Il Sole 24 Ore, 18 maggio 2021
Fermo il 54% delle norme
«Occorrerà privilegiare una modalità di legiferare che mantenga al livello minimo il numero dei decreti attuativi». È un obiettivo chiaro quello che si è dato il governo per l’azione legislativa e che è stato messo nero su bianco meno di 20 giorni fa dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Roberto Garofoli, nella relazione che fotografa la complicata situazione dei decreti attuativi, aggiornata al mese scorso. Un’indicazione subito smentita dal primo decreto Sostegni che nel corso della sua navigazione parlamentare ha visto moltiplicarsi i decreti e gli altri testi di attuativi (si veda l’altro articolo qui a fianco) nell’inesorabile ripetersi di una sorta di rito almeno apparentemente quasi immodificabili. E i dati dalla stessa relazione non fanno altro che confermare questa tendenza in maniera inequivocabile: alla fine di aprile dei 1.185 provvedimenti attuativi previsti dalle disposizioni legislative introdotte dall’inizio della legislatura ben il 54,3% (644 testi) risulta ancora «non adottato». Il cosiddetto tasso di attuazione non supera insomma quota 46 per cento. Anche per questo motivo il governo Draghi, almeno sulla carta, ha deciso di puntare a uno smaltimento a tappe forzate della pesante eredità del passato, anche recente, con tanto di cronoprogramma. E attivando un monitoraggio mensile. Nel documento approdato al Consiglio dei ministri del 29 aprile Palazzo Chigi sollecita i ministeri a smaltire già entro il 20 giugno 58 dei provvedimenti in sospeso, che dovrebbero essere seguiti da altri 194 entro il 20 ottobre a da ulteriori 122 testi a fine anno. «Si segnala che va ridotta la tendenza ad inserire nelle norme primarie il rinvio a decreti attuativi», si afferma nella relazione. Che forse non tutti hanno ancora letto.