ItaliaOggi, 15 maggio 2021
Periscopio
Siamo impauriti. Per questo abbiamo mantenuto il ritorno a casa due ore prima di Cenerentola. Michele Brambilla. QN.
Salvini sarà sempre Salvini e Letta dovrà rassegnarvisi. Bruno Vespa. QN.
L’inquisitore contro il ministro Gui, D’Angelosante, si accomoda il nodo della cravatta e si liscia la barba. Pare il vincitore di una gara di scopone. Guglielmo Zucconi: La paga del deputato. Rusconi, 1978.
Di sinistra era considerato il cardinal Martini anche perché lo era, anche psicologicamente. L’ho sempre stimato molto: grande intellettuale, con grandi capacità di governo. Aveva un rapporto dialettico con Giovanni Paolo II, che però l’aveva voluto a Milano. Camillo Ruini, cardinale (Aldo Cazzullo). Corsera.
Roosevelt incassò molte accuse dagli avversari ma accolse anche con un «benvenuto» l’odio dei nemici. In ogni caso non si fece spaventare. Non a caso la sua frase più citata resta: «L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa, il terrore sconosciuto, immotivato e ingiustificato che paralizza. Dobbiamo sforzarci di trasformare una ritirata in un’avanzata». Detto da uno che non camminava, vale doppio. Maurizio Pilotti, Libertà.
Il mio apprendistato da seminarista non è stato duro. Oltretutto avevo uno zio arciprete. Bravissimo predicatore. Mi portava con sé nei suoi giri tra le campagne del basso Lazio. Ricordo noi due su una vecchia automobile tra le strade polverose. È arrivato l’arciprete, gridavano i bambini. Avevo 12 anni e il mio compito era di occuparmi dei filmini che proiettavamo a queste famiglie, felici di poter staccare dalla fatica del lavoro. Lo zio dava lezione di catechismo e i filmati che trasmettevo raccontavano favole e piccole storie edificanti. Monsignor Vincenzo Paglia, comunità di Sant’Egidio (Antonio Gnoli), la Repubblica.
Marzio Breda ha introdotto nel panorama dell’informazione una figura che prima non esisteva, quella del quirinalista, tant’è che lo Zingarelli fissa al 1991 la datazione di questo vocabolo. Marzio Breda è da 30 anni l’ombra del presidente della Repubblica. Cominciò sul Corriere della Sera con Francesco Cossiga. Da allora sono subentrati altri quattro capi dello Stato (Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, Sergio Mattarella), ma lui è sempre rimasto sul Colle, nel palazzo dove fino a Pio IX abitarono 23 papi, la reggia più sfarzosa d’Europa, come scrisse ne La guerra del Quirinale (Garzanti): «Ha oltre 2.000 stanze e tre chiese». Stefano Lorenzetto. L’Arena.
La querela allegra è nata un quarto di secolo fa con la cosiddetta Seconda Repubblica. Due le cause. L’instraccionamento della politica e la conseguente piccineria dei suoi esponenti; la scimmiottatura all’italiana dell’uso yankee di buttarla in ogni caso sul denaro. Prima, ai tempi della Dc, gli ottimati erano sicuri di sé e una critica giornalistica faceva parte del gioco. Per arrivare a una querela doveva cascare il mondo. Accadde tra Alcide De Gasperi e Giovannino Guareschi che finì in galera. Ma aveva davvero esagerato, accusando l’altro, senza prove, di avere caldeggiato il bombardamento angloamericano di Roma del 1943. Giancarlo Perna. La Verità.
Cuba è quello che più assomiglia nella storia latino-americana a un regime fascista. Il potere è gerarchico, è un potere corporativo, gli individui non esistono, sono solo componenti della massa, lo stato è etico, il denaro è lo sterco del diavolo e il commercio è una bestemmia oltre che un peccato. È una società clerico militare, in cui le parole d’ordine sono moralizzazione e amor di patria. Loris Zanatta, docente di Storia dell’America latina all’università di Bologna (Alessandra Ricciardi), ItaliaOggi.
È sotto scacco la rule of law (nell’imperfetta variante europeo-continentale dello «Stato di diritto»). La rule of law si fonda su un equilibrio fra l’esigenza collettiva della protezione sociale e l’esigenza della tutela delle libertà individuali. È da questo principio che derivano la limitazione e il controllo del potere pubblico. Nulla a che spartire con l’ideologia che incita a un uso violento e generalizzato del diritto penale ai fini di una guerra senza quartiere contro i «nemici del popolo». Angelo Panebianco, politologo. Corsera.
Questa è la strada che Draghi potrebbe riprendere per entrare nell’Olimpo dei grandi statisti della Repubblica Italiana: il ponte sullo Stretto da ricostruire, il filo spezzato nel 1994 e mai più riannodato. La storia ci insegna che la tattica senza la strategia è il rumore della sconfitta. Invece con questo Pnrr, che delude la Ue, rischiamo di rivivere il déjà vu dell’assalto alla diligenza per portare finanziamenti, troppo spesso fini a sé stessi, ai territori. Con il Recovery Plan questa tendenza è amplificata dall’ostinazione ad inseguire la benevolenza del solo commissario europeo Paolo Gentiloni, nominandogli come capo gabinetto di palazzo Chigi il suo prezzemolino Antonio Funiciello, già in tensione con il segretario generale Roberto Chieppa. E, come se non bastasse, ancora con la designazione a capo dell’Agenzia del Demanio della stessa cognata di Gentiloni, Alessandra Dal Verme, senza portarla neppure in discussione in Consiglio dove monta ormai il malumore dei Ministri. Dopo le interrogazioni parlamentari e il faro acceso da parte della Corte dei Conti, Maria Stella Gelmini faticherà non poco a far passare questo incarico con il parere vincolante della Conferenza unificata Stato-Regioni, proprio per il lampante conflitto di interesse che impedisce ai congiunti dei commissari europei investiture in strutture collegate al Recovery Plan. Luigi Bisignani. Il Tempo.
A dare dello «stranzo» a George Clooney è stato il figlio di tre anni che sta imparando l’italiano e inciampa nelle vocali. Con la vocale giusta deve invece averlo pensato la signora che si è vista negare un selfie in un bar di Como. Viviana Ponchia. QN.
Dal corniciaio dove fui mandato da mio padre perché non volevo andare a scuola imparai poco e mi annoiai molto. L’unico momento interessante era quando, nel tardo pomeriggio, un gruppo di pittori locali si riuniva regolarmente lì a chiacchierare dei propri quadri. Dilettanti che ascoltavo con curiosità nei loro commenti e mi stupivo per la loro passione. Fu un seme che crebbe lentamente. Ripresi la scuola, senza che il mio vuoto fosse riempito e poi un giorno comprai un cavalletto, dei colori e in gran segreto cominciai a dipingere. Lino Mannocci, pittore (Antonio Gnoli). Repubblica.
Il maniaco è un folle con le idee chiare. Roberto Gervaso.