Corriere della Sera, 19 maggio 2021
L’avviso ai leader che piantano bandierine
Lo aveva raccomandato a tutti, durante le consultazioni di febbraio che portarono Mario Draghi a Palazzo Chigi. «È bene essere chiari. Questo sarà un governo svincolato delle solite formule politiche… un governo di unità nazionale, con una missione limitata ma decisiva. Serve la massima unità da parte di chi si impegnerà a sostenerlo». Sappiamo che, come fu verbalizzato al Quirinale, davanti al capo dello Stato nessuno, da sinistra a destra (tranne FdI di Giorgia Meloni), fece dubitare della propria lealtà all’ex presidente della Bce. Che era, per l’Italia, l’ultima carta da giocare. Difficile credere che Sergio Mattarella si illudesse troppo. Certo, sperava che una maggioranza così larga, per quanto forzata dal trascinarsi della pandemia e dai guasti della crisi economica, annacquasse le differenze e le incompatibilità fra i neo-alleati. Provvisoriamente, almeno. Invece, la sinergia costruttiva promessa è durata poco. In alcuni leader, istigati dagli intermittenti sondaggi o mossi dalla loro natura antagonista, è presto prevalso lo spirito della concorrenza politica. Per dirla con le parole dello stesso Draghi, «la logica delle bandierine» di partito. Bandierine da piantare su ogni provvedimento l’esecutivo metta in cantiere, come se fosse frutto di un’iniziativa di quell’unica forza politica. O bandierine da ammainare, recriminando per conquistarsi qualche like sui social, quando il premier si dimostra di opposto orientamento o se intende procedere con tempi differenti, come nel caso della gradualità scelta per le riaperture dopo il lockdown. Un rilancio polemico permanente che vede svettare su chiunque altro il capo leghista Matteo Salvini. Il quale è scafatissimo nella politica degli annunci, prova ne sia che ha imparato a bruciare le misure del governo dandone notizia come una «cosa sua» prima ancora che il Consiglio dei ministri si riunisca. Un gioco propagandistico che il segretario del Pd, Enrico Letta, tenta giorno per giorno di smascherare. L’effetto finale del battibecco infinito è però quello di veder inutilmente alzarsi il livello di litigiosità della maggioranza. Con il rischio di qualche incidente di percorso, il che preoccupa il presidente della Repubblica. Un disagio affiorato in pubblico ieri a Brescia, dove, parlando del «rilancio e della ripresa del Paese», Mattarella ha avvertito che «questo è il tempo per progettare il futuro insieme». Ma insieme, ha puntualizzato, «non vuol dire abbandonare le proprie prospettive, idee e opinioni, quanto confrontarsi in maniera costruttiva, perché confrontarsi è ben diverso che agitare le proprie idee come motivi di contrapposizione insuperabile». Insomma: è il momento di smetterla di marcare le differenze identitarie (le bandierine, appunto) e di pensare piuttosto al lavoro da fare. Che è tanto e delicato. Vaccinazioni di massa a parte, incombono le riforme legate al Recovery Plan. Da quella della giustizia a quella della Pubblica amministrazione, con molte migliaia di assunzioni in vista. Ecco perché per Mattarella insistere a darsi sulla voce perdendo tempo con le polemiche non è più ammissibile.