Il Sole 24 Ore, 16 maggio 2021
i dettagli di Bruegel ci rivelano la vita
«Ho sempre desiderato raccontare una storia come faceva Conrad quando fingeva di lasciare la parola a Marlow. Dopo qualche riga d’ambiente si aprono le virgolette ed ecco che comincia Lord Jim, eccoci dentro Cuore di tenebra. Marlow ricorda tutto e tutto ripete a voce alta, per pagine e pagine … Era la dote di Conrad che Henry James ammirava maggiormente, questo dispositivo che consegna al lettore una quantità impressionante di notizie in simultanea. “Come secchi d’acqua per l’estinzione improvvisata di un incendio” suggeriva James con una immagine inarrivabile quanto il procedimento che descrive».
Nel romanzo di Alessandro Zaccuri, La quercia di Bruegel, è uno scrittore senza nome che parla, mentre si prova a replicare il «dispositivo» di Conrad. Seduto al bar di un albergo e poi al tavolo di una brasserie, a Bruxelles, trascrive (alla sua maniera, tra fedeltà e «reinvenzione») il racconto che gli fa Matilde Rovani: una neurologa che ha seguito le lezioni del medico e scrittore Oliver Saks, casualmente incontrata nella hall dell’albergo. La dottoressa studia i disturbi di percezione dei suoi pazienti sottoponendo loro le riproduzioni di opere pittoriche. Tutti e due, il romanziere che si accontenta di abborracciare romanzi storici e di firmarli con pseudonimi stranieri sempre diversi, e la neurologa, hanno raggiunto Bruxelles per andare al museo e studiare le pitture di Bruegel il Vecchio: il primo per scrivere un romanzo su Bruegel e i suoi figli, l’altra per meglio confrontarsi con il caso clinico di un suo paziente, un manager di nome Massimo, che ha subìto un trauma in uno scontro sulle piste di sci di Madonna di Campiglio e nei quadri vede solo «macchie» con l’eccezione dei dettagli riguardanti gli alberi di Bruegel il Vecchio. È il 22 marzo del 2016, «una giornata di sangue e di furore». Bruxelles è teatro di ben tre attacchi terroristici, con morti e feriti, seguiti in albergo attraverso le convulse cronache televisive e le semplificazioni drammatiche del portiere e degli inservienti. Matilde è una brava narratrice. Ma lo scrittore non somiglia per niente a Conrad. È offuscato dall’abitudine all’ovvietà del «risaputo» con la quale seduce i suoi accomodanti lettori: «abituato a scrivere storie che non richiedono la fatica dell’interpretazione», non ha «pensato di dover interpretare la storia che» sta «ascoltando». Gli è stato rovesciato addosso un breve romanzo d’amore e non l’ha riconosciuto. Matilde e Massimo sono innamorati. Lo scrittore, desolato, commenta: «Una storia d’amore. Provatevi voi a raccontarla come aveva fatto quella sera Matilde, senza mai parlare d’amore e senza lasciar intendere che ci fosse una storia da raccontare. Un caso clinico, questo sì … Restava il fatto che io, il romanziere, ero caduto nella trappola che Matilde … non si era neppure accorta di aver preparato ai miei danni … Che mi fossi lasciato ingannare era solo colpa mia, non avevo nessun altro da biasimare per la mia ingenuità». La dottoressa è arrivata a Bruxelles, senza essere accompagnata da Massimo. Ma è andata a Bruxelles «per amore di Massimo». Il romanziere lo capisce solo quando Massimo raggiunge la dottoressa nello stesso albergo nel quale sono ospiti la dottoressa narratrice e lo scrittore che da un pezzo ha deposto qualunque velleità letteraria.
L’inserto narrativo sull’amore raccontato senza esplicitamente raccontarlo è incastonato nella cornice della «malinconica sera d’Europa» degli attentati a Bruxelles. E metanarrativamente introduce il tema del rapporto tra realtà e discorso, sia esso quello politico degli attentati che quello letterario di un «romanzo» di uno «scriba» che, senza interpretarlo, trascrive il racconto di un personaggio della Quercia di Bruegel. Tutto questo insieme al caso clinico di Massimo, alla sua ossessione per i dettagli pittorici ai quali si aggrappa nella notte dei suoi disturbi della percezione, «condividendo il caos da cui» si sente «assediato e oltre il quale soltanto Matilde» è capace di guardare»: «L’unica salvezza» è «rappresentata dagli alberi che, di tanto in tanto», «riprendono forma» nei suoi confusi disegni. È il tema correlato del rapporto tra percezione e realtà.
L’ultima parte del romanzo è ambientata a Milano, anni dopo, in piena pandemia da Covid. Il romanziere si occupa adesso di Magritte, e vuole sfornare «storie di letto e d’atelier». Matilde, che si è sposata con il suo paziente, ha contratto il virus. Manda una email al romanziere. E racconta la sua esperienza sotto il casco per la respirazione: «In quei momenti, scrive, cambia la percezione, una foschia si posa sulla realtà, alcuni dettagli si ripropongono alla memoria con una forza inaspettata … Ora che sono tornata a casa … vedo il mondo con altri occhi». Si sente adesso più vicina al marito, i cui disturbi si sono attenuati lasciandogli però «un’acutezza di percezione» che si manifesta «con illuminazioni repentine»: come quando vede la quercia di Bruegel invisibile a chi non ha il suo sguardo. «C’è davvero un altro modo di vedere le cose», attraverso l’esattezza dei dettagli, «indomabili» come la realtà: «Noi vediamo il mondo così, in questo momento, e pensiamo che il mondo sia tutto qui, che non ci sia altro. Quell’albero, per esempio»; «C’è sempre un altro albero al di là di quelli che vediamo … Qualcosa che non si vede, ma che volendo si potrebbe sempre toccare»; «Al buio, senza vedere, accettiamo che il mondo sia come dev’essere, intuiamo che dietro ogni immagine c’è una superficie nuda e tenace, ma non inerte: un legno che non sarà mai vinto dal ferro, né dissimulato dalla maestria del pittore». Massimo vede la quercia invisibile, la tavola di quercia sulla quale Bruegel ha dipinto il suo quadro. Zaccuri conclude, perentoriamente: «Non ci sono segreti da svelare, basta la realtà. Dura come la tavola di quercia, leggera come un’ombra di colore o un grumo di bianco che simula la neve».
La quercia di Bruegel è un ordigno narrativo fascinosamente congegnato. L’affabile pulizia di scrittura è sorvegliatissima, lucidamente analitica. Il romanzo si avvolge e si stringe attorno al lettore, senza concedergli tregua. Ha le pagine più belle quando si distende nel racconto dei quadri di Pieter Bruegel e di Hieronymus Bosch.