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 2021  maggio 14 Venerdì calendario

Periscopio

Un guazzabuglio. Così il Manzoni chiamò il nostro cuore. Davide Rondoni. QN.
Oggi voto Pd. Vorrei votare per Renzi, che è l’unico fuoriclasse comparso sulla scena del centrosinistra, il suo partito però è inesistente. Giampiero Mughini, scrittore (Concetto Vecchio). la Repubblica.
Senza il virus Trump sarebbe stato rieletto. Ora al suo posto c’è Biden. I suoi primi cento giorni sono scaduti il 30 aprirle scorso. Prima sorpresa: la popolarità di Biden è al 52 per cento ed è la più bassa da Ford in poi. Solo Trump era messo peggio, 45 per cento, ma aveva contro quasi tutti i media e il Russiagate risoltosi poi in una bolla d’aria. Cesare de Carlo. QN.
Tra due anni io e Linus faremo le nozze d’argento. Fuori dalla radio, però, non ci frequentiamo. Il segreto della longevità dei gruppi è dormire in letti separati. Nicola Savino, deejay con Linus (Elvira Serra). Corsera.
Chiedo a Forattini: «Come fai tu romano a vivere nell’uggiosa Milano da trent’anni?». «Mi piace moltissimo, mentre a Roma, dopo la scomparsa di mio figlio Fabio, soffro troppo. Milano ha due atout: è la città dove ho conosciuto Ilaria, fiorentina ma milanesizzata, ed è piatta, ideale per chi, come me, cammina molto». Giorgio Forattini, vignettista politico (Giancarlo Perna). Libero.
Perché i verbali del caso Ungheria, di cui tutti parlano e che stanno circolando nelle redazioni, non sono stati ancora pubblicati almeno in parte dalla stampa? Perché una volta tanto la stampa ha osservato la legge, che ne vieta la pubblicazione, a maggior ragione quando la loro provenienza è così ambigua. Purtroppo, però, questo principio non è mai stato rispettato, e quindi c’è il ragionevole sospetto che questa cautela di chi ne è possesso non sia dovuta tanto al rispetto della legge, quanto a considerazioni di opportunità. Qui ognuno può trarne le conclusioni che crede, e tutte sono verosimili. Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
ll meccanismo immaginato dal governo per realizzare il Pnnr avrà due poli di riferimento: il ministero dell’economia (attualmente a direzione tecnica e di altissimo livello) e Palazzo Chigi. Tra di essi opereranno (per ora e finché questo gabinetto continuerà a esistere – alcuni elementi di grande qualità come Roberto Cingolani (ambiente), Vittorio Colao (innovazione), Daniele Franco (economia), Giancarlo Giorgetti (sviluppo), Enrico Giovannini (infrastrutture). A essi – e ai parlamentari tutti – è affidato il destino del Paese. Domenico Cacopardo. ItaliaOggi.
Mussolini e il fascismo non mi piacevano; specialmente da quando l’Italia entrò in guerra. Dicevo ai miei compagni di scuola che l’avremmo perduta, e per questo un dirigente fascista di Sassuolo si lamentò con mio padre Francesco, che era favorevole al regime. Mio padre mi raccomandò di essere più prudente, ma non mi rimproverò. Aveva anche lui i suoi dubbi, aiutò gli ebrei che conosceva a mettersi in salvo dalle leggi razziali. Camillo Ruini, cardinale (Aldo Cazzullo). Corsera.
I Buonaparte vantavano nobili origini toscane, anche se si erano trasferiti in Corsica, allora genovese, già nel 1567. Napoleone volle cambiare il cognome in Bonaparte e confessò: «Io sono italiano o toscano, piuttosto che còrso». Raccontava di essere italiano, ma dell’Italia diceva il peggio: peste e corna. Napoleone badava al sodo, a quello che poteva tornargli utile. La familiarità linguistica (in Corsica l’italiano era lingua ufficiale) gli rendeva congeniale l’Italia e probabilmente è vero che ci metteva piede con piacere, dato che vi si era affermato come militare e politico. Cesare Lanza. Alle 5 della sera.
«Cosa succederà?», chiede qualcuno in Giorni Maledetti d’Ivan Bunin, Nobel per la letteratura nel 1933, borghese reo confesso, una vita da profugo in Occidente, mai nessuna compiacenza letteraria per il terrore e per i terroristi. Be’, succederà «quel che deve succedere: hanno liberato i criminali dalle prigioni ed ecco che sono loro a governarci adesso. Gli antichi romani solevano marchiare i volti dei prigionieri con le parole “Cave furem” [attenti al ladro]. Ma queste facce non hanno bisogno d’alcun marchio, parlano da sole». Diego Gabutti. Informazione Corretta.
Il frastuono della guerra giungeva in Svizzera attutito, e ne sentivo solo il lontano rimbombo; vivevo, senza redermene conto, in una sorta di limbo. Un limbo coi treni veloci, i primi telefoni con la teleselezione, un’ oasi di pace mentre intorno tutto stava crollando. Giulio Einaudi, Frammenti di memoria. Rizzoli, 1988.
La Divina commedia, il più alto poema di tutti i tempi e luoghi, diffonde una violenza ideologica che ha ben pochi riscontri in letteratura. Dante infatti non si limita a condannare i nemici della sua parte o della sua patria, li danna per l’eternità. Quel genio, grandissimo anche come carogna e presuntuoso toscano, si sostituisce a Dio. Guglielmo Zucconi, La scommessa. Rizzoli, 1993.
Era escluso che 1.154 uomini potessero gravare sulle risorse già precarie di Asiago, una minuscola cittadina: venne indetto un referendum generale e deciso lo scioglimento, con libertà di azione. La piccola bandiera che aveva sventolato ad Alamein venne affidata al maresciallo dei carabinieri Francesco Molinas, che non lasciava il suo posto per nobile coscienza di responsabilità. Egli nascose il vessillo con lo stemma sabaudo. Fu distribuito il poco denaro: gli abitanti provvidero abiti borghesi per tutti, mentre il Comune elargiva a piene mani carte di identità e tessere annonarie. Di tedeschi, neanche l’ombra. Paolo Caccia Dominioni, Alpino alla macchia”1943-45”. Cavallotti editori, 1977.
In un film facevano vedere due cervi (maschi) che si battevano per una femmina. Intrecciavano le corna e si dimenavano qua e là finché uno dei due non cadeva morto. Anche il superstite era mezzo morto. Per tutto il tempo, la femmina continuava a brucare l’erba come se la cosa non la interessasse minimamente. Io era bambina… frequentavo il secondo anno delle medie. Pensai allora, se Dio può immettere tanta violenza in bestie innocenti, non c’è speranza. Nei campi di concentramento, ricordavo spesso quel film. Mi faceva odiare Dio. Isaac B. Singer, Nemici – Una storia d’amore. Longanesi, 1972.
Il Mangia è un giovanotto grasso ma tarchiato con i capelli tagliati a spazzola, che rutta con un’abilità bestiale, a comando, quando vuole, come se ci avesse un pulsante sull’ombelico. Basta che lo schiacci che viene fuori uno di quei rumori! Incredibile. Umberto Simonetta, Lo sbarbato. Bompiani, 1961.
Chi serve troppi padroni li tradirà tutti. Roberto Gervaso