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 2021  maggio 12 Mercoledì calendario

Quando Audisio scaricò Mussolini

In origine si chiamava Rondò di Loreto, e in effetti tale è rimasto anche quando l’hanno ribattezzato Piazzale. Un rondò, non certo una piazza, nel senso di un luogo sociale. Uno svincolo, più che altro, per il traffico automobilistico che veniva giù da Sesto San Giovanni e dalla Brianza, lungo viale Monza e via Padova. Un posto dal quale le persone appiedate erano escluse, senza poterlo attraversare ma solo circumnavigare ai margini. Una enorme aiuola centrale sopraelevata, con le cupole della stazione della metropolitana. Ora il progetto punta a riportare in vita Piazzale Loreto. Che è insieme una specie di non-luogo, architettonicamente insensato e vuoto, e invece un concentrato formidabile di memorie.
Non c’è più (l’hanno abbattuto nel 1948) il distributore Esso dove la sera del 28 aprile 1945 un camion di partigiani guidati da Aldo Lampredi e Walter Audisio scaricò i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci, fucilati a Giulino di Mezzegra lo stesso giorno, e di quindici gerarchi fascisti giustiziati a Dongo (a loro si aggiunse Achille Starace, sorpreso e fucilato a Milano). La folla si accanì su quei cadaveri, con calci e sputi e qualche revolverata, tanto che i partigiani e i vigili del fuoco presenti decisero di appenderli a una trave del distributore. A testa in giù, per sfregio, e perché quello era un modo feroce ma visibile per disfarsi del fascismo. Una donna chiuse con una spilla da balia la gonna della Petacci.
Li portarono lì perché a pochi metri, sull’angolo di via Andrea Doria, s’era consumata la strage del 10 agosto ‘44. Quando quindici partigiani e antifascisti prelevati dal carcere di San Vittore vennero fucilati dai fascisti della Legione Muti. Una rappresaglia ordinata da Theodor Saevecke, capitano delle SS, dopo che l’8 agosto un attentato aveva fatto saltare in aria un camion della Wehrmacht in viale Abruzzi.
Rappresaglia sanguinosa e perfino insensata per le norme naziste, visto che nessun tedesco era morto nell’attentato. La strage del 10 agosto non è mai stata dimenticata, un monumento dello scultore Giannino Castiglioni la ricorda proprio lì.
E non è stata dimenticata da chi vide lo scempio. Come Camilla Cederna: «Formavano un gruppo tragicamente disordinato, per via del sangue, delle pose scomposte, dell’essere in una piazza quasi a contatto coi passanti. Uno addosso all’altro, pieni di mosche, sotto un sole tremendo, chi con le braccia aperte, chi rannicchiato». O come il poeta Franco Loi, bambino, che abitava lì vicino in via Casoretto: «Quando arrivai a vederli fu come una vertigine scarpe, mani, braccia, calze sporche...ai miei occhi di bambino era una cosa inaudita: uomini gettati sul marciapiede come spazzatura e altri uomini, giovani vestiti di nero, che sembravano fare la guardia armati». I fascisti della Muti tennero lì i corpi dal mattino presto fino a sera. Il progetto per il nuovo Piazzale Loreto non ha nulla a che fare con questo concentrato di memorie, verosimilmente. L’Anpi e gli antifascisti continueranno a celebrare il ricordo del 10 agosto.Qualche fascista, come gli ultras della Lazio due anni fa, quello del Duce. Le grandi manifestazioni sindacali che qui si radunavano, con gli operai di Sesto, anche quelle sono un ricordo.