ItaliaOggi, 13 maggio 2021
I Maori alla guerra del miele
Può addolcire la giornata e lenire i fastidi di qualche malanno stagionale, ma il miele di Manuka sta ora rendendo piuttosto amare le relazioni tra Nuova Zelanda e Australia. La volontà di creare un marchio registrato con la parola «manuka», la pianta da cui si ricava il dolce alimento, considerato un vero superfood per le sue proprietà salutistiche e antimicrobiche, da parte dei produttori neozelandesi, sta mettendo in apprensione i colleghi australiani, tant’è che gli apicoltori del continente temono di non poter più commercializzare i loro prodotti con quel termine tanto conosciuto dagli appassionati di tutto il mondo, con gravi conseguenze economiche per il loro business e per tutta la filiera alle loro spalle. Questo miele, infatti, è venduto a prezzi stellari: oltre duecento euro al chilo, a seconda della qualità.
L’Ufficio per la proprietà intellettuale della Nuova Zelanda, come riportano i media australiani che stanno seguendo da vicino questa delicata partita, dovrebbe prendere in considerazione una richiesta da parte della Manuka Honey Appellation Society, che rappresenta un gruppo di produttori neozelandesi, per creare un marchio registrato sulla parola «manuka». L’Australian Manuka Honey Association si oppone alla domanda, ma lo scontro non è limitato solo ai privati: in difesa dell’oro giallo dei Maori, infatti, c’è anche il governo della Nuova Zelanda, che starebbe tentando di impedire agli apicoltori australiani di commercializzare il loro miele come «manuka».
The Sydney Morning Herald ha riportato come Wellington abbia messo sul piatto circa 3,5 milioni di euro per un progetto di tutela e valorizzazione di questo pregiato miele, di cui un milione di euro per sostenere la controversia legale. «Il progetto è garantire che il termine Miele di Manuka sia protetto in tutto il mondo per i produttori neozelandesi, come termine che identifica il Miele di Manuka della Nuova Zelanda», ha scritto il governo nella descrizione del progetto. Se un prodotto si chiama così, allora il luogo in cui viene prodotto, estratto e confezionato deve essere la Nuova Zelanda.
La richiesta di avere un marchio registrato poggia soprattutto su due fattori: il nome manuka è di un arbusto originario della Nuova Zelanda e deriva dalla lingua maori. Due elementi che potrebbero quindi indicare una particolare origine geografica. La Manuka Honey Appellation Society sostiene che la parola «manuka» sia una proprietà culturale dei Maori e che l’industria australiana se ne stia appropriando indebitamente.
Accuse che, dal fronte di Canberra, vengono spedite al mittente. Paul Callander, presidente dell’Australia Manuka Honey Association, ha dichiarato: «È inaudito che un governo sovrano sostenga finanziariamente un’azione di un marchio privato, come sta facendo la Nuova Zelanda nel caso del Miele di Manuka. La controversia si sta quindi spostando dal privato al pubblico, riteniamo che davanti a queste circostanze anche il governo australiano sia coinvolto».
Il miele rischia così di diventare un affare di Stato e di dover schierare la diplomazia per risolvere questa controversia, che impatta su un business che, secondo le previsioni degli analisti, dovrebbe superare abbondantemente il miliardo di euro entro il 2027.