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 2021  maggio 15 Sabato calendario

Orsi & tori

Scena di una mattina di primavera nell’ampia sala circolare della filiale di una primaria banca nel distretto finanziario di Milano. Due casse: 19 persone in coda a causa di un’operazione complessa di due signori, marito e moglie; gli altri signori in paziente, che diventa inevitabilmente impaziente, attesa cominciano a rumoreggiare sia pure con educazione. Si sono tutti prenotati con appuntamento. Passa un funzionario della banca che chiede se può essere utile. Non può essere utile a nessuno, perché tutti devono passare dalla cassa. Fra il cortese e il categorico il funzionario saluta dicendo: «Mi dispiace, tra poco non avrete bisogno di fare la coda perché la carta sarà totalmente abolita». Il terrore serpeggia fra la maggioranza di attempati signori e signore.Ma come pensano le banche di riconvertire al digitale persone oltre i 60, che pure sono fra i loro clienti più fedeli e sicuri? Quale strategia pensano di seguire? Certo, come lo smartwork consente a molte aziende di ridurre gli spazi aziendali e ridurre il personale, così le banche stanno correttamente puntando sul digitale con il programma di chiudere il maggior numero possibile di filiali. Legittimo. Ma come pensano di aiutare gli anziani che non maneggiano né internet né i codici?
Ma c’è poi un paradosso: mentre le grandi banche nate tradizionali chiudono o vogliono chiudere il maggior numero possibile di filiali, le banche nate digitali hanno finito per aprire non poche filiali, com’è il caso di CheBanca!, generata da Mediobanca.
Fra le poche banche che non hanno smantellato il layout tradizionale delle filiali, che non hanno chiuso e non hanno messo poltrone e tavolini assieme a macchine distributrici di denaro, c’è la Banca popolare di Sondrio, da sempre una delle più efficienti del mercato: per anni è stata la prima a presentare il bilancio annuale appena un mese dopo la fine dell’anno; l’amministratore delegato, Mario Alberto Pedranzini, cresciuto alla scuola di Piero Melazzini che convocava la prima riunione alle 8 di mattina e interrogava tutti sulle notizie uscite sui giornali, ha un approccio sociale nella gestione, nello spirito delle banche cooperative, qual è tuttora la banca della Valtellina. A una cena in cui eravamo seduti accanto e dal podio si parlava di debiti deteriorati che sotto la sigla npl vengono ceduti dalle banche a particolari operatori, l’erede di Melazzini non si trattenne: «Ma lo sa qual è il mio dolore: vendere i debiti deteriorati di clienti sfortunati a soggetti che non si sa quali metodi possono arrivare a usare».
Una confessione che propone un tema sostanziale: si può fare banca anche con spirito sociale? Si può riuscire a conciliare la rivoluzione digitale con un servizio possibile per le persone che non sono abili con codici e internet?
Credo che il problema sia molto reale e urgente. Cosa pensa di fare Abi, l’Associazione bancaria, ben guidata da Antonio Patuelli, per sollecitare gli istituti associati ad affrontare il problema?
Una via ci potrebbe essere almeno per chi è pensionato e libero dal lavoro. Promuovere per loro una serie di lezioni sull’uso di internet e dei vari codici, magari nelle filiali dove c’è ampio spazio per l’abolizione di casse e sportelli vari. Non sarebbe soltanto un aiuto ai propri clienti per usare l’home banking, ma un contributo generale alla società civile per adeguare un numero notevole di cittadini e cittadine tagliati fuori dal processo di digitalizzazione del Paese. A casa spesso sono i figli e i nipoti ad aiutare genitori e nonni a maneggiare telefonini e smartphone. Ma il rapporto con le banche spesso sfugge ai giovanissimi e comunque è personale.
Non si può modernizzare il Paese senza coinvolgere una parte sempre più numerosa dalla popolazione, grazie al prolungamento della vita media. Il Pnrr ha anche un altro nome: Next generation fund. Appunto le nuove generazioni, ma l’Italia ha il record di vita media più alta d’Europa e milioni di anziani sono una risorsa ancora utile al Paese.
«... Quanto sarebbe più facile e proficuo per tutta la società facilitare il passaggio all’età libera, dove produrre (in senso lato) può diventare un piacere. Quanto più ricchi (certamente di esperienza, di cultura, di socialità e anche di democrazia) saremmo. E senza più conflitti fra ’’vecchi’’ e ’giovani’, avendo ristabilito quel ponte fra le diverse generazioni che la società attuale ha distrutto...». È un passaggio del libro del più autorevole gerontologo, Francesco Antonini, edito da Mondadori, I migliori anni della nostra vita, che è diventato il manifesto di un movimento di uomini e donne che nonostante l’età possono essere utilissimi.
Antonini è il nume della libera età, cioè la terza fase della vita, da non considerare vecchiaia perché, come diceva il primo professore di una cattedra di gerontologia, si è vecchi solo quando non si è più autosufficienti perché colpiti da gravi patologie o da altre infermità.
A lanciare il movimento per il recupero del ruolo degli anziani è Ezio Chiodini, giornalista economico in più giornali e alla fine responsabile della comunicazione della Banca popolare di Milano, ora Banco Bpm. Lo slogan di Chiodini e del nucleo di intellettuali ed economisti che ha raccolto intorno a sé è questo: «Gli anziani possono produrre utilità sociale, trasformiamoli in collaboratori sociali».
E aggiunge: «In altre parole, quando la pandemia ha imposto la programmazione di una nuova vita, è arrivato il momento di chiamare a raccolta chiunque voglia dare una mano nell’ideazione di un nuovo futuro sociale e di coinvolgerlo in progetti specifici. È cioè il momento della partecipazione, concetto sempre sbandierato ma mai veramente perseguito. Ora, però, è necessario praticarlo, con le risorse disponibili. Fra queste, si sarà già capito, c’è chi, a una certa età, ha tempo libero e voglia di impegnarsi a favore della comunità».
Ma perché questa collaborazione, dopo una sorta di chiamata alle armi, abbia successo è necessario che coloro che vivono la più bella età siano addestrati a essere operativi nella nuova era, quella del digitale e di tutte le tecnologie derivate, se non hanno avuto modo di apprendere e addestrarsi durante l’attività lavorativa.
La pratica digitale dell’attività bancaria è, può essere, una formidabile palestra per far essere gli anziani totalmente attivi nel nuovo mondo. Per le banche è una grandissima occasione per se stesse, per la loro trasformazione, e per tutta la società civile nel mentre avanza il Pnrr e l’Italia ha bisogno di ogni tipo di modernizzazione.
Formidabili esempi di anziani e non certo di vecchi sono sia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sia il presidente del Consiglio Mario Draghi. Chi sa se l’ex presidente di Bankitalia e della Banca centrale europea sa usare tutti gli strumenti digitali che le banche oggi offrono e che saranno descritti e analizzati durante la prossima Milano Finanza digital Week che si terrà nella ultima settimana di giugno.

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La decisione di Elon Musk di non accettare più Bitcoin per l’acquisto delle sue auto Tesla è la migliore introduzione al pamphlet del professor Paolo Savona, Criptomonete-Al di là della sovranità monetaria, allegato al numero odierno di Milano Finanza. Musk, come ognuno che vuole essere campione di sostenibilità, ha spiegato il suo rifiuto per l’altissimo consumo di energia legato alla blockchain su cui si basano le criptovalute. Ma è legittimo il dubbio che il genio straordinario di Musk, il suo anticonformismo, gli abbia fatto compiere questo rifiuto non solo per essere coerente con la sua ideologia dedicata alla sostenibilità. Diciamo che forse ha trovato una giustificazione vera ma che ne nasconde probabilmente un’altra più profonda, di cui dà la chiave il pamphlet del presidente della Consob.
Non vi è dubbio che con la tecnologia, l’intelligenza artificiale, i Big Data, gli algoritmi, la blockchain che teoricamente garantisce l’intangibilità dei certificati, per così dire, che costituiscono i Bitcoin e il loro scambio, debba cambiare anche il sistema delle monete. Ma la rivoluzione dal basso finora è stata possibile per il ritardo di intervento degli Stati nell’offrire essi stessi la loro moneta in forma digitale.
Per secoli, il corrispettivo, la consistenza di una moneta, è stato l’oro custodito nei forzieri degli Stati emittenti. Anzi, prima dei lingotti d’oro a garanzia della moneta erano le monete stesse a essere in oro.
Come ha spiegato con la tradizionale lucidità il presidente Draghi, da Bretton Woods in poi non è stato solo l’oro a dare il valore alle monete, bensì il bilancio degli Stati emittenti, cioè la sintesi del loro patrimonio. Per questo, ha aggiunto Draghi, l’euro non può essere ancora considerato una moneta di riserva, perché è la moneta dell’Unione europea, ma la Ue non ha un suo bilancio su cui la moneta si appoggi. Viene fatto un passo avanti con il bilancio della Commissione europea, cioè del governo dell’Europa unita, ma non dello Stato, somma degli Stati. Ma esso è poca cosa, come ha chiuso Draghi.
Sta di fatto che la Banca centrale europea ha comunque cominciato a studiare l’euro digitale, affidandone la responsabilità a Fabio Panetta, ex direttore generale di Bankitalia ed erede di Draghi alla Bce. Sicuramente l’euro digitale è in buone mani, ma il suggerimento del professor Savona è che se gli Stati non vogliono perdere sovranità, devono promuovere una nuova Bretton Woods. A provocare una tale necessità è, forse non volendolo, la Cina, che ha già pronto lo yuan digitale. A essere sostanzialmente immobili sono gli Stati Uniti, per la ragione semplice che le monete digitali potrebbero mettere in discussione l’universalità del dollaro, anche come moneta di riserva.
Ma forse dovrebbero essere proprio gli Usa del presidente Joe Biden a sollecitare, prima che sia troppo tardi, un nuovo vertice mondiale sull’ordine monetario. Il geniale Musk gliene ha dato lo spunto, ammantato delle problematiche di sostenibilità. Ma in pratica l’uomo che pur fumando canne in diretta televisive ha mostrato di essere geniale in tutto quello che ha fatto, dalla ormai storica auto elettrica al lancio nell’atmosfera della prima stazione spaziale privata, all’idea di impiantare un chip nel cervello di chi ha perso la memoria cerebrale, ha dato un segnale inequivocabile agli Stati. Sbrigatevi a intervenire.
Inevitabilmente ha deluso milioni di seguaci che credendo in lui si sono riempiti di Bitcoin. Ne conosco uno, ingegnere intelligente e abilissimo, che essendo stato incantato da Musk e dalle sue idee gli aveva di fatto affidato quasi tutta la sua liquidità. Chi sa se si ricrederà sulla forza e la solidità dei Bitcoin dopo aver accusato la decisione di Musk e dopo aver letto, glielo manderò, il pamphlet del professor Savona.