Il Messaggero, 20 maggio 2021
Intervista a Massimo Carlotto
«L’ossessione per il denaro di chi c’è l’ha fatta, alimenta la calunnia. La provincia italiana ribolle e la classe imprenditoriale non vuole scommettere sul futuro». Voce di primo piano del noir internazionale, in un mondo letterario che non brilla per autonomia di pensiero, Massimo Carlotto ha il pregio di non nascondersi mai dietro frasi fatte. Padovano, classe ’56 e già vincitore del Premio Scerbanenco, Carlotto è un autore prolifico di romanzi, saggi e racconti. Il suo personaggio più celebre è Marco Buratti, l’Alligatore, protagonista di una serie di romanzi, approdato sul piccolo schermo con una fiction su Rai2, diretta da Daniele Vicari. Nel suo nuovo romanzo, E verrà un altro inverno (Rizzoli) al centro della vicenda – ambientata in una imprecisata provincia del profondo settentrione, «fra vallate e capannoni desolatamente vuoti» – c’è Federica Pesenti. Erede di una dinastia imprenditoriale, si ritroverà immischiata in una brutta storia, fra ricatti, adulteri e il brutale omicidio del proprio marito, Bruno Manera, dando il via ad una girandola di sospetti e tradimenti. Carlotto firma un noir dai ritmi serrati, in cui tutti hanno qualcosa da nascondere e dietro le maschere, troviamo tutte le contraddizioni del Belpaese, fra la difesa delle tradizioni, la calunnia contro gli stranieri e l’ossessione di dover diventare qualcuno, a tutti i costi.
Carlotto, i romanzi sono avvantaggiati nel racconto della realtà?
«È una questione di tempi. La cronaca è quotidiana, incalza. Il romanzo, invece, può approfondire, osservando in modo ossessivo ciò che ci circonda».
Lei racconta un mondo di partite Iva travolte dalla crisi. È così?
«Purtroppo sì. Nel Nord, sono rimasti fregati in molti. Li hanno illusi che il benessere fosse a portata di mano, così hanno aperto la partita Iva pur lavorando in fabbrica, sono diventati imprenditori di loro stessi ma appena la crisi ha iniziato a mordere, gli imprenditori hanno sbaraccato, delocalizzando».
Manca una visione imprenditoriale?
«Pensi, solo in Veneto ci sono 101mila capannoni deserti. Gli imprenditori sono scappati in Oriente e quando sono tornati hanno avanzato altre pretese. Non hanno senso del futuro, spremono il territorio e depredano il tessuto sociale. La classe imprenditoriale locale ha un modo di pensare ottocentesco, punta solo sul conflitto».
In questo libro, senza una figura centrale che indaga, il denaro è il vero protagonista?
«È il motore del libro, più forte del potere e del sesso. L’ossessione per i soldi dei maggiorenti genera invidia e alimenta la calunnia. È una miscela esplosiva, soprattutto nella provincia italiana».
Guardando al futuro, i ragazzi si sono dimostrati responsabili ma patiranno questa pandemia?
«Ho un figlio 18enne, vorrei che la sua generazione si ribellasse».
Addirittura?
«Da oltre un anno vivono una situazione assurda, una crisi esistenziale che sfogano anche attraverso la violenza in quelle risse veicolate dai social, emblema della frustrazione. Stiamo assistendo a uno scollamento totale, oggi il mondo degli adulti non può offrirgli nulla».
Mancano gli ideali politici?
«Completamente, non so se torneranno. Il vero problema è che questi ragazzi sono incatenati alle logiche dei social, scollegati dalla realtà, incapaci di affrontarla. È colpa anche nostra, dei genitori».
Voltaire scriveva questo è il migliore dei mondi possibili. E noi?
«Noi siamo nei guai. Nel Nord-Est c’è un inquinamento ingestibile che non si può più tacere. A Padova ci sono picchi di episodi di crisi cardiache legate al passaggio dei tir in città. È stato appurato dai medici eppure».
Adesso c’è il Ministero della transizione ecologica.
«È solo fumo negli occhi. Questo governo non ha nessuna intenzione di cambiare le cose, soprattutto manca completamente una coscienza green in Italia. E parlando del territorio, la Lega che lo amministra nega apertamente il cambiamento climatico e le sue ricadute. Ecco come siamo messi».
Il coprifuoco?
«Lo soffro, molto, si tutelano gli orari di fabbrica, non le libertà. Nel Nord i luoghi di contagi sono stati gli ambienti di lavoro eppure nessuno lo dice. Possiamo solo sperare che si sbrighino con le vaccinazioni».
Scrive, quando la merce circola, circola anche il denaro.
«Questa è la mentalità dominante da contrastare: le merci devono circolare ma i cittadini possono stare chiusi in casa».
Benessere ed economia possono convivere?
«Assolutamente. È una questione anche culturale, qui nel nord-est quando vedono meno tir e non c’è una coda chilometrica, scoppia il panico».