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 2021  maggio 13 Giovedì calendario

Biografia di Elisabetta Belloni

Francesca Sforza, La Stampa
Se è la prima volta che i servizi avranno una donna come capo, non è la prima volta, per quella donna, arrivare prima. Elisabetta Belloni, classe 1958, nominata ieri alla direzione generale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, ha alle spalle una storia di comando all’interno della Farnesina, che nell’ultima puntata l’ha vista nel ruolo di Segretario Generale, ma che è stata costruita con pazienza anche nelle puntate precedenti, da quando fu la prima donna a essere ammessa all’Istituto Massimo di Roma, lo stesso frequentato da Mario Draghi.Segretario o Segretaria? Direttore o direttrice? Alla Farnesina il dibattito sugli asterischi non è mai entrato, perché alla fine, per farsi capire, si parlava sempre di “Lei": «Lo ha detto Lei», «A Lei non piace», «Lei è d’accordo», «Bisogna chiederlo a Lei». Inizia la sua carriera all’estero alla rappresentanza di Vienna, ma è il ritorno a Roma, nella Direzione nevralgica degli Affari Politici, a farle capire che la sua storia sarebbe stata lì, dove le cose si decidevano, dove il potere si mostrava nelle sue molte e differenti sfaccettature. «Ha fatto poco estero», dicono i suoi critici. Ma molta Roma: ha attraversato indenne il governo Berlusconi, quello Monti, quello di Letta e Renzi, quello Conte e ora Draghi, a cui la lega un’amicizia di scuola, di appartenenza, di conoscenze comuni, dai gesuiti alla Luiss, dove si è laureata, ha tenuto corsi, ha fatto parte insieme a Paola Severino del Consiglio direttivo e non manca, ancora oggi, a una riunione degli ex alunni.Il suo ingresso nella rosa dei nomi che non si possono ignorare è datato 2004, quando diventa capo dell’Unità di Crisi – prima donna, ancora – e si trova a gestire due situazioni complesse come il rapimento dell’inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo e la tragedia dello tsunami, con italiani intrappolati nei paradisi thailandesi e bisognosi di ogni tipo di assistenza. Le dirette televisive mostrano al Paese il volto di questa donna ferma e minuta, sempre piuttosto elegante, che dava la sensazione di avere la situazione in mano, non una parola di meno, non una di troppo.Misura, strategia, capacità di calcolo e profonda conoscenza dei meccanismi istituzionali: Elisabetta Belloni è il ritratto del grand commis d’etat, senza cedimenti “all’in quanto donna”. Si è convertita alle quote rosa con il tempo: inizialmente era convinta – come spesso accade alle donne brave e sostenute dalle circostanze – che fosse solo una questione di merito. Col tempo si è resa conto dell’importanza di “fare rete”, e sotto la sua reggenza – è stata segretario generale alla Farnesina per cinque anni, un tempo lungo rispetto al passato – gli incarichi di rilievo alle diplomatiche si sono moltiplicati.Sposata con un uomo di oltre vent’anni più grande di lei – anche lui diplomatico – e rimasta vedova da qualche anno, una casa nella campagna toscana dove trascorre il (poco) tempo libero dagli impegni di lavoro, Elisabetta Belloni ha costruito nel tempo una rete di contatti – dentro e fuori la Farnesina – che costituisce il suo asset fondamentale. Non è un caso che il suo nome, negli ultimi giri di nomine, sia stato in più occasioni evocato per posti di rilievo, da ministro degli Esteri fino a presidente del Consiglio. Poi la mano è sempre passata ad altri, ma Elisabetta Belloni non ha mai coltivato il culto della sconfitta. Casomai il contrario: a ogni giro di nomine riprendeva il suo lavoro a testa bassa, senza dichiarazioni improvvide, senza pencolamenti. I suoi critici le rimproverano da sempre un eccesso di tatticismo, una tendenza al compromesso mirante più a non scontentare che a promuovere, più a mantenere che a innovare. Ma difficile – anche per chi la critica – non riconoscerle una profonda sapienza nel gestire equilibri, e di fronte alle difficoltà, una salda capacità di gestione.Amata da molti, tollerata da altri, Belloni esce dalla Farnesina col passo sicuro di chi sa di aver fatto molto: «Con la sua nomina al Dis – ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio – arriva un importante riconoscimento per tutto il corpo diplomatico».

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Marco Galluzzo, Corriere della Sera
Adora camminare, quando ancora Roma dorme. Esce di casa alle prime luci dell’alba, tuta e scarpe da ginnastica, impiega un’ora per arrivare alla Farnesina. Ogni giorno, che sia sole o pioggia cambia poco. Alle sette e mezza si è già fatta una doccia ed è alla sua scrivania.
Anche le abitudini descrivono un carattere ed Elisabetta Belloni, romana, 62 anni, si è fatta strada in un mondo di uomini: prima donna a guidare l’Unità di crisi, prima donna a dirigere la Cooperazione allo Sviluppo, prima donna capo di Gabinetto di un ministro degli Esteri, soprattutto prima donna a dirigere tutta la macchina della Farnesina, 300 sedi all’estero, una delle amministrazioni più articolate dello Stato, con il cuore al di fuori dei confini nazionali.
Autorevole ma non autoritaria, una capacità eccezionale di relazioni esterne, intese come tali ma anche umane, nel mondo diplomatico, economico, istituzionale, compreso quello dei Servizi, con cui ha lavorato fianco a fianco quando dirigeva l’Unità di crisi.
Non si stacca mai dal suo cellulare, ma stacca veramente quando nel weekend si gode la sua casa nella campagna aretina, insieme ai suoi adorati tre pastori e alla gioie di un orto che ama curare con le sue mani.
È esigente con sé stessa, prima che con gli altri: a capo dei servizi segreti sarà per la Belloni l’ennesima prima volta, ancora una volta in un mondo di uomini, che è abituata a coordinare. Sarà forse più ferrata nell’attività di intelligence che riguarda l’estero piuttosto che la minaccia interna, ma non è un marziano catapultato a piazza Dante, è piuttosto il coronamento di una carriera che l’ha vista diverse volte candidata, con un profilo tecnico, anche per cariche politiche: da ministra degli Esteri a presidente del Consiglio.
Nei suoi cinque anni a capo della struttura della Farnesina Belloni ha maturato relazioni con tutti i suoi omologhi dei Paesi alleati, ma non solo: puoi chiamarla al cellulare e ascoltare una segreteria agganciata alla rete telefonica di un Paese arabo o africano.
Dal 21 gennaio scorso negli Stati Uniti per la prima volta una donna, Avril Haines, è a capo della Intelligence Community, entità federativa che racchiude 17 agenzie e organizzazioni di spionaggio. L’equivalente, con dimensioni ovviamente diverse, del nostro Dis. Una coincidenza. Anche i rapporti fra Belloni e Washington sono ottimi e costanti.