la Repubblica, 18 maggio 2021
Intervista a Fatih Birol. Dice che da qui al 2050 la domanda globale di greggio calerà del 75% e quella di gas del 55%
Stop alla produzione di automobili a combustione interna entro il 2035.
Dal 2030 installazione ogni anno di impianti eolici e fotovoltaici pari a quattro volte la potenza installata nel 2020 (che pure è stato un anno record per le energie rinnovabili).
Nessuna nuova miniera di carbone o pozzo da cui estrarre petrolio o gas naturale. «Non ce n’è più bisogno», ammette il direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea) Fatih Birol. «Da qui al 2050 la domanda globale di greggio calerà del 75% e quella di gas del 55%». Una trasformazione epocale che promette di cambiare tutto. A cominciare proprio dalla Iea: nata nel 1974 per aiutare le nazioni a fronteggiare la crisi petrolio, oggi pubblica un rapporto shock che indica ai governi come agire per decarbonizzare il comparto energetico e centrare l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050: Net Zero by 2050: a Roadmap for the Global Energy Sector. Un documento che sarà presentato ai leader del G20 e che servirà come bussola nelle trattative della Conferenza Onu sul clima che si terrà a Glasgow in novembre.
Direttore Birol, il vostro rapporto fissa le tappe da qui al 2050.
Sembra una impresa improba.
«In effetti è una sfida colossale, forse la più grande mai affrontata dall’umanità. Ma le nostre analisi ci dicono anche che è fattibile. È però fondamentale sapere come agire.
Molti grandi Paesi si sono impegnati ad azzerare le emissioni di CO 2 entro i prossimi decenni, la maggior parte entro il 2050. Ma non tutti i decisori politici hanno compreso fino in fondo quali sono i cambiamenti necessari per decarbonizzare davvero il comparto energetico. Il nostro è il tentativo più completo mai fatto per mostrare cosa significa per il settore dell’energia avere zero emissioni entro il 2050».
Non tutti i Paesi però avranno la volontà o la forza di seguire la roadmap della Iea.
«Sì, ogni nazione farà il suo cammino. Alcuni saranno più rapidi nella decarbonizzazione, altri procederanno più lentamente. Ma un cosa deve essere chiara: se la maggioranza dei Paesi non seguirà questa roadmap a livello globale non avremo alcuna chance di raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nel 2050. Ci sono però buoni motivi per sperare».
Per esempio?
«I governi sanno di dover agire. E non solo per contrastare l’emergenza climatica, ma anche perché se non adegueranno le loro economie le loro infrastrutture energetiche rimarranno indietro rispetto a Paesi concorrenti che avranno saputo cogliere questa occasione. C’è una corsa ad avere economie moderne e pulite. Chi non si muoverà in quella direzione sarà penalizzato».
L’Europa che ruolo gioca in questa rivoluzione-competizione energetica?
«Ne ho parlato a lungo con il vicepresidente della Commissione, Timmermans. Se l’Europa seguirà la nostra roadmap dovrà ammodernare la sua industria energetica e potrà diventare leader del settore. Oggi ci sono Paesi che esportano petrolio, carbone, gas. In futuro si esporteranno tecnologie per l’idrogeno, per l’eolico off-shore, per le batterie. La Ue può cogliere questa occasione, con grandi benefici economici per i suoi cittadini».
Tra le oltre 400 tappe di cui è costituita la roadmap 2050 c’è quella che prescrive “nessun investimento in nuovi progetti di estrazione di fonti fossili”. Vi riferite anche al metano?
«A tutti i combustibili fossili. Ma stiamo parlando di creazione di nuovi campi di estrazione, non dell’uso di quelli già esistenti».
La transizione energetica avrà ripercussioni, oltre che sulle aziende, sull’occupazione: cosa farà domani chi oggi lavora nel comparto petrolifero o del gas?
«Se i governi seguiranno la nostra roadmap, nel 2040 tutto il fabbisogno mondiale di elettricità sarà soddisfatto da centrali fotovoltaiche, eoliche, idroelettriche, geotermiche e in alcuni paesi come Francia e Cina da un piccola quota di nucleare. Ci sarà quindi un crollo nella domanda di petrolio e di gas. Ma prevediamo che gli investimenti nelle rinnovabili produrranno 30 milioni di nuovi posti di lavoro, soprattutto nei settori del fotovoltaico, dell’efficienza energetica, delle nuove reti intelligenti di distribuzione. A fronte dei 5 milioni di posti di lavoro persi nell’industria dei combustibili fossili.
La vera scommessa dei governi è gestire con saggezza questa trasformazione».
Auspicate che l’ultima automobile a combustione interna esca dalla catena di montaggio prima del 2035. Tra appena 14 anni.
L’industria automobilistica è pronta per questa rivoluzione?
«La maggior parte delle aziende automotive sta allestendo i suoi business plan tenendo conto della elettrificazione. Che riguarderà soprattutto le automobili, ma anche i mezzi pesanti. Già oggi molti marchi spingono per far conquistare ai loro veicoli elettrici fette sempre più grandi di mercato. E la competizione accelererà il processo. Al momento la Cina detiene la leadership nel settore, ma l’Europa con le sue aziende sta facendo grandi progressi, seguita dall’America».
Secondo il vostro rapporto, i settori elettricità e riscaldamento saranno i primi a raggiungere il traguardo delle emissioni zero, prima del 2040. Industria e trasporti richiederanno altri dieci anni. A cosa è dovuta la differenza?
«Nel settore dell’elettricità abbiamo già sistemi commerciali disponibili sul mercato che se usati massicciamente possono da subito abbattere le emissioni di CO 2 : dal fotovoltaico all’eolico, all’idroelettrico. Ci sono altri settori, come aviazione e industria pesante, dove invece non abbiamo soluzioni già pronte e quindi ci vorrà più tempo. Prevediamo tuttavia che nel 2040 il 50% dei carburanti per gli aerei saranno sostenibili».
Il futuro sarà a idrogeno?
«Prevedo un futuro brillante per l’idrogeno. Presto produrre idrogeno verde, quello ottenuto da energie rinnovabili, costerà molto meno e questo moltiplicherà la sua diffusione. Ma penso che sarà usato principalmente per fornire energia all’industria pesante e ai trasporti su grandi distanze».