il Fatto Quotidiano, 17 maggio 2021
Gli under 13 sono il nuovo problema del business social
Ogni bambino oggi è un potenziale utente profilabile nei social network di domani. È per questo che i big delle piattaforme non possono permettersi di perderne neanche uno. Il rischio che accada è dietro l’angolo. Le norme sulla privacy si fanno più stringenti in tutto il mondo, imponendo di non trattare dati dei minori che abbiano meno di 13 anni. Le prospettive sono due: o mettono in conto di pagare multe salate per non aver fatto abbastanza a tutela dei giovanissimi o si arrendono all’idea di perderli, soppiantati dalla prossima nuova piattaforma di tendenza. Sarebbe una grossa perdita economica. Come ormai sappiamo bene, gli utenti son considerati il prezzo per avere social network gratuiti.
Per evitare entrambi gli scenari, Mark Zuckerberg, proprietario di Facebook, sta lavorando a una versione della sua app fotografica Instagram riservata ai più piccoli. A nulla è servito il richiamo di 44 procuratori generali statunitensi che la scorsa settimana lo hanno invitato ad abbandonare il progetto. Pesa la concorrenza, ma anche un nuovo spiraglio di possibilità: in questi anni i teenager si sono riversati su nuove piattaforme competitor come Twitch e Tik Tok proprio per evitare i cosiddetti “boomer”. Tik Tok, però, sta preparando una campagna per attrarre gli adulti. Il motivo? Il pressing che sta subendo proprio per la presenza di under 13.
Nei giorni scorsi, Facebook ha dunque fatto sapere di essere andato avanti col piano e di voler collaborare con tutti i legislatori per rispondere alle loro preoccupazioni. “Come ogni genitore sa, i bambini sono sempre online, che gli adulti lo vogliano o no – ha spiegato –. Vogliamo migliorare questa situazione offrendo esperienze che diano ai genitori visibilità e controllo su ciò che fanno i loro figli”. Secondo Bloomberg, questa nuova versione della app è internamente nota come “Instagram Youth” e risolverebbe il problema principale dei social oggi: riuscire a distinguere – per scartarle – nella raccolta di dati e nella profilazione degli utenti le informazioni che arrivano dagli under 13 e che per legge non possono essere elaborate senza l’autorizzazione dei genitori. Targhettizzandoli involontariamente, infatti, i giovanissimi rischiano di essere esposti a contenuti tossici o predatori o semplicemente commerciali, incapaci di interpretarli e districarsene. Nella loro lettera, i procuratori hanno sottolineato che non tutte le migliori intenzioni approdano a buone soluzioni. Messenger for Kids di Facebook, lanciata nel 2017, aveva infatti presto mostrato un “difetto di progettazione significativo” (poi sanato) che permetteva ai bambini di partecipare a chat di gruppo con estranei senza l’approvazione dei genitori. Facebook oggi sostiene che creare una versione a misura di bambino delle sue app proteggerebbe meglio i giovani che oggi, spesso, mentono sull’età per iscriversi alle piattaforme. Inoltre ha ribadito che non prevederà annunci pubblicitari.
Sulla carta si tratta di un piano condivisibile, sostenuto pure da molta stampa internazionale. Ma sarebbe naif trascurare che sia anche una strategia per fidelizzare milioni di futuri potenziali utenti profilabili.
I social stanno infatti alacremente lavorando su sistemi automatizzati che impediscano agli under 13 di iscriversi. Alla luce di queste operazioni, “ghettizzarli” è meglio che perderli. Secondo un rapporto diffuso proprio in questi giorni a favor di social, quasi il 50 per cento dei ragazzini che hanno meno di 13 anni sono già presenti sulle piattaforme. Con la app specifica potrebbero addirittura aumentare.
“Facebook afferma che la creazione di un Instagram per i bambini li aiuterà a tenerli al sicuro sulla piattaforma – scriveva nei giorni scorsi Kathryn Montgomery, senior strategist del gruppo statunitense per i diritti digitali Center for Digital Democracy – Ma il vero obiettivo dell’azienda è di espandere il suo franchise Instagram altamente redditizio a un gruppo demografico ancora giovane, introducendo i bambini a un potente ambiente di social media commercializzato che pone serie minacce alla loro privacy, salute e benessere”.
Secondo un’analisi dell’agenzia di monitoraggio digitale Sprout Social, un post su Instagram su tre è una pubblicità. E anche senza advertising, il rischio degli spot è dietro l’angolo. YouTube for Kids, che non mostra pubblicità, è stato recentemente criticato per “contrabbando” di marketing e pubblicità attraverso l’inserimento occulto di prodotti commerciali. E solo tre anni fa il gigante di Moutain View ha pagato una multa di oltre 150 milioni di dollari per chiudere il procedimento aperto dalla Ftc contro YouTube per aver infranto le norme sulla privacy dei bambini con pubblicità mirata.