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 2021  maggio 13 Giovedì calendario

L’imprevista fortuna dei Baciccia Beans

Tutto comincia con un omicidio. Mai risolto. È il 3 ottobre 1906. Michele Trucco sta tornando da Genova verso casa, nell’immediato entroterra della Valbisagno. Ha comprato una forma di gorgonzola e tre limoni. È una sera fredda, nebbiosa. Il calesse si muove lentamente in salita. Intorno, solo boschi. La moglie, Teresa Avansino, sta aspettando Michele per cena. Quando sente il rumore degli zoccoli si affaccia sull’uscio. C’è il calesse, c’è il cavallo, ma il marito non c’è. Urla il suo nome. Silenzio. Lei e il figlio, Giovanni Battista, 14 anni, preoccupati, accendono le lanterne e s’incamminano, a ritroso, sul percorso fatto dal capofamiglia. Trovano Michele qualche chilometro dopo. Morto. Ucciso con un colpo di rivoltella alla nuca.
Chi l’ha ammazzato? La ricerca della risposta ha tormentato per tutta la vita Giovanni Battista. Spingendolo a seguire una improbabile traccia negli Stati Uniti. Prima dalle parti di Chicago. Poi a Stockton, cittadina agricola della California, una enclave di famiglie liguri emigrate in cerca di fortuna. E lì, a Stockton, il figlio-detective è rimasto a vivere fino all’ultimo dei suoi giorni senza mai essere riuscito a dare un volto all’assassino del padre.
Salto nel tempo. Siamo al 1986. Sergio Rossi, nipote di Giovanni Battista, prende l’aereo per fare visita allo zio d’America. All’arrivo, baci, abbracci, auguri, ricordi. E, verso l’ora di cena, un salto nell’orto alla genovese per raccogliere qualcosa di buono, a partire, ovviamente, dal basilico. «Lo zio – racconta Rossi, cultore delle tradizioni gastronomiche liguri – mi mostra dei fagioli. “Questi sono i Baciccia Beans, li conosci?”. Non li avevo mai sentiti nominare. A me erano sconosciuti…». Un tempo, ogni Giovanni Battista di Genova e dintorni, veniva soprannominato Baciccia. Erano tanti a portare il nome del santo patrono della città. Così tanti che in quelle terre dove emigravano, gli abitanti del posto erano soliti chiamare genericamente i genovesi proprio così: Baciccia. E tra le migliaia di Baciccia sbarcati dalle navi a vapore nei primi del Novecento, uno aveva deciso di mettere radici in un piccolo paese montano sulla Sierra, nella zona di Columbia (California). Dalla Liguria si era portato anche un pugno di fagioli. Quei fagioli. Che quando nascono sono piatti e carnosi, saporiti, da mangiare con la buccia. Lui coltivava e tutta la comunità apprezzava quella varietà nuova arrivata da lontano. Ed è da lì che i semi di Baciccia hanno cominciato a diffondersi fino ad arrivare al Lockhart Seeds Inc., rinomato e storico negozio di granaglie di Stockton.
Altro salto nel tempo: siamo nel 2021. Un signore che vive a Davis, vicino a Sacramento, cerca semi di Baciccia Beans. Si chiama Bob Traverso. Il cognome certifica le origini liguri. Traverso contatta una cooperativa genovese: «Potete inviarmi, per favore, la semenza dei Baciccia Beans?». Stupore. E curiosità. Nessuno, infatti, ha mai sentito nominare quei fagioli. Così tutti si mobilitano. E la notizia dell’esistenza dei Baciccia Beans «come una freccia dall’arco scocca e vola veloce di bocca in bocca» (Fabrizio De André). Fino a raggiungere Sergio Rossi. Che da quel viaggio era tornato con i semi dello zio Giovanni Battista: «Me ne ero fatto dare un sacchettino. E li coltivo regolarmente da trent’anni nel mio orto di Montoggio, dove vivo – spiega —. Forse solo adesso ne capisco l’effettivo valore. E non voglio più che vada disperso. Per questo ho affidato una parte del mio piccolo raccolto all’Istituto Agrario Marsano, affinché possa moltiplicare le semenze attraverso una coltivazione condotta con perizia. L’idea è riportare finalmente i Baciccia Beans, cent’anni dopo, sui mercati della nostra amata terra. Che storia, vero?». Sì, davvero una gran storia. A lieto fine. E a imperitura memoria di tutti i Baciccia sparsi per il mondo.