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 2021  maggio 10 Lunedì calendario

Barry Jenkins racconta la schiavitù

Nel 2014 il film 12 anni schiavo, diretto da Steve McQueen e prodotto da Brad Pitt, raccontava gli orrori della schiavitù e vinceva l’Oscar. Ora il regista Barry Jenkins, che la statuetta la vinse nel 2017 per Moonlight, prima storia di afroamericani ad imporsi agli Academy dopo la martellante campagna OscarSoWhite, va oltre: nella serie Amazon The Underground Railway, ancora prodotta da Pitt e disponibile su Prime Video dal 14 maggio, affronta il martirio del popolo nero alla vigilia della Guerra Civile americana nell’arco di 10 episodi. Per ricostruire con pathos e crudezza lo schiavismo, pagina infame nel passato degli Usa, Jenkins si è ispirato all’omonimo romanzo del premio Pulitzer Colson Whitehead che ruota intorno alla storia di Cora, una giovanissima schiava (l’attrice esordiente Thuso Mbedu) in fuga da una piantagione di cotone della Georgia. Mentre uno spietato cacciatore di taglie (Joel Edgerton) la insegue, la ragazza ingiustamente accusata di omicidio cerca disperatamente una leggendaria ferrovia sotterranea, speranza di libertà.
IL TRAUMA
«Per anni volevo portare sullo schermo questo libro tanto importante ma non trovavo il coraggio: il trauma generato dalla rappresentazione americana della schiavitù provocava in me un profondo senso di vergogna, non volevo creare anch’io immagini troppo efferate», racconta Jenkins, 41 anni, in collegamento da New York. «Ma poi ha prevalso l’urgenza di raccontare che cosa è stato lo schiavismo, e di farlo proprio adesso. Dovevo assolutamente cogliere l’opportunità storica che mi si presentava e rendere giustizia ai miei antenati che, con il loro olocausto, hanno costruito il nostro Paese». Il regista fa una pausa. «Negli ultimi anni, sotto Donald Trump, siamo stati bombardati dallo slogan Make America Great Again, rendi l’America di nuovo grande. Ma quello che siamo lo dobbiamo al sacrificio di chi ci ha preceduto e il tema dello schiavismo, ammesso che fosse affrontato, è sempre stato trattato in modo approssimativo, sbrigativo. È venuto il momento di sfatare il mito dell’eccezionalismo americano che ha catapultato un furfante alla Casa Bianca».
IMMAGINI CRUDE
Jenkins, che agli Oscar fu protagonista di uno storico pasticcio (una busta sbagliata aveva inizialmente attribuito la vittoria a La La Land), è alla sua prima serie dopo tre film, l’ultimo dei quali è Se la strada potesse parlare, presentato in anteprima alla Festa di Roma proprio come Moonlight. «L’esperienza della sala resta la più avvincente ma questa volta ho preferito il racconto a episodi da vedere a casa: volevo che la gente potesse fermarsi sulle scene più importanti, rivederle, tornare eventualmente indietro per capire di più», spiega. «È vero, in The Undreground Railway ci sono immagini brutali che denunciano apertamente le vessazioni subite dai miei antenati. Ma erano necessarie e, per presentarle senza sensazionalismo, le ho affiancate a scene più discrete, ma non meno significative, che descivono i sentimenti e l’intimità dei protagonsti».
CAMPO DI COTONE
Il momento più emozionante? «Quando, in un campo di cotone, sono stato assalito da tristezza e rabbia: non sapevo se filmarlo o comprarlo per poi darlo alle fiamme... la gestazione della serie è stata lunga, ma si è trattato dell’esperienza creativa più soddisfacente della mia carriera». E ora, con il presidente Joe Biden, l’America è diventata un posto migliore per gli afroamericani? «Dopo gli ultimi anni dominati da oscurità e paura, il Paese è diventato un posto migliore non solo per noi ma per tutti».