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 2021  maggio 20 Giovedì calendario

La pandemia ha cambiato anche il darsi malato in ufficio

Darsi malato per saltare la scuola era una piccola e furbesca ribellione di gioventù. Se non c’erano altri sintomi credibili, si poteva sempre riscaldare il termometro con la lampada sul comodino. A volte la mamma ci cascava, a volte no.Oggi che siamo «grandi» le incertezze sul lavoro post-pandemico sono tante. Il posto ci sarà ancora? E se c’è, dove? A casa, in ufficio? Cosa dobbiamo pensare dell’idea che la classica settimana lavorativa di cinque giorni sia morta con l’epoca appena passata, se è davvero passata?
Forse c’è una cosa di cui possiamo essere ragionevolmente certi: la pandemia toglierà il sottile piacere di darci ogni tanto malati in ufficio per ritagliare una piccola e inattesa vacanza a casa. Anziché la mamma, il rito prevede di informare il capo con una telefonata per elencare con voce spenta i sintomi: «Sto da cani. Non so, forse è qualcosa che ho mangiato».
La storia dimostra con terribile chiarezza che, come la peste nera spianò la strada al Rinascimento, le pandemie hanno un forte impatto sulle economie e pertanto sull’organizzazione del lavoro. Fino a poco fa, insistere per andare in ufficio quando si era un po’ influenzati o con il raffreddore era visto come una sorta di prova di attaccamento al dovere, di engagement nel linguaggio americanizzato del momento.
Ora invece, e forse a lungo, presentarsi sul lavoro malati parrà piuttosto un’azione da sconsiderati, biasimevole. Gli stessi capiufficio che una volta mugugnavano e facevano roteare gli occhi quando un dipendente prendeva una giornata di malattia adesso dovranno, ne va della salute di tutta l’equipe e quindi del funzionamento dell’intero ambaradàn, incoraggiare anche quelli che semplicemente non si sentono tanto in forma a tornarsene a casa, o almeno di tornarci per continuare a lavorare.
Allora, che gusto c’è se il capo, informato dei nostri sintomi, risponde subito che gli dispiace, di prenderci un paio di giorni e di fargli sapere quando stiamo meglio? «Fare il malato» è a volte anche un meccanismo per raddrizzare certi conti inconfessabili con l’azienda. Tolta anche questa piccola vendetta, cosa ci resta?