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 2021  maggio 12 Mercoledì calendario

Si può scegliere il cognome materno. In Cile

Dall’America Latina arriva una piccola lezione di stile e di modernità. È entrata in vigore domenica, in Cile, una legge che permette di privilegiare il cognome della madre sia al momento della nascita, previo accordo dei genitori o in casi di violenza, sia per scelta dei figli stessi al compimento dei 18 anni. 
L’ordinamento dello stato civile dei Paesi di cultura spagnola, in realtà, è da sempre più avanzato di quello italiano perché prevede la buona regola del doppio cognome. Ovvero, sul registro anagrafico – e a seguire, nel tempo, su carta d’identità e biglietti da visita – il nome di battesimo del neonato è accompagnato da entrambi gli «apellidos» dei genitori. Per tradizione, prima viene comunque il padre e poi la madre. Almeno in Cile, ora l’ordine si può invertire. Una «rivoluzione culturale per rendere giustizia al ruolo egualitario di padri e madri nei confronti dei propri figli», spiega un comunicato del governo. Il Congresso di Santiago che ha impiegato ben 16 anni per elaborare e approvare la norma, ma almeno è arrivato al traguardo. In Italia, aspettiamo ancora.
L’articolo 262 del nostro Codice Civile impone infatti che ai figli alla nascita venga dato il cognome del padre. Punto. Solo se «la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre». In seguito, è stata ammessa la possibilità del doppio cognome ma sempre con la precedenza di quello paterno. 
Quisquilie? No, già nel 2006 la Consulta definì il sistema di attribuzione del cognome «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» e di «una tramontata potestà maritale». Concetti che è tornata ad esprimere con l’ordinanza dello scorso 11 febbraio in cui solleva una questione di legittimità costituzionale e sottolinea la necessità di un intervento del legislatore per eliminare tale retaggio. Attendiamo, pazienti, che il Parlamento risponda.