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 2021  maggio 13 Giovedì calendario

Il bestiario nazista

Certo che il regime ha fatto anche cose buone: per gli orsi. Come amano i nazisti gli animali nessuno mai: davvero bestiali. “Noi tedeschi siamo gli unici al mondo ad avere un atteggiamento decente verso gli animali… questi animali umani”, così si vanta Heinrich Himmler nel 1943. E ha ragione: gli esseri umani, non più considerati tali, possono pure finire nei forni, ma gli orsetti no, per carità.
Bestiario nazista – il primo esaustivo saggio sugli “animali nel Terzo Reich” di Jan Mohnhaupt – si apre con questa scena: orsi che giocano allegramente nel giardino zoologico di Buchenwald, un’oasi naturale per bestie selvatiche a dieci passi dai forni crematori del lager. Dove i nazisti si dotano anche di una “falconiera delle Ss” e recinti per lupi, cervi e cinghiali. Questi zoo curatissimi servono da area ricreativa per gli aguzzini che lavorano nel campo: un po’ di relax tra uno sterminio e l’altro, magari con i figli e le mogli, è necessario ai nervi. A Buchenwald si possono ammirare rinoceronti, scimmie e volatili, mentre a Treblinka sono ospitate gabbie per volpi e piccionaie. Che svago, che pace. A fare da guardiani agli animali sono i deportati, soprattutto sinti e rom perché ottimi addomesticatori; chi sgarra, invece, viene dato direttamente in pasto agli orsetti. Gli ultimi e unici a ricevere il cibo nel 1944, mentre nel lager si muore anche di fame.
Sensibili animalisti, i gerarchi hanno bisogno di scaricare lo stress da lavoro – deportare, torturare, ammazzare esseri umani – con bestiole da compagnia: ottimi i cavalli, simbolo di forza e spirito di sacrificio, ovunque venerati. Il Führer si circonda di sculture equine, ma evita accuratamente di incontrarli perché li teme o ritiene stupidi. Come stupida sarà la morte di molti di questi quadrupedi, mandati al macello in guerra, abbandonati, uccisi dal nemico e infine buoni per sfamare i soldati quando tutto è perduto: la fame viene prima dell’animalismo.
Il culto per gli animali infiamma sin i vertici del partito nazionalsocialista: Hitler ha, in vita, oltre tredici cani “ufficiali”, cui dà spesso lo stesso nome (Blondi e Wolf, su tutti). Tiene alla purezza del pedigree: ama in primis i pastori tedeschi, ma detesta i bulldog e i boxer (esclusi dai lager perché troppo disobbedienti come aiutanti delle guardie), respinge bassotti e barboncini perché svegli e indipendenti e mal sopporta gli “scopini” di Eva Braun, due scottish terrier. “Da quando conosco gli uomini, amo i cani”: è il motto di Adolf. Che adora anche i lupi, registrandosi in albergo come Herr Wolf, Mister Wolf, Signor Lupo.
Il regime venera i predatori aggressivi; tuttavia Hitler – vegano convinto e radicale per ragioni etiche e salutistiche: oggi sarebbe un crudista o un fruttariano – odia la caccia e i cacciatori “massoni verdi”, a dispetto del suo vice Hermann Göring, “guardiacaccia del Reich”. Pistolero professionista, il gerarca colleziona trofei, cervi soprattutto, e alleva cuccioli di leone. Anche Mussolini si fa fotografare con lui e il felino, mentre il segretario fuori casa grida: “Non suonate! Il leone s’innervosisce!”.
I nazisti sono i primi a promulgare una legge di protezione degli animali all’avanguardia in tutto il mondo: le Ss minacciano addirittura di mandare i “vivisezionisti in campo di concentramento; cosa che rappresenta, tra l’altro, uno dei primi riferimenti ufficiali ai lager”. Sono pionieri anche dell’ambientalismo con tecniche di riciclaggio del cibo ante litteram per sostenere l’industria del maiale. Intanto, stanziano i primi provvedimenti antisemiti, proibendo prima la macellazione kosher perché “aperta, brutale e crudele”, poi il possesso di animali domestici ai soli ebrei. Tra questi, il più temuto e odiato è il gatto, “bestia ebraica, perfida, indomabile e asociale”.
La tutela degli animali e l’ideologia nazista sono intimamente legate; il filo rosso è la selezione della razza: esistono animali umani e umani declassati a parassiti, dai pidocchi alle dorifere, dalle cavallette alle cimici, dai bacilli ai fuchi… Del regno degli insetti e altri piccoletti si salva solo il baco da seta, indispensabile per la produzione di paracaduti della Wehrmacht. Nel nazi-animalismo etologi e zoologi hanno un ruolo e un peso fondamentali: sono intellettuali influentissimi, con la loro visione e divisione del mondo in razze e specie utili (?) e non, evolute (?) e non, pure (?) e non… Al popolo sano – scrive il nazistissimo Konrad Lorenz, futuro Nobel – serve “un’eliminazione rigorosa dei soggetti etologicamente inferiori”. Gli fa eco Himmler: “L’antisemitismo è come lo spiddochiamento. Non è una questione filosofica, è una questione di igiene”. La banalità del male? Chiedere al veterinario.