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 2021  maggio 10 Lunedì calendario

La squadre di calcio europee tagliano gli stipendi

Se Milano piange, il resto di Europa non ride. L’Inter di Zhang oggi inizia il suo giro delle sette chiese: i colloqui individuali con i giocatori nascono dalla necessità stringente di diminuire un costo del lavoro schizzato a 220 milioni. Tanto, ma meno di altri top team: il Milan è nel complesso a 150, la Roma a 170, però la Juve di Cristiano si arrampica quasi a 350 e, giusto per fare qualche escursione all’estero, il Bayern è a quota 270 circa e il Real vola oltre i 330. Queste cifre vanno oltre i semplici stipendi della squadra e sono comprensive di tutto, anche degli incentivi all’esodo per i giocatori in prestito. La volontà ferra del presidente nerazzurro è di ridurre quel monte di un 15%, ovvero -30 milioni di euro o giù di lì. Niente che non si sia visto già altrove, soprattutto in Spagna, dove la situazione delle due grandi è talmente delicata da obbligare a contromisure urgenti: al Barça, dove i conti sono appesantiti dai circa 110 milioni lordi da versare a sua maestà Messi, hanno anticipato i tempi e agito già a novembre. Il tutto, sempre in accordo tra club e società, secondo lo stesso principio che in queste ore muove i dirigenti nerazzurri. Così cinque mesi fa i giocatori blaugrana hanno dato l’ok a maggioranza assoluta all’accordo che i loro rappresentanti avevano in precedenza raggiunto col club per “aggiustare” gli stipendi. Nel dettaglio, i catalani dovevano congelare il pagamento di 191 milioni per portare in salvo la nave. Quella firma ha consentito di posticipare il pagamento di 172 milioni: 122 per la remunerazione “fissa” nella stagione in corso e 50 di parte “variabile” differita nei prossimi tre anni. Ma la nuova era in Catalogna la vedi anche da rinnovi “tattici” che hanno consentito di spalmare gli stipendi (pesanti) di calciatori (importanti): in quei giorni, mentre la dirigenza trattava con tutti i lavoratori del club, il Barcellona annunciava un po’ a sorpresa e in un sol colpo l’estensione del contratto di quattro titolari. Ter Stegen fino al 2025, Lenglet e De Jong fino al 2026 e Piqué fino al 2024.
A Madrid si tratta 
Al Real avevano agito d’urgenza durante i giorni più neri della pandemia: deciso un -10% di taglio lineare sugli stipendi dei giocatori, che sarebbe diventato -20 se la Liga non fosse ripresa. Da settimane i leader dello spogliatoio, guidati dal capitano Sergio Ramos, trattano con Florentino per tagliare una cifra simile a quella della scorsa stagione, a cui andrebbe aggiunta pure la rinuncia a tutti i premi. Tra l’altro, il capo-sindacalista Sergio è impegnato contemporaneamente in una complessissima trattativa per il suo rinnovo. In ogni caso, in tema stipendi, bisogna pur sempre ricordare che la Liga da qualche anno è dentro a un rigoroso regime di salary cap: è imposto un tetto salariale ai 42 club che partecipano a Liga e Segunda, una cifra stabilita tenendo in conto incassi e spese previste. Il drammatico 2020 ha fiaccato soprattutto Real e Barcellona con perdite quantificate in 250-300 milioni. Inevitabile una riformulazione dei limiti salariali: per i catalani la riduzione del monte salari concesso dalla Liga è stato del 43%, dai 671,4 milioni del 19-20 ai 382,7 attuali. Il Real è passato in un anno da 641 a 468,5 milioni spendibili in stipendi. Tradotto: -27%.
La Premier regge
Al Psg c’è stato un discreto tumulto durante l’annus horribilis 2020: gli sceicchi, che pagano quasi 300 milioni di ingaggi, avrebbero voluto usare le forbici, ma anche i ricchi sanno fare barricate. I maligni dicono che a guidare il fronte del no ci fosse Thiago Silva: sapeva che non gli avrebbero rinnovato il contratto, ma adesso si ritrova beatamente a Londra in finale di Champions. Alla fine il Psg non ha comunque pagato i premi di stagione. Al Bayern, dominatore di Germania per nove anni, le spalmature degli stipendi risalgono solo allo scorso anno. E pure nella ricca Premier il Covid ha fatto male: è stato calcolato che ha prodotto un buco complessivo da un miliardo di sterline. Eppure, grazie al fiume di soldi in arrivo dalle tv, il sistema ha retto: nessuno dei giganti è ora costretto a trattare per rimodulare le buste paga. I guai, semmai, arrivano dalla Championship in giù dove molti club più minuti saranno obbligati a non fare mercato per i buchi nel bilancio. E guai anche a toccare i lavoratori dei club: quando Liverpool e Tottenham ci hanno provato, hanno subito l’ira popolare. E, si sa, da quelle parti i tifosi sanno come far cambiare idea a chi comanda.