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 2021  aprile 26 Lunedì calendario

Biografia di Anouk Aimée (Nicole Françoise Sorya Dreyfus)

Anouk Aimée (Nicole Françoise Sorya Dreyfus), nata a Parigi (Francia) il 27 aprile 1932. Attrice. «Una principessa del cinema francese. Occhi enormi e una faccia seria che sembrava vedere un destino tragico e inevitabile, ma al tempo stesso incantava» [David Thomson, The New Biographical Dictionary of Film, Alfred A. Knop, New York 2002]. Ha vinto un Golden Globe e un Bafta per Un uomo e una donna, Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes per Salto nel vuoto di Marco Bellocchio. Nel 2002 ha ricevuto il Premio César onorario e nel 2003 l’Orso d’oro alla carriera. Molto apprezzata all’estero, non è riuscita però a sedurre i registi francesi. Se lo spiega così: «O mi considerano più inaccessibile di quanto non lo sia. Oppure lo spirito francese è troppo borghese per capire i personaggi che incarno. È un peccato, ma tant pis».
Titoli di testa: «Il lato oscuro della luna» [Federico Fellini].
Vita Figlia degli attori Henry Dreyfus (Henry Murray) e Geneviève Sorya, esordì in La Maison sous la Mer dopo che Henry Calef la notò in un ristorante cinese di Parigi: «Iniziai a 13 anni, ero Françoise Judith Sorya Dreyfus, avevo seguito danza a Marsiglia e recitazione a Parigi. Dal primo personaggio, Anouk, conservai il nome. Aimée, Amata, fu un cognome affettuoso regalatomi dal poeta Jacques Prévert sul set di un film a Verona ispirato alla Giulietta scespiriana. Ho avuto la fortuna di essere battezzata da un poeta» [a Maurizio Porro, CdS] • Sul set di La fleur de l’âge, un film scritto da Prévert, che non verrà mai realizzato per mancanza di denari, deve dare un bacio a un ragazzo. Questo ragazzo però aveva un’acne imbarazzante e «ogni volta arrivavo a pochi centimetri dalla sua bocca e mi bloccavo. Il regista, che era Marcel Carné, non capiva il perché e io, imbarazzata, spiegai: “Io non ho mai dato un bacio a un ragazzo e non voglio che il primo sia con uno pieno di brufoli”». Prévert le diede ragione: «Era preoccupato che conservassi un brutto ricordo» • «La parte che meglio catturò il suo fragile pessimismo fu in un corto, The Crimson Curtain (1952, Alexandre Astruc)» [Thomson, cit] • Frequenta Saint-Germain-des Prés, conosce Cocteau, Greco, Sarte, Camus, Genet etc. «Era un periodo in cui il mondo non era violento» • Nel 1960 è la ninfomane de La Dolce Vita di Fellini: «Nel film era il contraltare di Anita Ekberg, la biondona dall’erotismo burroso. Sofisticata e disinibita, l’attrice francese invece diventa il prototipo della donna moderna, sofferta e filiforme. Anouk Aimée ci racconta il primo incontro con il Maestro. “Sapevo che Fellini stava cercando ovunque il personaggio di Maddalena. Mi vide tra altre attrici e volle incontrarmi nello studio parigino del mio agente. Ricordo che aspettandolo mi ero convinta fosse un macho solo perché era un regista italiano. Poi mi ha guardata e quegli occhi mi hanno attraversata. Non ho fatto un provino, mi ha chiesto solo se volevo interpretare Maddalena. Dissi di sì, ma non ci credevo perché tante attrici volevano quella parte. Un mese dopo arriva il telegramma. Sono partita sapendo solo che avrei recitato con Mastroianni”. Il primo giorno avete girato la famosa scena della macchina in via Veneto. “Un disastro. Non conoscevo Roma e distinguevo a malapena la frizione dal freno. Appena arrivo, Federico mi piazza su una Cadillac in mezzo a via Veneto e mi dice: ‘Guida’. E poi: ‘Anouchina, guarda là, sorridi, gira, vai, vai’. Mastroianni seduto al mio fianco era bianco dalla paura. La sera stessa Federico mi riporta sul set e continua a non spiegarmi niente. Mi guarda e sta zitto. Ma quando proviamo la seconda scena capisco da sola cosa devo fare” […]. Le diede qualche indicazione per Maddalena? “La voleva sensuale. Per Federico i gesti erano più importanti della psicologia. Si concentrava sui movimenti. Per avermi sinuosa come un gatto mi fece camminare a piedi scalzi. Desiderava che fumassi dolce, morbida. Che atmosfera c’era sul set? Ci volevamo bene, eravamo tanti e uniti. Lavorare con Federico era più di una gioia. Era un modo di vivere. Certo non immaginavamo che da quell’esperienza sarebbe nato un capolavoro» [a Silvia Luperini, Rep] • «Fellini, era un genio. Mi ha insegnato a non prendermi sul serio. È grazie a lui che ho scoperto che amavo un lavoro che non avevo scelto» [Ardisson, Tout le monde en parle] • Nel 1960 Lola di Jacques Demy «arrivò come una sorpresa e un sollievo: nel più magico dei film della Nouvelle Vague le fu finalmente permesso di ridere (sguaiatamente), agitarsi […]» [Thomson, cit]. Nel film era un’entraineuse-cantante-ballerina con guêpière di pizzo nero e boa di struzzo: «Lola è uno dei miei personaggi preferiti, l’avrei difeso contro venti e maree. La sento ancora molto vicina. In quella sua leggerezza ritrovo un mio modo di essere di allora. Ricordo che, con Jacques Demy durante le riprese, approfittammo di questa somiglianza tra me e il personaggio» [a Laura Putti, Rep]. In Italia fu vietato ai minori di sedici anni • Démy la volle anche per il sequel Model shop «ero a Los Angeles, mi presentarono un ragazzo alle prime armi, Harrison Ford. Demi lo voleva a tutti i costi, a me piaceva moltissimo ma il produttore sentenziò: quello non farà mai una lira» [Ardisson, cit] • Lavorò ne L’imprevisto (1961, Lattuada), Il giudizio universale (1961, De Sica), fu una delle lesbiche in Sodoma e Gomorra (1962, Aldrich) […] • Nel 1963 è Luisa Anselmi, la moglie tradita di Marcello Matroianni, in 8½.
In questi anni lavorò anche con Corbucci, De Bosio, Blasetti, Festa Campanile • Nel 1966 Claude Lelouch offrì prima a Romy Schneider e poi a Elsa Martinelli un ruolo in Un uomo, una donna: «Mi venne a cercare questo regista semisconosciuto, con la fronte bassa, piena di ricci, arcigno. Non aveva un copione scritto, una traccia, niente. Mi raccontò di questi due vedovi, o separati, che si incontrano a Deauville. No, grazie! Perché non prende Anouk Aimée? gli dissi» [Elsa Martinelli a Laura Laurenzi] • Lelouch racconta però che a fargli il nome della Aimée fu Jean-Louis Trintignant: «Anouk era la donna ideale per me, aveva qualcosa che gli altri non avevano. Per me non era un’attrice, ma una donna che avresti voluto abbracciare. Avresti voluto avere una grande storia d’amore con lei […] Dopo le riprese, volevo sposarla, ma Pierre Barouh [attore e voce del celeberrimo «Chabadabada» che però poi era «Da ba da ba da, ba da ba da ba» composto da Francis Lai, ndc] è stato più veloce di me. E dopo Pierre, c’è sempre stato un ragazzo più veloce di me» [Lelouch a Galà] • Sul set «la troupe era minima, mi truccavo da sola perché non c’erano soldi per il make up artist. Lelouch era quasi sconosciuto, a Cannes eravamo outsider. Abbiamo capito che avremmo vinto la Palma d’oro quando, il giorno della premiazione, dall’hotel in cui stavamo ci hanno spostato al Carlton» • Se Lelouch ottiene l’Oscar come miglior film straniero nel 1967, ad Anouk Aimée il ruolo di Anne le vale Golden Globe e una nomination all’Oscar. La sera in cui ritirò il Golden Globe John Wayne la invitò al suo tavolo ma lei rifiutò: «Feci una cosa ridicola. John Wayne era di destra e io mi vergognavo. Sbagliai perché la Bacall era di sinistra eppure recitava con lui. Non avrei dovuto badare alla politica. In quel momento eravamo tutti attori» • Ad un party che Hollywood organizzò in suo onore chiese di incontrare Groucho Marx che, incuriosito di conoscere questa francesina che tanto lo voleva conoscere, si presentò: «Ero così emozionata che quando poggiò il suo sigaro nel posacenere glielo rubai. Ogni tanto le fumo ancora» [a Thierry Ardisson, cit] • Un uomo e una donna sancirà un sodalizio tra Lelouch e Aimée che insieme gireranno otto film • Nel 1969 Sydney Lumet la vuole in La virtù sdraiata e George Cukor in Rapporto a quattro: «Dopo la delusione di Justine [titolo originale del film di George Cukor] per sette anni sono stata solo la moglie felice di Albert Finney» [Groppali, Giornale] • Tornerà sulle scene nel 1976 per Lelouch in Chissà se lo farei ancora (1976) e nel 1978 per l’opera prima di Élie Chouraqui in Due volte donna • È stata la sorella nevrotica e disperata del giudice Michel Piccoli in Salto nel vuoto di Marco Bellocchio (1980): «Marco è uno dei registi che ho amato di più, è stato bellissimo girare con lui». È anche la moglie di Tognazzi ne La Tragedia di un uomo ridicolo di Bernardo Bertolucci (1981): «Eravamo a Parma: prosciutto, parmigiano, Toscanini, Stendhal». Poi Tovoli, Skolimowski, e ancora Lelouch in Un uomo, una donna vent’anni dopo (con Trintignant), Uomini e donne. Istruzioni per l’uso trent’anni dopo (con Luchini) e ancora I migliori anni della nostra vita (2019) [Putti, cit]: «Questo personaggio di Anne Gauthier ritorna nella mia vita, molti anni dopo. È certamente permeata da una miriade di cose vissute, osservate, apprese, integrate. Ma non voglio analizzare preferisco vivere le cose al momento. Come nella vita! Un po’ come Claude, coltivo questo gusto per la spontaneità […] Abbiamo girato in meno di due settimane. Solo Claude può fare questo cinema! Anche Un uomo e una donna è stato girato velocemente. La cosa più lunga nei suoi film sono i viaggi tra i diversi luoghi» [Gala] • «La mia famiglia, da parte di mia madre è Claude [Lelouch], da parte di mio padre è Fellini. Questa è la mia famiglia, i due sono due pilastri per me nella mia vita» [a FranceCulture] • Nel 1994 gira Prêt-à-porter di Roberto Altman: «Dove trovare un altro Robert Altman che mi volle nei panni di una stilista che, per protesta contro la mercificazione della moda, mi faceva presentare un défilé di modelle nude dalla testa ai piedi?» [a Groppali, cit] • A metà degli anni dieci del Duemila è a teatro prima con Philippe Noiret poi con Bruno Cremer, Jean-Louis Trintignant, Jacques Weber et Alain Delon e infine Gérard Depardieu. in Love Letters, la storia di due innamorati dall’adolescenza che si raccontano la vita via lettera per 50 anni, incrociandosi di sfuggita, senza mai vivere la loro storia: «Che cosa significa recitare la stessa opera con sei partner diversi? È come avere tante storie d’amore: sempre uguale e sempre differente. Si cambia un po’ con ogni uomo, bisogna adattarsi alla personalità dell’altro» [ad Anna Maria Speroni, IoDonna] • Negli anni Duemila gira anche Festival in Cannes di Henry Jaglom (2001), La petite prairie aux bouleaux di Marceline Loridan Ivens (2003), Ils se marièrent et eurent beaucoup d’enfants di Yvan Attal (2004), Celle que j’aime di Élie Chouraqui (2009) e ...Non ci posso credere di Philippe Claudel (2011) • Continuerà a recitare «almeno finché trovo personaggi che mi divertono o mi insegnano qualcosa».
Curiosità Da piccola voleva fare la ballerina classica o la farmacista • Ha frequentato lo stesso collegio di Roger Vadim: «Fu lui che mi insegnò a sciare» • Dreyfus, un cognome ebreo che dicono discendere direttamente dal capitano Alfred del J’accuse di Zola [Putti, cit] • A 10 anni durante la guerra un partigiano fu ammazzato dai tedeschi sotto ai suoi occhi: «Lo lasciarono lì per giorni finché non andò in putrefazione» [Ardisson, cit]. Durante l’occupazione nazista la famiglia Dreyfus si sposta continuamente, quando festeggiarono la liberazione erano a Marsiglia: «Mia madre mi portò sulla Canebière. Ebbi pochi minuti di felicità nel vedere gli alleati sfilare. La grande emozione però si spense quando a sfilare fu il primo plotone di tedeschi prigionieri, camminavano con le mani sulla testa, erano ricoperti di sangue. Erano in cinque e a centinaia gli sputavano addosso. Fino a quel momento ero convinta che fosse quello che volevo, ma poi mi resi conto che quell’umiliazione non mi aveva reso felice» [Ardisson, cit]. «Bisognava giudicarli in tribunale e punirli, questo sì, ma non sottoporli a un’umiliazione simile. Sono sempre stata contro i linciaggi, contro le giustizie sommarie. Anche la morte di Mussolini mi ha molto toccata, anche quella di Gheddafi» [Putti, cit] • Negli anni Sessanta abitava a Roma «accanto ai Fori imperiali, in via dei Foraggi. Mia figlia era iscritta alla scuola francese e facevamo avanti e indietro con Parigi» • Telefona solo dal fisso: «Ho un cellulare ma non so a memoria il numero, né come si manda un sms o si scrive una email. Siamo schiavi di queste macchine ormai, non c’è più tempo per sognare, indugiare. Se Federico e Marcello vedessero...» [a Speroni, cit] • «Mi rifiuto di scrivere qualsiasi cosa che somigli a un memoir, un’autobiografia. Sarebbe come fare un bilancio, chiarire il mio mistero a me stessa, e sarebbe tutto finito. I miei giorni come attrice potrebbero essere finiti ma voglio ancora tre o quattro bei ruoli, solo per dare il massimo. Ho spesso l’impressione che sarei migliore di prima...» • Per anni è stata la musa dello stilista Ungaro [Putti, cit] • È stata la testa più amata da Aldo Coppola [Merlo, Rep].
Frasi «Fondamentalmente, non ho mai avuto un ruolo eccellente» • «Non ho mai cercato io un regista. Ho bisogno di essere cercata, di essere desiderata, amata» [a Laura Putti, cit] • «Recitare vuol dire prima di tutto guardare gli altri vivere» [a Jean-Noël Mirande, Le Point] • «Il cinema è un mestiere sempre uguale, ma cambiano le affettuose famiglie che lo popolano, in cui ti senti libera e protetta come con Démy, Lelouch, Fellini […] Mastroianni era grande, come attore e come uomo. Stare con lui, la sua allegria e il suo umorismo era meraviglioso, ma unico e indimenticabile fu Gérard Philippe […] • «Il livello medio è migliorato, ma non ci sono capolavori. Neanche tra i film diretti da donne. A me che il regista sia uomo o donna non interessa, basta che sia un buon film. La sensibilità non ha sesso: abbiamo visto storie femminili raccontate benissimo da maschi [a Speroni, cit] • «Dicono sempre che sono misteriosa, ma alle volte le persone confondono il mistero con il pudore» [a Laura Putti, cit].
Amori Anouk Aimée s’è sposata tre volte. Prima con Nico Papatakis, patron del cabaret La Rose rouge à Saint-Germain-des-Prés, che per sedurla le fece incontrare Picasso e Jean Genet – con lui ha avuto Manuelle nata nel 1952– poi con Pierre Barouh conosciuto sul set di Un uomo e una donna e infine con Albert Finney • Con Finney, decide di lasciare le scene, di trasferirsi con lui a Londra e di mettersi ai fornelli: «E non ero neanche male. Certo in Inghilterra è più facile che qui in Francia» • «Non ho mai pensato che la carriera dovesse condizionare la mia vita privata» • Nel 1975 fugge in America con un Ryan O’Neal di undici anni più giovane di lei. Tornata a Parigi, per un periodo convive con Élie Chouraqui, di 18 anni più giovane • Jean Genet, Jean Cocteau e Warren Beatty sono alcuni degli amori passeggeri dell’attrice francese, che afferma «Ho ottimi rapporti con tutti gli uomini della mia vita. Diventano fratelli. Vado molto d’accordo anche con le mie cognate, cioè le loro mogli» [a Speroni, cit].
Titoli di coda «Io non affronto il tempo che passa: è lui che deve vedersela con me!» [a Speroni, cit].