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 2021  maggio 19 Mercoledì calendario

Petrolio lanciato verso 70 dollari

L’Occidente si vaccina dal Covid e subito i consumi di petrolio tornano a correre, rilanciando il Brent sopra quota 70 dollari al barile. Per ironia della sorte il mercato ha accompagnato così la svolta verde dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), che nel definire la Roadmap per la decarbonizzazione si è spinta fino a raccomandare lo stop immediato di ogni investimento per sviluppare nuove risorse di idrocarburi: una presa di posizione estrema e sorprendente da parte di un organismo che era nato con lo scopo e il mandato di evitare carenze di greggio. L’Aie, fondata in seno all’Ocse dopo lo shock petrolifero del 1973, ancora oggi coordina le scorte strategiche obbligatorie di carburanti, un ruolo che ormai stride con l’aspirazione a farsi alfiere della transizione energetica.
L’idea di interrompere la ricerca e lo sviluppo di ulteriori giacimenti – fino a ieri appoggiata esclusivamente da gruppi ambientalisti – è solo una delle 400 «pietre miliari» che secondo l’Aie dovremmo superare per centrare entro il 2050 gli Obiettivi sul clima: un traguardo al quale non riusciremo ad arrivare con gli impegni finora presi dai Governi, ma che per il direttore dell’Agenzia Fatih Birol è «ancora raggiungibile», anche se «il percorso è stretto».
Fra le tappe proposte dall’Aie molte appaiono davvero ardue (se non utopiche). Citando alla rinfusa, c’è l’indicazione di abolire gli scaldabagno a gas in tutto il mondo entro il 2025, quella di vietare (sempre a livello globale) la vendita di auto a combustione entro il 2035. Per la stessa data bisognerebbe che la metà dei Tir in circolazione fosse a batteria. Ma soprattutto dovremmo stravolgere l’attuale mix energetico: in trent’anni la domanda di carbone dovrà crollare del 90%, quella di petrolio del 75%, mentre quella di gas adrebbe dimezzata. I combustibili fossili nel 2050 soddisferebbero appena un quinto del fabbisogno di energia, contro l’attuale 80%, mentre le rinnovabili (solare ed eolico in testa) passerebbero dal 16 al 67% del mix, il nucleare dal 5 all’11%.
L’Aie ha elaborato la Roadmap su incarico di Alok Sharma, parlamentare britannico che presiederà la conferenza Cop26 sul clima a novembre in Scozia: il rapporto dovrebbe servire da canovaccio per guidare il dibatto, scrive la Reuters. Di qui la peculiarità del rapporto, che si fatica a riconciliare con altre ricerche prodotte dalla stessa Agenzia.
Nell’ultimo rapporto mensile sul mercato petrolifero (consultabile solo a pagamento) l’Aie la settimana scorsa affermava che la domanda petrolifera è sul punto di «spiccare il volo» con la ripresa della mobilità, per riportarsi a fine anno intorno a 100 milioni di barili al giorno, come prima del Covid. L’enorme eccesso di scorte accumulate a causa del Covid nel frattempo è già sparito fin dal mese da aprile nei Paesi Ocse. Anche queste indicazioni fornite dall’Agenzia hanno contribuito a riaccendere il rally del barile, consentendo al Brent di tentare un nuovo assalto a quota 70 dollari: il riferimento si è spinto fino a 70,23 $, il massimo da due mesi, prima di ripiegare sulla notizia di progressi nelle trattative scon gli Usa sul nucleare iraniano (un annuncio potrebbe arrivare oggi). La tendenza rialzista tuttavia sembra ormai segnata. E i rincari rischiano di accentuarsi in futuro, quando verranno al pettine i nodi creati da anni di crisi del mercato. 
Fino a poco tempo fa anche l’Aie non perdeva occasione per mettere in guardia dalle conseguenze del crollo degli investimenti nell’Oil&Gas. Ancora a maggio 2020 l’Agenzia registrava con allarme «il rischio che i tagli di oggi conducano a futuri squilibri sul mercato», accentuando la volatilità dei prezzi del petrolio: le sue proiezioni indicavano la perdita di 9 mbg di produzione nel 2025 se gli investimenti non si fossero ripresi dopo il crollo da Covid. 
Nel disegnare la Roadmap per il futuro a zero emissioni l’Aie sembra aver accantonato questo tipo di preoccupazioni. Ma la possibilità che il petrolio torni a costarci troppo prima che ce ne siamo liberati è tutt’altro che remota.
«Come dei sonnambuli potremmo essere incamminati verso una crisi d’offerta», ha avvertito di recente Simon Flowers, capo analista di Wood Mackenzie, secondo cui il settore petrolifero anche quest’anno –?come l’anno scorso – investirà nell’upstream circa 300 miliardi di dollari, il minimo da 15 anni e meno della metà rispetto al 2014. «Una ripresa della domanda petrolifera oltre 100 mbg entro fine 2022 accresce il rischio di concrete carenze nel corso di questo decennio».