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 2021  maggio 15 Sabato calendario

Per i Btp sta finendo la festa

L’effetto Draghi sui Btp si è esaurito (se mai è esistito davvero). Questa settimana, per la prima volta da gennaio, i titoli di Stato italiani sono tornati ad essere le obbligazioni più redditizie per chi vuole investire sul debito pubblico di una nazione dell’area euro. Con un aumento di cinque centesimi di punto percentuale il rendimento dei Btp a dieci anni si è portato all’1,07%, scavalcando quello dei titoli della Grecia, che pagano l’1,06%. Il sorpasso è arrivato dopo diverse settimane di sostenuto aumento dei tassi dei Btp, che da inizio anno sono raddoppiati. Il 21 aprile è iniziata una forte accelerazione: il tasso dei Btp era allo 0,75%, nel giro di dieci giorni ha raggiunto lo 0,90%, e in altri dieci giorni ha superato l’1%, livello che non vedeva da settembre 2020. Oggi i tassi di Italia e Grecia sono molto lontani da quelli delle altre nazioni della zona euro. I rendimenti dei titoli di Spagna e Portogallo sono entrambi a ridosso dello 0,60%, quelli della Francia sono sotto lo 0,30%, mentre la Germania continua a pagare tassi negativi (0,13%). Lo spread tra i Btp e i Bund è salito di circa 30 punti in tre mesi, ora siamo quasi a quota 120.
Non c’è nessun “allarme Italia”. I tassi delle obbligazioni stanno aumen- tando un po’ dovunque, perché gli investitori si aspettano un’accelerazione dell’inflazione. Titoli “sicuri” come le obbligazioni hanno nell’indice dei prezzi del consumo un parametro fondamentale su cui basarsi: chi compra un bond spera almeno di non perderci rispetto alla svalutazione del denaro prodotta dall’inflazione. I prezzi stanno salendo. Ad aprile l’inflazione americana è balzata a un impressionante 4,2%, tanto che la vice presidente della Federal Reserve, Rita Clarida, ha ammesso di essere rimasta «sorpresa» da questo dato. Anche nell’area euro c’è un’accelerazione, anche se più modesta: la rilevazione di aprile dell’Eurostat ha indicato un’inflazione dell’1,6%. Esiste il rischio di una
fiammata dei prezzi spinta dall’enorme quantità di denaro messa in circolazione dalle banche centrali per contrastare prima la crisi economica “normale” e poi quella provocata dalla pandemia provochi una. Nella sua ultima riunione il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha concordato che a giugno farà una «valutazione approfondita delle condizioni di finanziamento e delle prospettive di inflazione».
Se l’inflazione fa salire i rendimenti di tutti i titoli, sono i grandi debitori quelli che soffrono di più questa situazione. E l’Italia ha un enorme debito pubblico: a marzo, ha comunicato ieri la Banca d’Italia, il debito delle pubbliche amministrazione è salito di altri 6,9 miliardi per raggiungere quota 2.650,9 miliardi di euro (nuovo massimo storico). Da qui a fine anno il Tesoro deve rifinanziare circa 143 miliardi di euro di titoli a medio-lungo termine che vanno in scadenza e probabilmente finirà per farlo con tassi superiori a quelli degli ultimi tempi. A marzo il tasso medio ponderato delle nuove emissioni era sceso addirittura allo 0,11%, ma le ultime aste hanno mostrato un sensibile aumento. Per piazzare 1,75 miliardi di Btp a 30 anni giovedì il Tesoro ha dovuto pagare un tasso del 2,06%, 60 centesimi in più rispetto all’1,47% pagato con l’analoga asta dello scorso gennaio. Su 30 anni sono rincari che pesano.