Corriere della Sera, 18 maggio 2021
Intervista a Zucchero
Bloccato a casa così a lungo non c’era mai stato. «È bello andare, è bello tornare, ma quando stai troppo nello stesso posto diventi matto. Oltre ai concerti e al contatto col pubblico, mi manca proprio il viaggio, il lasciarmi impregnare di cose da vedere, gente con cui scambiare idee». Immaginatevi Zucchero, uno abituato a tour mondiali che lo tengono in giro per un anno e mezzo, a casa. «Passo le giornate con giardinieri e contadini: li ho fatti diventare matti con i miei suggerimenti. Ho comprato tre camion di piante nuove e ora mi godo la fioritura, è nata una bufala e ogni tanto vado nel “cucuzzaro”, l’aia, circondato da tacchini, oche, la maialina Adelmina», racconta il soul man dalla sua tenuta nel verde di Pontremoli. È dedicato a lui l’Artista Day di oggi, l’iniziativa di Corriere e Radio Italia che per una giornata intera celebra i protagonisti della nostra canzone.
Non ce l’ha fatta a fare solo il contadino: è appena uscito «Inacustico D.O.C. & More», rilettura del suo ultimo album e di una serie di brani più nascosti del repertorio…
«Durante la pandemia ho postato dei video voce e chitarra o voce e piano. La riposta del pubblico è stata entusiasta e in molti mi hanno chiesto un album così. Ed eccolo. Un disco molto intimo. Non volevo mettere troppo, non volevo vestire troppo le canzoni, anzi le ho svestite. In “D.O.C.” c’erano elettronica e molti suoni di oggi, in questa versione escono di più le parole. E poi ho recuperato canzoni che il pubblico ama anche se non sono mai state singoli».
Svuotare e tornare alle semplicità: c’entra la pandemia?
«Da un po’ sento nell’aria la necessità di smollare, di togliere orpelli, di dire basta alle produzioni pompose. In questo periodo ho ascoltato album di cover acustiche fatti da Johnny Cash, Paul Anka, Tom Jones... Ho deciso di essere nudo e crudo, come quando compongo. Tutto quello che faccio è in funzione di quello che vivo: un artista risente del periodo in cui vive. C’è troppa roba in giro, troppi politici, troppa globalizzazione, troppa religione, troppa tecnologia, troppi braccialetti ai polsi...».
E adesso le antenne di Zucchero che captano?
«Un grande desiderio di ritornare a quelle cose che ci accomunano. Un nuovo flower power, la gente ha voglia di stare insieme come si faceva una volta, con coinvolgimenti genuini e semplici, sento voglia di non globalizzazione».
Che effetto le fa guardare al calendario e pensare che oggi avrebbe dovuto suonare?
«All’inizio ho sofferto, stavo per iniziare le prove con 13 musicisti per un tour che sarebbe partito in primavera 2020. Quando è arrivata la notizia del primo lockdown ero in Svizzera, la mia compagna ha origini ginevrine, e sono rimasto lì per capire cosa stava succedendo. C’è voluto qualche mese per abituarsi».
E poi ha aperto l’agenda: Sting, Stipe, Bono...
«Con Bono è nata l’inedita che ho fatto al Colosseo per l’Earth Day. Ho suonato da solo a Venezia, in piazza san Marco, con un testo in italiano del brano di Stipe. Nella tenuta in Chianti di Sting è nata “September”. E sono stato al compleanno di Jagger a Castagneto Carducci».
Il prossimo amico-big da disturbare?
Giardinaggio
Passo le giornate con giardinieri e contadini:
li ho fatti diventare matti con i miei suggerimenti
«Mi sono sentito con Eric Clapton. Il 29 maggio 2022 faremo assieme un concerto evento a Berlino. Ci sarà anche Annie Lennox».
Come è nata l’amicizia?
«Era l’89. Stava con Lory Del Santo e vennero a sentirmi ad Agrigento. A fine concerto si presentò e mi disse: “Ho visto uno show che il mondo dovrebbe conoscere” e mi offrì di aprire il suo tour europeo. È stata una grande opportunità: l’etichetta iniziò a distribuire i miei dischi all’estero».
Clapton in privato?
«A differenza di altri artisti con cui faccio battute sarcastiche, lui è un gentleman».
Fedez al Primo Maggio si è lamentato per le ingerenze della Rai sul suo discorso. Lei ha mai sentito odore di censura?
«Venni invitato al Meeting di Comunione e liberazione a Rimini. Mi chiesero di non cantare “Solo una sana e consapevole” (per la frase sull’azione cattolica ndr) perché eravamo in diretta sulla Rai. Tranquillizzai Formigoni ma nei bis uscimmo tutti vestiti da prete per fare il pezzo. Finito lo show scappammo perché erano infuriati: se sei un artista vai sul palco e dici quello che pensi. Ci vogliono palle, spessore e coraggio».
Il ddl Zan è stato la pietra dello scandalo. Che ne pensa?
«Non bisognerebbe nemmeno parlarne, per me il problema non si pone nemmeno, ma visto che molti subiscono ingiustizie, devono potersi difendere».
Resterà nel cucuzzaro tutta l’estate?
«No! Farò 13 date, debutto a Montreux, in festival blues e jazz. Ripropongo l’idea acustica in formazione a tre. Se funzionasse potrei riformularla anche in Italia, chissà... Sto guardando, ma vado dove c’è da suonare».