E che succede a Sonny e Vargas?
«Si conoscono bene, sono intimi, parlano del lavoro, della loro vita, come fanno i buoni amici, discutono di famiglia, figli. Vargas, farmacista, vive il matrimonio in modo molto tradizionale. L’altro, Sonny, dentista, confessa all’amico di essersi innamorato di una ragazza più giovane».
E lei sta con il fedele o col traditore?
«Sono due modi differenti di guardare l’amore. Vargas si è adagiato nella sicurezza della famiglia, anche se è infelice; Sonny ha abbandonato da tempo questa idea della sicurezza. E la loro amicizia collassa».
Parlando riusciranno a trovare una soluzione?
«La confessione di Sonny rompe qualcosa per sempre. La frattura che determina il suo tradimento, cambierà la sua relazione con la ragazza, con la figlia, con Vargas, avrà conseguenze sulle vite di tutti. Il centro della storia è proprio come, un fatto banale, un uomo che tradisce la propria moglie, vomitasse una sequela di conseguenze impreviste».
Perché l’ha intitolato "The Spank", la sculacciata?
«È il nome del pub dove si trovano i due amici. In inglese è una punizione ‘light’, una cosa molesta che però inciderà sulle loro vite».
Ha confessato che anche lei ha l’abitudine di andare al pub a parlare con gli amici. C’è qualcosa di autobiografico?
«Sì, è vero per lungo tempo avevamo con gliamici questa abitudine di ritrovarci al pub e sicuramente le nostre chiacchiere sono stato un punto di partenza per The Spank , così come negli anni Ottanta il fatto che mio zio avesse una lavanderia mi è servito per scrivere My beautiful laundrette . Conoscere qualcosa, diventa spesso un soggetto drammatico».
Non sembra credere molto nella forza dell’amore, a leggere "The Spank".
«L’amore può essere un vero disastro. Ti innamori della persona sbagliata e tutto ti casca addosso. Questa idea dell’amore romantico che ci salverebbe è una invenzione dell’Occidente».
C’è un risvolto sociale che voleva far emergere?
«Sonny e Vargas sono la middle class che si sente minacciata da un mondo dove i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Temono di non riuscire a elevare il loro stato sociale, che non ci riescano i loro figli. Come altri miei lavori, anche questo è ambientato in un tempo che è quello di oggi».
E lei non sembra essere molto ottimista.
«Ho presente la situazione in Gran Bretagna: disperata, terribile. L’economia è al collasso, le diseguaglianze crescono, il governo di destra ha fallito miseramente, abbiamo la mortalità più alta d’Europa per la pandemia. Boris Johnson è stato un disastro. Meno male che ci sono movimenti come il Black Lives Matter. Io ho tre figli, tutti impegnati sui temi dell’economia, dell’ecologia, del clima, del futuro. Almeno loro mi rallegrano».
Riuscirà a venire a vedere lo spettacolo?
«Ho passato l’ultimo anno seduto nel mio studio, ho preparato delle storie non ancora pubblicate, si immagini se non mi piacerebbe esserci. Vorrei conoscere gli attori di cui ho piena fiducia, ma tutto dipende dalla situazione qui in Uk e se si potrà viaggiare o no».