Avvenire, 19 maggio 2021
Non ci sono siringhe per tutti
Un’emergenza nell’emergenza ostacola la corsa contro la pandemia. I dati parlano chiaro: si prospetta una carenza di siringhe a livello globale che potrebbe causare un rallentamento nelle vaccinazioni. L’allarme è partito nei Paesi in via di sviluppo ma riguarda anche le realtà più industrializzate.
Gli esperti dicono che sono necessari tra gli 8 e i 10 miliardi di siringhe solo per la somministrazione dei vaccini anti Covid. Al momento, la capacità di produzione mondiale è di circa 50 miliardi all’anno, ovvero circa sei iniezioni a persona per tutti i diversi tipi di bisogni, sia per i prelievi e i trattamenti medicali di primaria necessità, come l’insulina e la dialisi, sia per la salute generale, dagli integratori alle vitamine. Ma quelle utilizzabili per le vaccinazioni non superano il 30-40% del totale e sono utilizzate anche per le altre vaccinazioni, dall’influenza alla malaria, dal papilloma virus alle malattie esantematiche. Per la maggior parte dei vaccini Covid si dovrebbe prevedere un richiamo (almeno) entro un anno. Tenendo conto che, almeno sulla carta, devono essere immunizzate sette miliardi di persone, è inevitabile una domanda di mercato continua, considerando il carattere endemico che potrebbe assumere la presenza del coronavirus.
«Il problema della carenza di siringhe non si è ancora manifestato in tutta la sua gravità e, probabilmente, farà emergere con maggior forza le differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Per ora il problema dei Paesi sviluppati è relativo alla carenza delle cosiddette ’siringhe speciali’, cioè le siringhe a ’zero spazio morto’ che consentono una ottimizzazione delle dosi dei vaccini», spiega Mauro Pantaleo, ceo di P& P Patents and technologies, società che partecipa al tavolo tecnico istituito dall’Organizzazione mondiale della sanità per supportare la campagna per le iniezioni sicure – Private organizations for patient injection safety – e proprietaria del brevetto Retrago, siringa automatica premiata da UnAids, l’agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto all’Hiv, come migliore innovazione sanitaria nel 2019. Secondo l’esperto, gli Stati ricchi esportatori di siringhe stanno accumulando scorte per soddisfare la domanda interna. «Se si considera che i Paesi a medio-basso reddito sono ancora agli inizi della campagna di vaccinazione – si prevede che 9 persone su 10 in 70 Paesi a basso reddito difficilmente saranno vaccinate entro il 2021 – e che l’obiettivo Covax è di fornire 2 miliardi di dosi ai 92 Paesi più poveri del mondo entro la fine del 2021 (ad oggi il totale dosi somministrate nel mondo è inferiore a 1,5 miliardi), si può facilmente prevedere che neanche la disponibilità di siringhe ’normali’ potrebbe essere sufficiente a garantire il corretto svolgimento della campagna di vaccinazione, rallentando anche i tempi del ritorno alla normalità», sottolinea Pantaleo. Le nazioni più ricche come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania hanno riversato miliardi nello sviluppo dei vaccini, ma pochi investimenti pubblici sono stati investiti nell’espansione della produzione di siringhe, ha rilevato nei giorni scorsi il Times, evidenziando che non solo ci sarà carenza ma un enorme bisogno di siringhe di sicurezza in modo che le campagne di immunizzazione di massa non provochino altre malattie trasmesse dal sangue, come l’epatite C e l’Hiv, e non contribuiscano ad aumentare il numero dei morti causato da punture accidentali e riuso di siringhe che già ora ammonta a circa 1,7 milioni all’anno.
«Forse le siringhe dovrebbero essere considerate beni di prima necessità e gli Stati dovrebbero aumentare gli investimenti per incrementarne la produzione, così com’è stato fatto per i vaccini», è l’auspicio e l’appello di Pantaleo e di tutti gli esperti che mettono in guardia da un’emergenza reale che desta grande preoccupazione nei vertici dell’Oms e può determinare una battuta di arresto nell’immunizzazione globale.