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 2021  maggio 19 Mercoledì calendario

Il punto sulla trattativa per la questione israelo-palestinese


Ci vuole un colpo di teatro finale per mettere fine all’ultimo scontro della guerra dei 30 anni fra Hamas e Israele. Ed è quello che sta cercando il premier Benjamin Netanyahu. Una “fotografia”, un evento, un simbolo da sventolare come il fatto che giustifica una tregua. Fra non molto il presidente Joe Biden sarà costretto a chiedere un cessate il fuoco a Israele in maniera più categorica di quanto non abbia fatto nelle 3 telefonate a Netanyahu in 9 giorni. Bibi ha già raggiunto un obiettivo apparentemente minore, ma per lui importantissimo: far saltare i negoziati fra un partito di destra e quelli di sinistra per creare un governo senza di lui.
«Adesso dovrebbe solo pescare una jolly per accettare la tregua», dice Yossi Yehoshua di Yedioth Ahronot: «Il primo obiettivo sarebbe eliminare un capo di primo livello di Hamas, come Mohammed Deif, Yahya Sinwar o Marwan Issa». L’assassinio di uno dei leader sarebbe un risultato di sangue che il governo di Israele offrirebbe come ragione per fermare i cacciabombardieri.
Il secondo “jolly” potrebbe essere un’operazione militare ancora più massiccia per la distruzione totale e definitiva della “metropolitana”, il complesso di cunicoli sotterranei lunghi chilometri usati da Hamas per muovere uomini e armi nella Striscia. Obiettivo difficile: l’esercito di Israele ha già colpito la “metro” ma non è stato possibile mostrare fotografie- trofeo della vittoria all’opinione pubblica. Anche perché il colpo non è stato decisivo.
Terza opzione, ma allungherebbe la guerra invece di accorciarla, è una veloce invasione di terra, un’incursione per un obiettivo pagante a cui però ormai nessuno crede. Se entri a Gaza non sai come ne esci.
Ecco perché per Netanyahu diventa decisivo intercettare il momento in cui arriverà la quarta telefonata di Joe Biden. Quella in cui gli chiederà una tregua “immediata”. Il che avverrà quando l’amministrazione Usa capirà che il fronte interno dei democratici di sinistra che premono su Biden e quello della comunità internazionale decideranno che Israele deve essere contestata più energicamente affinché fermi i bombardamenti.
In queste ore il capo politico di Hamas fuori dalla Striscia, Ismail Hanyieh, ha detto che «stiamo stati avvicinati da Egitto, Qatar, Russia e Nazioni Unite che ci hanno offerto di mediare una tregua». Ognuno di questi paesi si sta posizionando per ricavare un dividendo dalla sola gestione della trattativa. Negoziare una tregua a Gaza è una medaglia. I più avvantaggiati sono gli egiziani: Al Sisi ha continuato a far gestire il difficile rapporto con Hamas al capo della sua intelligence esterna, Abbas Kamal. E da giorni gli egiziani stanno facendo la spola fra Gaza e Tel Aviv. Sanno che la tregua sta per arrivare, e vogliono essere loro a favorirla.
In parallelo c’è il Qatar: con il consenso (contronatura) di Netanyahu negli anni ha riempito di milioni di dollari Gaza. Soldi spesi per ospedali e stipendi ai dipendenti pubblici (cioè quasi tutti). Di fatto soldi per aiutare Hamas a governare la Striscia e quindi a rimanere in vita.
Il Qatar non vuole essere marginalizzato dagli egiziani: avere un ruolo nella soluzione della crisi significa continuare ad avere un ruolo politico decisivo nel mondo arabo. E mantenere comunque il rispetto di Israele, di Netanyahu e del capo del Mossad (in uscita) Yossi Cohen. È un gioco per galleggiare al meglio fra i paesi arabi e nella regione.
La Turchia prova a inserirsi, ma non ha ruolo vero nella mediazione perché i rapporti con Israele sono inesistenti. Cerca però un trampolino post tregua per accrescere il suo peso nella grande partita tra le potenze sunnite. La Cina ha invece offerto una conferenza a Pechino per segnare la sua crescente postura globale, ma in Medio Oriente è limitata.
Anche la Russia di Putin vuole galleggiare nella regione; lo sta facendo alla grande da quando il Cremlino è entrato in Siria. E ora Netanyahu non può disdegnare le richieste che arrivano da Mosca. Anche se è chiaro che non sarà la Russia ad essere decisiva nel fotografare il momento della tregua fra Hamas e Israele. Ultima arriva l’Europa, che pur con i distinguo dell’Ungheria segue Francia e Germania – in corsa per dimostrare di avere un ruolo nel mondo occidentale, per quanto poco rilevante in Medio Oriente – e ieri con Josep Borrell ha chiesto «l’immediata cessazione delle violenze e il cessate il fuoco».