Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  maggio 09 Domenica calendario

I nove uomini di Neanderthal nella grotta al Circeo

A due passi dal mare, in quella stessa grotta di San Felice Circeo che già ottantadue anni fa, nel 1939, aveva regalato una delle più importanti scoperte sul mondo della preistoria. Il luogo è noto come Grotta Guattari, dal nome dell’antico proprietario del terreno, ed è proprio qui, in una zona finora inesplorata, che sono stati ritrovati reperti fossili di altri nove individui – dopo il cranio e le due mandibole già scoperti al tempo – di uomo di Neanderthal, antenato dell’Homo sapiens, estinto all’incirca ventiseimila anni prima di Cristo.
La scoperta – comunicata ieri e che sia il ministro della Cultura Dario Franceschini sia il mondo dell’archeologia hanno definito, all’unanimità, «eccezionale» – ha riportato alla luce otto significativi reperti databili tra i 50 mila e i 68 mila anni fa. Più uno, il nono e il più antico, risalente invece a un’epoca compresa tra i 100 e i 90 mila anni.
Le ricerche, condotte dalla Soprintendenza archeologica di Frosinone e Latina con l’università di Tor Vergata, erano iniziate nell’ottobre 2019 e sono ancora in corso. Altre scoperte sono in via di identificazione in queste ore. Intanto, a distanza di un anno e mezzo dai primi ritrovamenti, l’annuncio che sta facendo il giro del mondo, non solo tra la comunità scientifica, e che colloca la grotta pontina tra i luoghi maggiormente significativi del pianeta per la storia dell’Homo neanderthalensis.
Oltre ai resti degli individui – tutti adulti ad eccezione di uno che potrebbe essere un giovane, con un solo esemplare femmina – sono emerse anche tracce di iene e altri mammiferi di grande taglia tra cui l’uro – un bovino oggi estinto – il cervo nobile, rinoceronti, elefanti, orsi delle caverne e Megaloceros. Una eccezionale «banca dati», ora a disposizione degli studi di archeologia preistorica, grazie a un ambiente «assolutamente unico – come ha spiegato Mario Rolfo, docente a Tor Vergata che ha condotto gli scavi con Francesco Di Mario e Mauro Rubini – perché un crollo, forse dovuto a un terremoto, ne chiuse l’ingresso sessantamila anni fa».
Un evento che avrebbe dunque «sigillato» all’interno, come in una bolla, le tante stratificazioni plurimillenarie, a partire dai resti degli ominidi che, pur vissuti in tempi diversi, hanno, in tre esemplari (di cui due ritrovati di recente), una caratteristica comune. Si tratta di una larga apertura alla base, come se qualcuno li avesse aperti apposta. «In passato – ha spiegato Mario Rubini, direttore del servizio di antropologia della Soprintendenza – fu avanzata l’ipotesi di un rituale di cerebrofagia». Ipotesi poi contestata dagli studi, immaginando come più probabile che i crani fossero stati svuotati da animali, forse quelle stesse iene che utilizzarono la grotta come tana. L’enigma resta: «Potrebbe essere stato l’uomo – spiega Rubini – ad aprire il foro occipitale e la iena a finire di sgranocchiarlo, potrebbe essere stata la iena stessa ad aprirlo o potrebbe trattarsi di rottura dovuta al caso».