Corriere della Sera, 16 maggio 2021
Pechino su Marte
«Salute, amici terrestri. Io sono qui, impaziente di scoprire che cosa c’è su Marte». Gli scienziati cinesi hanno donato anche la parola al loro robot Zhurong, che ieri mattina si è posato sul Pianeta rosso. La conquista è stata seguita dalla tv statale in una trasmissione straordinaria intitolata «Nihao Huoxing», Ciao Marte: una narrazione studiata per accendere immaginazione e entusiasmo popolare.
L’amministrazione cinese dello spazio ha voluto aggiungere un tocco di drammaticità, sottolineando che «9 minuti di terrore» hanno preceduto il coronamento dell’impresa, dopo 295 giorni di viaggio e 3 mesi di orbita marziana. I 9 minuti di terrore si riferiscono al buco nelle comunicazioni che ha avvolto l’ultima fase dello sbarco, un ritardo snervante e inevitabile, a causa del tempo che il segnale radio impiega ad arrivare da Marte, che ieri era distante 320 milioni di chilometri dalla Terra.
In quei minuti critici, i controllori della missione non hanno potuto seguire in tempo reale la discesa. È una fase delicatissima, perché bisogna evitare che il veicolo sprofondi in un cratere o subisca un impatto contro una roccia. In passato, durante questo «blackout di terrore» scientifico, la metà delle sonde spedite su Marte dagli americani e tutte quelle dei russi avevano fallito, andando perdute. Finora solo la Nasa era riuscita più volte nella missione. Ora Pechino si è innalzata allo stesso livello degli Stati Uniti, che a febbraio hanno portato su Marte il loro Perseverance. Questa duplicazione di sforzi, senza alcuna collaborazione tra le superpotenze, riporta alla sfida Usa-Urss della Guerra fredda. Il successo marziano rappresenta anche un sollievo per gli ingegneri spaziali cinesi, dopo i giorni di ansia per la ricaduta incontrollata dei resti di un loro razzo lunare. Dopo quella polemica, ieri la Nasa si è congratulata via Twitter con i rivali di Pechino.
Stavolta tutto è andato secondo i piani: il modulo cinese ha aperto un paracadute di 200 metri quadrati e acceso un razzo per ammorbidire l’atterraggio, portando a destinazione il «rover», un robot a sei ruote chiamato Zhurong, in onore al Dio del fuoco della mitologia cinese. Il nome era stato scelto con un sondaggio popolare tra i cinesi mentre già la navicella orbitava intorno a Marte: una mossa per tenere alta l’attenzione.
«Avete impresso le orme del popolo cinese su Marte, ponendo una pietra miliare nella nostra ricerca spaziale, e nel viaggio interplanetario» ha detto Xi Jinping agli scienziati. Centinaia di tecnici in tuta color cielo, assiepati nel Centro di controllo sull’isola di Hainan, hanno ascoltato in piedi la lettura del messaggio del presidente: «Siete stati coraggiosi ad accettare la sfida, grazie a voi il nostro Paese guida il mondo».
Zhurong ora si prepara a perlustrare Utopia Planitia, una grande pianura che potrebbe contenere tracce di passate forme di vita: gli americani, che nel 1976 ci avevano spedito Viking, pensano che ci possa essere stato un oceano milioni di anni fa.
Zhurong, sei ruote, pesante 240 chili e alimentato da pannelli solari, opererà in questa zona per circa tre mesi. Parte importantissima della missione è riservata all’«orbiter» Tianwen-1, un’apparecchiatura orbitante che gira intorno a Marte scattando immagini, studiando l’atmosfera e funzionando da centrale di smistamento per la trasmissione a Terra dei rilevamenti del «rover». Tianwen significa «domande al firmamento»: citazione di una famosa poesia di più di duemila anni fa.
La Cina promette già una missione nel 2028 per portare a Terra campioni di suolo marziano e sogna di spedire intorno a Marte entro vent’anni dei taikonauti (così chiamiamo i membri degli equipaggi cinesi, adattando il termine «taikongren», che significa «persona dello spazio»). Xi Jinping, che non ha limiti di tempo per il suo potere, conta di essere ancora al timone di Pechino per poter salutare il primo cinese affacciato sul Pianeta rosso.