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 2021  maggio 08 Sabato calendario

Intervista a Francesco Bianconi


Dall’esterno sembra che Francesco Bianconi stia vivendo un periodo di straordinaria ispirazione artistica. Invece non è così. O almeno, non del tutto. Oggi ha 47 anni e da più di venti canta e suona con i Baustelle, una delle band più importanti della scena italiana, la prima a “riportare tutto a casa” si potrebbe dire citando Dylan, nel senso che, proprio come il Premio Nobel di Duluth aveva integrato la tradizione folk blues nelle sue canzoni, così i Baustelle sono andati a riprendere la grande tradizione “cinematica” del nostro paese da Morricone a Piero Umiliani, da Stelvio Cipriani a Fabio Frizzi. Non solo. Anche le tematiche del cosiddetto “genere”, il noir in particolare, sono una grande influenza sulla loro opera: basti pensare a un vero albumcapolavoro come La malavita che nel 2005 ha imposto la band di Bianconi all’attenzione del grande pubblico.
Da poco autore di un disco solista, Forever, che a breve verrà ripubblicato con il titolo Forever in Technicolor e vari brani inediti, Bianconi ha pubblicato in contemporanea anche un nuovo libro, Atlante delle case maledette.
Che per lui è stato fondamentale: «Fare il libro mi ha salvato perché quando è iniziata la pandemia ho sofferto di un pesante blocco creativo: avevo fatto una canzone ma l’ho buttata via perché era terribile.
Non avevo più ispirazione e allora mi sono dedicato ad altro».
Paolo Bacilieri invece è uno dei disegnatori-autori che ormai a tutti gli effetti si può annoverare tra i più importanti della scena italiana. Uno dei pochissimi che riesce a lavorare con un altssimo grado di qualità sia per il fumetto popolare in stile Bonelli che realizzando graphic novel particolarissime: biografie soprattutto in cui il disegno del paesaggio industriale, gli edifici soprattutto, sono ormai un vero marchio di fabbrica. Non solo: Bacilieri è uno di quegli artisti che ha uno stile così caratteristico da renderlo distinguibile tra mille. Era improcrastinabile destino che i due si incontrassero.
Come va?
Francesco Bianconi: «Con questo virus sembra di avere infilato un piede nella pece: è come una cosa appiccicosa che sembra non andare mai via del tutto. Sto aspettando di essere vaccinato ma nella chiusura forzata almeno ho fatto tante cose: un disco, un libro e poi progetti, strategie, tutto ancora da realizzare ma comunque meglio che il niente che a un certo momento si prospettava».
Un nuovo libro con i disegni di Paolo Bacilieri: e, per di più, un libro sulle case maledette! Come ti è venuto in mente?
«L’idea in realtà mi è venuta in mente un po’ per caso, andando a fare la spesa. E il pensiero che mi era venuto andando al supermarket è stato questo: in quante case un essere umano mette piede nella sua vita?
All’inizio era solo un calcolo, un numero. A cui continuavo a pensare.
Da lì si è trasformato nel pensiero che sarebbe stato bello scrivere la storia di uno che fa il catalogo di tutte le case in cui è entrato nella propria vita. Che in realtà sono tante, davvero tante. L’altra cosa che mi affascinava era l’idea che la permanenza in un ambiente può far prendere una diversa direzione alla tua vita».
Ma si tratta di fiction o sei tu Dimitri, il protagonista del libro?
«Paolo ha deciso che il personaggio fosse somigliante a me ma Dimitri in realtà non mi è perfettamente sovrapponibile. Alcune case sono le mie case, altre no, c’è una buona dose di fiction. Diciamo 50 e 50. La cosa pazzesca è che il libro ha cambiato senso con il casino che è successo. Io avevo cominciato a progettarlo prima della pandemia e poi mi sono trovato a scriverlo mentre il mondo stava piombando in una sorta di incubo. Stavo scrivendo la storia di qualcuno che era chiuso dentro casa perché fuori c’era il virus e poi nella realtà la mia stessa vita era diventato una sorta di racconto di fantascienza. Ero come uno che scrive la storia di fantascienza di una cosa che sta diventando reale. Ero stupito, incredulo, mi dicevo: “Ma cosa sto facendo? Sto vivendo un incubo”. Il protagonista era chiuso in una casa, reale e mentale perché non si poteva uscire e così finisce per perdere i confini fra follia e realtà».
Nella nuova versione del tuo disco “Forever” hai incluso un nuovo pezzo, “Romanzo di formazione”, che ricorda anche il tema del libro dal momento che il passaggio di casa in casa corrisponde anche a una sorta di viaggio tra le età del protagonista.
«La prima versione del disco proponeva delle canzoni decisamente atipiche anche per il pubblico dei Baustelle ma questo brano, che amo molto, dura sette minuti e richiede una certa dedizione. Anche qui in effetti ci sono dei riferimenti autobiografici ma potrebbe essere la storia di qualcuno che parte con grandi ideali e poi pian piano per convenienza, per debolezza, perché è facile, perché alla fine “la sbornia finisce” come dice la canzone, si ritrova tutt’altro.
In questo senso certo, si può accostare al protagonista del libro, Dimitri. Ma anche a Salvini e a molti altri di noi: è una canzone fortemente politica, una canzone sul nostro fascismo interiore. Dobbiamo fare molta attenzione a quello che si annida dentro di noi».
Con Paolo vi conoscevate già?
«Lo conoscevo di fama: mi piaceva molto il suo graphic novel su Salgari anche perché anch’io sono cresciuto leggendo le sue storie: è un inventore di mondi lontanissimi che in realtà non ha mai visto. La sua storia è pazzesca: costretto alla fame si suicida in maniera spettacolare lasciando una lettera ai figli a metà fra il romanticismo e lo squallore. Mi piace molto lo stile di Paolo, il suo realismo dettagliato. La connessione è avvenuta tra un amico comune, Pasquale La Forgia che lavora a Rizzoli Lizard».
Paolo Bacilieri: «Era da tempo che con Pasquale si parlava di incontrarci per fare qualcosa insieme: quando è successo mi è piaciuta subito l’idea del suo libro, tanto quanto mi è piaciuto Francesco. Lavorarci per me è stato davvero bello e divertente».
Già nella copertina c’è l’essenza del racconto: un primo piano del protagonista con una chiave che apre la sua fronte, la sua “casa mentale” come dicevi tu… F.B.: «Questo è stato proprio il primo disegno fatto da Paolo. Quando ci siamo incontrati gli ho parlato del protagonista de L’Atlante che scheda e cataloga edifici chiuso a sua volta dentro una casa in cui alla fine quasi impazzisce e questa immagine è stata la sua prima sintesi della mia idea. E così è rimasta: nessuno ha osato fare una proposta alternativa.
Era perfetta così. Anche da ciò si vede un artista. Uno che riesce a fare una cosa simile è un maestro di sintesi».
P.B.: «Una delle cose che mi ha conquistato da subito è che Francesco è anche fantastico da disegnare: sembra uscito da una storia di Andrea Pazienza! Ti darò anche un’anticipazione: sto lavorando a un graphic novel su Piero Manzoni e quindi abbiamo parlato molto di lui visto che una delle canzoni più belle dei Baustelle, Un romantico a Milano, è dedicata proprio a lui: “il Manzoni quello vero/ Piero”. È un progetto a cui tengo molto ma come tutte le cose che amo di più sono costretto a farla nei ritagli di tempo».
Questo è un libro sulle case e Paolo Bacilieri è davvero il maestro a riguardo: come mai questa fascinazione?
P.B.: «Forse sono un architetto mancato? Un paesaggista?».
Secondo me c’è qualcosa di più: che cos’è che ti attrae? Sono anche difficilissime da disegnare… P.B.: «È più l’apparenza. Non sono così difficili se ci prendi la mano. Non so. Forse è qualcosa di profondo legato al fatto che io sono un montanaro trapiantato in città.
Edella città, di Milano in particolare, mi sono innamorato. Soprattutto di una certa architettura del dopoguerra come la Torre Velasca».
Montanaro di dove?
P.B.: «Di un paese minuscolo di rara bellezza della Valpolicella che si chiama Molina, anagramma di Milano. Un altro segno!».
Lì vicino abita Manara: è per questo che sei diventato suo assistente ai tuoi inizi?
P.B.: «Lo sono stato in maniera non ufficiale e molto generosa da parte sua quando ero giovanissimo. Tra l’altro una delle cose per cui gli sarò eternamente grato è che una volta mi ha portato con il suo famoso camper con cui ha viaggiato per mezzo mondo a Lucca, dove mi ha fatto conoscere Hugo Pratt».
Ma tu Francesco sei un appassionato di fumetti?
F.B.: «Da ragazzo ero un lettore di Bonelli. Il mio preferito era Tex. E poi di supereroi come l’Uomo Ragno e i Fantastici Quattro, anche perché ai tempi, all’edicola di Abbadia di Montepulciano non arrivava altro (ride). Poi, più grande, mi sono appassionato soprattutto ai noir: Diabolik, Sadik, queste cose. Perché li ho sempre associati a una sorta di strana cultura sotterranea popolare, considerata di serie B ma al tempo stesso anche “proibita”. E questo concetto è stato proprio quello a cui si sono ispirati i Baustelle: una band popolare, “pop” ma al tempo stesso fortemente alternativa. Il nostro era un vero e proprio manifesto, quindi alle radici dei Baustelle si potrebbe dire che in parte c’è il fumetto».