La Lettura, 9 maggio 2021
Volatili in pericolo
«Esiste un collegamento tra il nostro modo di pensare agli animali e quello in cui li trattiamo», scrive la filosofa Eva Meijer nel suo saggio Linguaggi animali (nottetempo). Se poi li pensiamo capaci di comunicare impiegando linguaggi articolati, aggiunge, compiamo un ulteriore passo verso il riconoscimento dei loro diritti. Il problema, per ora, è che sappiamo ancora poco sul modo in cui gli animali «si parlano». Perfino gli uccelli, fra i soggetti più studiati in campo etologico, dialogano fra loro secondo modalità che ci risultano ancora in larga parte oscure.
Da alcuni esempi riportati dalla giornalista Jennifer Ackerman nel suo monumentale La vita segreta degli uccelli (La nave di Teseo) è possibile intuire la complessità della comunicazione fra volatili: dall’incredibile varietà di richiami utilizzati per segnalare l’approssimarsi di un predatore, in grado di fornire anche informazioni aggiuntive sulla minaccia in arrivo (il tipo, la direzione...), ai dialetti locali, che compongono uno straordinario mosaico linguistico all’interno della medesima specie. Una pletora di vocalizzi, ai quali non manca la sintassi computazionale, essendo dotati di un senso preciso a seconda dell’ordine e delle combinazioni che i suoni presentano, tratto che fino a poco tempo fa era considerato esclusivo del linguaggio umano.
Affinché si possa continuare ad approfondire lo studio di questi linguaggi, è vitale agire per consentire agli uccelli di continuare a utilizzare con efficacia i loro richiami. Infatti, come avverte la naturalista e giornalista scientifica Francesca Buoninconti nel suo Senti chi parla (Codice Edizioni) – una ricchissima panoramica delle «voci» non umane che animano il pianeta, fra cui quelle di molte specie di volatili, che l’autrice definisce le più «oneste» della fauna terrestre – questo patrimonio naturale è minacciato dal dilagante inquinamento acustico.
Oltre a impedirci di ascoltare a fondo che cosa gli uccelli hanno da dirsi, stiamo di fatto silenziando i dialetti a bassa frequenza, talmente flebili da risultare inudibili in contesti rumorosi come le aree antropizzate, costringendo così le popolazioni ad abbandonarli in favore di altri.