la Repubblica, 9 maggio 2021
L’invidia per chi non sa niente
Se il razzo cinese vi cade sulla testa potrebbe farvi molto male, e dunque, in un’area di parecchi milioni di chilometri quadrati, sarebbe più prudente rimanere in casa. Autorità coscienziose (di molti Paesi) ci hanno messo in guardia sull’evenienza di rimanere vittime della conquista del cosmo anche se stiamo andando dal panettiere a Pescara o a passeggio con il cane a Baku. Per carità, fanno benissimo, e molti media hanno dato doveroso rilievo a questa ulteriore probabilità di disgrazia, anche se infinitesimale. Solo che a volte viene da chiedersi come sarebbe la vita del perfetto ignorante, in senso lato. Uno che non sa nulla e non prevede nulla, e se il razzo cinese arriva proprio sulla sua testa lo folgora mentre è felice e inconsapevole. Non solo non sapeva che il razzo stava per cadere sulla Terra, non sapeva nemmeno che i cinesi sparassero razzi, niente di niente, sapeva, e proprio in virtù di questo saper niente conduceva una vita serena, mentre tutto attorno l’ansia rode noi consapevoli. Indenni, ma rosi dall’ansia.
Questo ipotetico nuovo idiota dostoevskiano, questo Dersu Uzala attento solo ai venti, alla temperatura, alla foresta, questa monaca che parla solo a Dio e niente più sa della società umana, questo guardiano del faro che ha spento il wi-fi e guarda le onde, questa creatura asociale e intatta: non è certamente il cittadino modello. Non è informato, come amiamo dire noi informatori, e a ben vedere non essere informati è la condizione in assoluto più escludente, nell’epoca del web, dei social, dell’oceano di notizie che ci sommerge. Ma un filo d’invidia, ditemi, non vi viene, pensando a lui, a lei, che si sveglia ogni giorno senza tenere in alcun conto le cose che invece determinano l’umore di noi informati?