il Giornale, 10 maggio 2021
Ritratto di Jean-Pierre Papin
Claudio De Carli
L’Avvocato dopo un Juve-Milan: Formidabile, infila la testa dove gli altri attaccanti non osano neppure mettere il piede.
Sti francesi. Il Psg c’ha riprovato in Champions, niente. Però questo MBappe! Pelè magari ha esagerato: Ha tutto per diventare il mio erede.
Jean-Pierre Papin bomber elettrico di Marsiglia e Milan non è d’accordo e si è autodefinito il secondo miglior attaccante della Francia: Kopa, Fontaine, Benzema? Lasciamo perdere, mi è sempre piaciuto Karim, lo vedi giocare e senti che ha qualcosa in più, ma... e MBappe deve ancora vincere qualcosa in Europa, no, il più grande è stato Bernard Lacombe, è lui il centravanti dei francesi, poi ci sono io, non avevo il suo modo di attaccare, però ho proposto un calcio nuovo.
Dichiarazione all’Equipe del 29 dicembre scorso che scansa ogni residuo dubbio in autostima, dopo Kopa e Platini e prima di Zidane è stato il terzo francese a vincere il Pallone d’Oro. Spaccone, presuntuoso, coraggioso, opportunista, implacabile, gol in acrobazia, conclusioni impossibili, 333 reti in 596 presenze, prima però calci e botte alla periferia del football con scelte azzardate, per molti incomprensibili. Due vite in una non facile.
Boulogne-sur-Mer, Alta Francia, Dipartimento di Calais, papà Guy calciatore, quando i suoi si separano va a stare dalla nonna a Germont, un passo dal confine belga, e il suo percorso cambia. È in seconda divisione nel Valencienne, lo nota il Bruges, a 22 anni è nella lista di Messico ’86. Il secondo colpo arriva quando Bernard Tapie lo vuole all’Olympique Marsiglia, diventa uno degli attaccanti più forti al mondo, nel ’91 una finale di Coppa dei Campioni persa ai rigori contro la Stella Rossa che gli vale comunque il Pallone d’Oro davanti a Lothar Matthäus e Dejan Savicevic, addesso è Monsieur Gol. E qui commette l’errore, deluso per la finale persa e convinto che l’Olympique abbia dato il massimo decide di lasciarlo scatenando una tifoseria che lo ha amato da impazzire. E il Marsiglia vince subito la coppa dei Campioni senza di lui. Ma scelta felice perché Silvio Berlusconi lo porta al Milan per 14 milioni con Desailly, Savicevic, Boban e i tre olandesi. La serie A un sogno, tutto magnifico. Ma anche la neve è bella, poi la prendi in mano e si scioglie, troppi stranieri, in campo ne vanno tre. Però le cose funzionano, con Van Basten è un attacco unico al mondo ma ci gioca assieme solo in due di campionato e una in Europa, poi le maledette caviglie del Cigno di Utrecht fermano tutto, vince il campionato e perde la finale Champions proprio contro il Marsiglia. La alza l’anno dopo, chiede spazio, Capello ha altre idee, decide l’addio e nell’estate del ’94 va in Bundesliga al Bayern. Nuovo errore? Capello preferiva Savicevic, Boban e Desailly, lui è giovane e si sente forte, vuole giocare. Con Giovanni Trapattoni scatta la sua seconda esistenza, quella più tormentata, calcisticamente il suo declino, ma non è questo. Un infortunio al ginocchio lo tiene fuori, subisce cinque interventi in un solo anno, ma è quanto accade nel corso della seconda stagione in Baviera a segnarlo. Nessuno avrebbe immaginato che questo spavaldo francese linguacciuto avrebbe mostrato un secondo volto. Dal matrimonio con Florence nasce Emily e alla piccola viene diagnosticato un grave problema di salute, cerebrolesa con tetraparesi, malattia rara, per la medicina un punto interrogativo. Jean-Pierre vira, mette il calcio dopo, e di questo non fa parola. Salta gli allenamenti, in campo si vede poco, i tifosi non capiscono e lo insultano, strapagato e lavativo. Dice: I medici ci avevano detto che non avrebbe mai parlato ne mai camminato, unica soluzione una clinica dove farla sopravvivere senza dolore fino alla morte. Lui e Florence non si arrendono, consigliano loro delle cure negli Stati Uniti, costosissime e in un Paese lontano: Ma si trattava di Emily e volevamo darle una speranza. Il mio sogno non era più segnare montagne di gol e vincere, ma vederla un giorno sorridere.
Lascia spesso la Germania per volare in America, tifosi e stampa non sanno e lo attaccano, torna in Francia nel Bordeaux, adesso il suo tempo lo passa interamente con Emily, l’assiste nella fisioterapia e nella talassoterapia, fa con lei lunghe passeggiate sulle spiagge dell’Atlantico, chiude a 35 anni con il professionismo nel Guingamp, si sente ancora un calciatore ma non ha più voglia di allenarsi e inizia l’impegno a favore dei bambini cerebrolesi: Credevo di poter allentare un po’ i ritmi ma senza allenamento ti mangiano la testa. Cosa mi rimane? La nostalgia dei miei addii al Bruges, all’Olympique, al Milan, e poi al Bayern... ma cosa ne sapevano gli altri...
Emily però fa grandi progressi. Jean Pierre trascorre dieci ore al giorno con lei, la stimola, le insegna a riconoscere i colori, le racconta lunghe storie e Emily infine riesce anche a leggere e percorrere cinque chilometri, alcuni di corsa.
Oggi Jean-Pierre e Florence hanno fatto cara la loro esperienza dando vita a Noeuf de Coeur, fondazione a sostegno delle famiglie con figli colpiti dallo stesso problema neurologico di Emily.
Inserito nei cento viventi più forti di sempre, calciatore è rimasto fino a 48 anni, da dilettante, ma questa è diventata solo un’altra storia, la seconda.