrato perfetto».
Suo marito ha detto che il primo film era una lettera d’amore nei confronti di Hazel e Violet, le vostre figlie.
«Quel film rappresentava le paure di ogni genitore, il cui compito primario è proteggere i figli da pericoli esterni. In questo secondo affrontiamo un altro tema: quello del lasciarli andare. Del permettere loro di avventurarsi nel mondo. Ogni genitore vorrebbe risparmiare ai suoi figli le inevitabili delusioni che ogni uomo, in quanto essere sociale, è destinato a subire».
Il film apre con una scena che rivive, in un flashback, gli inizi dell’invasione aliena e lei è alla guida di un’auto, i bambini con lei. Deve sfuggire all’avanzare di un autobus impazzito.
«Nulla di quella scena è creato al computer, avevamo un vero autobus che stava per colpire la vera auto nella quale eravamo, ma non guidavo io. C’era un pilota sul tetto. Gli ho chiesto se ero in buone mani, mi ha detto di essere il migliore. Era vero. I bambini si sono divertiti moltissimo».
Vive con paura o apprezza il silenzio, dopo questi film?
«Il silenzio oggi è così raro che continuo ad apprezzarlo, nonostante tutto».