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 2021  maggio 15 Sabato calendario

Intervista a Matilda De Angelis

Forte dei suoi 25 anni, Matilda De Angelis si è fatta senza batter ciglio il tragitto in auto Trieste-Roma-Trieste per andare alla cerimonia dei David di Donatello, dove lei e il suo compagno di viaggio, Pietro Castellitto, 29 anni, sono stati premiati entrambi: migliore non protagonista perL’incredibile storia dell’Isola delle Rose e migliore esordiente con I predatori . «Stiamo girando un film insieme e così siamo partiti il giorno prima, arrivati a Roma alle 4 del mattino, "ciao Pie’, ciao Ma’", e ci siamo rivisti alla cerimonia», racconta Matilda dal set del film Netflix Robbing Mussolini .
Com’è stato il ritorno?
«Un lunghissimo viaggio fino a Trieste, con un tratto di autostrada chiuso: ci abbiamo messo centomila anni. Dopo la cerimonia non c’è stato modo di fare nulla a causa del Covid, eravamo tornati mesti alle case. Avevamo voglia di festeggiare: all’arrivo a Trieste abbiamo cenato e festeggiato con i colleghi. Il set è tosto, ancora tre settimane, con molta azione, riprese notturne e poche parole».
Lei e Castellitto siete il simbolo di una nuova generazione del cinema.
«Mi è piaciuto I predatori . Mi piace tutto di Pietro. È una persona libera, ha un’intelligenza fuori dal comune e una bellissima timidezza che lo rende un amico perfetto. In questo film interpreto la sua fidanzata. Lui corre, spara, salta tra le esplosioni. Io ho una parte più strategica e mentale. Alla fine della Seconda guerra mondiale, una banda di pazzi decide di rubare tutto l’oro di Mussolini, il famoso tesoro che avrebbe portato in Svizzera prima della fine della guerra».
Una produzione grande.
«Stiamo cercando di fare un kolossal oggi è anche complicato perché ormai siamo disabituati e disincantanti verso questo genere, americani, giapponesi, coreani, cinesi lo fanno all’ordine del giorno, è bello poter tornare a farlo in Italia, una volta eravamo i maestri del genere. Netflix ci sta investendo tanto e noi ce la mettiamo tutta».
Sul palco dei David è sbottata: "Ma siete pazzi?". Non le è bastata la reazione — divisiva — al monologo a Propaganda live o la battuta su Leonardo e la "rottura di palle" a Domenica in?
«Non so fare altrimenti. Sono sempre sfortunatamente, estremamente me stessa. E perciò vengo colpita più duramente. Se hai una personalità forte dividi sempre gli animi, tra chi è affascinato o infastidito. Fin da piccola è stato così. Vado sul palco di Propaganda a dire ciò che penso, consapevole che il giorno dopo mi massacreranno gli haters. Se vinci un David non puoi essere artificiale: mi esplodeva il cuore, mi tremavano le gambe. E se dovessi vincere 50 volte l’emozione sarà la stessa. Come è successo a Sophia Loren, che è stata meravigliosa. In realtà avevo anche paura di vincere, perché ho 25 anni e poi la gente si aspetta delle cose da me, invece ogni giorno arrivo sul set pensando di far schifo».
La prima persona che ha chiamato riacceso il cellulare?
«Mamma, con sotto le urla di casa, come fosse la finale dei Mondiali. Mamma è una strega, due mesi fa diceva che avrei vinto, per Veloce come il vento invece no».
Com’era la Matilda ai David di cinque anni fa?
«Confusa. Con mamma facemmo subito una figuraccia scambiandoci di posto. Gli operatori s’arrabbiarono "così inquadriamo tua madre al posto tuo". Lei, i capelli fucsia, era seduta dietro Matteo Rovere, inquadrata di continuo con le sue smorfie e i "vai a quel paese". Più spontanea di così...».
Il momento più emozionante?
«Emma Torre sul palco. Sembrava una donna di mille anni e allo stesso tempo era una bambina che parlava del papà, Mattia, che non c’è più. A fine cerimonia mi ha chiesto una foto. Le ho detto che la fan sono io».
A distanza di mesi come archivia l’esperienza di Sanremo?
«L’ho un po’ rimossa. È stata troppo. Un’esperienza nazional popolare enorme, non ero pronta, ero abituata nella mia nicchia comoda. Lo choc sono quelli che ti fermano per strada, i paparazzi sotto casa: mi sono spaventata. A freddo so che mi ha dato l’opportunità di mostrare un altro lato di me. Imparo in fretta, se ricapiterà sarò più consapevole».
Solo quest’anno il David, la fiction su Leonardo, "The undoing" con Nicole Kidman. E poi "Il materiale emotivo" di Sergio Castellitto e "Di là dal fiume e tra gli alberi"con Liev Schreiber. Sei anni fa era shooting star alla Berlinale.
«Mi sento esattamente come allora, solo più matura. Pietro mi dice che è come se avessi 16 anni, "ti posso immaginare ieri al liceo", ed è così. A scuola ero come oggi, qualche docente non apprezzava e a volte l’ho pagata. Con amici e affetti invece no, se non quando lo meritavo».
Che rapporto ha con suo fratello attore, Tobia?
«È più piccolo, si sta formando, studia sceneggiatura. Invidio la sua sensibilità. È la mia nemesi. Ci unisce la matrice di bontà di fondo. È l’unico che manda messaggi per cui piango, fa breccia nel cuore, mi distrugge».
Ha iniziato a cantare a sei anni. Quanto conta la musica?
«Tanto. In Robbing Mussolini sono una cantante di nightclub anni 50, canto due pezzi in presa diretta. Quando nei miei ruoli, senza forzature, c’è la musica, sono felice. Dopo Sanremo e il video di Poetica di Cesare Cremonini mi hanno cercato. Ma non è facile fermarsi e per un disco ci vogliono tempo e dedizione. Non è ancora il momento, ma so che arriverà».