Robinson, 8 maggio 2021
Chi scrive non piglia pesci - "La ricerca della felicità" (Pursuit as Happiness): un inedito di Hemingway
Quell’anno avevamo in programma di pescare marlin al largo della costa cubana per un mese. Il mese cominciò il dieci di aprile, e il dieci di maggio avevamo venticinque marlin e il noleggio era terminato. A quel punto la cosa da fare sarebbe stata comprare qualche regalo da riportare a Key West e fare il pieno all’Anita con giusto un po’ più del necessario di costosa benzina cubana per compiere la traversata, superare la dogana e tornare a casa. Ma il passaggio dei pesci grossi non era ancora cominciato.
«Vuoi provarla per un altro mese, Cap?» chiese Mr Josie. Era il proprietario dell’Anita e la noleggiava per dieci dollari al giorno. Allora il prezzo standard del noleggio era trentacinque al giorno. «Se vuoi restare, posso abbassartela a nove dollari».
«Dove li troviamo i nove dollari?» «Mi paghi quando li trovi. Alla Standard Oil Company di Belot dall’altra parte della baia ti fanno credito, e quando ci mandano il conto posso pagarli con i soldi del noleggio del mese scorso. Se avremo brutto tempo potrai scrivere qualcosa».
«Va bene» dissi, e pescammo per un altro mese. Ormai avevamo quarantadue marlin e quelli grossi non erano ancora arrivati. C’era una corrente scura e impetuosa vicino al Morro – a volte con un sacco di pesci foraggio – e c’erano pesci volanti che uscivano da sotto la prua e uccelli sempre a caccia sull’acqua. Ma non avevamo fatto salire nessun marlin enorme, anche se ogni giorno prendevamo, o perdevamo, qualche marlin bianco e io ne avevo presi cinque in un solo giorno.
Eravamo molto benvoluti al porto perché macellavamo e regalavamo tutti i nostri pesci, e quando rientravamo superando il Castello del Morro e risalendo il canale verso i moli di San Francisco con la bandiera del marlin alzata vedevamo la folla mettersi a correre verso le banchine. Quell’anno il pesce veniva pagato da sedici a ventiquattro centesimi al chilo al pescatore e il doppio sul mercato. Il giorno in cui rientrammo con cinque bandiere, la polizia dovette caricare la folla con i manganelli. Fu una cosa brutta e crudele. Ma quello era un anno brutto e crudele sulla terraferma.
«La maledetta polizia fa scappare i nostri clienti regolari e si prende tutto il pesce» disse Mr Josie. «Vai al diavolo» disse a un poliziotto che si stava chinando verso un pezzo di marlin da cinque chili. «Non ho mai visto la tua brutta faccia. Come ti chiami?» Il poliziotto gli disse il suo nome.
«È nel libro del compromiso, Cap?» «No».
Il libro del compromiso era dove scrivevamo i nomi delle persone a cui avevamo promesso del pesce.
«Segnalo nel libro del compromiso per un pezzo piccolo la settimana prossima, Cap» disse Mr Josie. «Ora, poliziotto, togliti dai piedi e vai a manganellare qualcuno che non sia nostro amico. Nella mia vita ne ho visti abbastanza, di maledetti poliziotti. Forza. Prendi il manganello e la pistola e vattene dal porto, se non sei della polizia portuale».
Alla fine tutti i pesci vennero macellati e distribuiti secondo il libro e il libro era pieno di promesse per la settimana seguente.
«Vai all’Ambos Mundos a lavarti, Cap. Fatti una doccia, io ti raggiungo là. Poi possiamo andare al Floridita a discutere della questione. Quel poliziotto mi ha dato sui nervi».
«Vieni anche tu a farti una doccia».
«No. Posso darmi una ripulita anche qui sulla barca, dopo che Carlos avrà pulito. Oggi non ho sudato come te».
Così percorsi la salita acciottolata che era una scorciatoia per l’Hotel Ambos Mundos e controllai alla reception se c’era posta per me e poi salii in ascensore fino all’ultimo piano. La mia stanza era nell’angolo nord-orientale e l’aliseo entrava dalle finestre e la rinfrescava. Guardai dalla finestra i tetti della città vecchia e il porto più in là e osservai l’Orizaba uscire lentamente dal porto con tutte le luci accese. Dopo aver preso così tanti pesci ero stanco e avevo voglia di andare a letto. Ma sapevo che se mi fossi sdraiato avrei potuto addormentarmi, così mi sedetti sul letto e guardai fuori dalla finestra e osservai i pipistrelli a caccia e poi, finalmente, mi svestii e feci la doccia e mi infilai dei vestiti puliti e scesi di sotto. Mr Josie mi aspettava sulla soglia dell’albergo.
«Devi essere stanco, Ernest» disse.
«No» mentii.
«Io mi sono stancato» disse. «A vederti tirare su pesci. Solo due in meno del nostro record assoluto. Sette e l’occhio di un ottavo». Né a me né a Mr Josie piaceva pensare all’occhio dell’ottavo pesce, ma il record lo descrivevamo sempre così.
Stavamo camminando sullo stretto marciapiede di calle Obispo e Mr Josie guardava dentro le vetrine illuminate dei negozi. Non comprava mai niente fino al momento di tornare a casa. Ma gli piaceva guardare tutto quello che c’era in vendita. Oltrepassammo gli ultimi due negozi illuminati e la rivendita di biglietti della lotteria e spingemmo la porta a vento del vecchio Floridita.
«Sarà meglio che ti siedi, Cap» disse Mr Josie.
«No. Sto meglio in piedi al banco».
«Birra» disse Mr Josie. «Birra tedesca. Cosa bevi, Cap?» «Daiquiri ghiacciato senza zucchero».
Constante preparò il daiquiri e ne lasciò nello shaker una quantità sufficiente per altri due. Io stavo aspettando che Mr Josie tirasse fuori la questione. La tirò fuori appena gli arrivò la birra.
«Carlos dice che devono arrivare per forza il mese prossimo» disse. Carlos era il nostro secondo cubano e un ottimo pescatore professionista di marlin. «Dice che non ha mai visto una corrente come questa e quando arriveranno sarà una cosa mai vista. Dice che devono arrivare per forza».
«L’ha detto anche a me».
«Se vuoi provare per un altro mese, Cap, posso dartela per otto dollari al giorno e posso cucinare, così non sprechiamo soldi per i panini. All’ora di pranzo possiamo entrare nell’insenatura e io cucinerò lì. Stiamo prendendo un sacco di quei tonnetti striati. Sono buoni come il tonno. Carlos dice che può comprarci qualcosa di economico al mercato quando va a prendere le esche. Poi la sera possiamo cenare alla Perla de San Francisco. Ieri ci ho mangiato bene per trentacinque centesimi».
«Io ieri sera non ho mangiato e ho risparmiato».
«Devi mangiare, Cap. Forse è per questo che oggi sei un po’ stanco».
«Lo so. Ma sei sicuro di voler provare per un altro mese?» «Non devo tirarla in secco ancora per un mese. Perché dovremmo mollare quando stanno arrivando quelli grossi?» «Non preferiresti fare qualcos’altro?» «No. E tu?» «No. Credi che arriveranno davvero?» «Carlos dice che devono arrivare per forza».
«Allora immagina che ne agganciamo uno e non riusciamo a gestirlo con l’attrezzatura che abbiamo».
«Dobbiamo gestirlo. Puoi restare con lui in eterno se mangi bene. E noi mangeremo bene. Poi ho pensato un’altra cosa».
«Cosa?» «Se vai a letto presto e non fai vita sociale, puoi svegliarti all’alba e cominciare a scrivere e finire la tua giornata di lavoro per le otto. Io e Carlos avremo tutto pronto e tu dovrai solo salire a bordo».
«Okay» dissi. «Niente vita sociale».
«È la vita sociale che ti logora, Cap. Ma non dico di eliminarla del tutto. Tienila per il sabato sera».
«Bene» dissi. «Vita sociale solo il sabato sera. Ora, cosa mi suggeriresti di scrivere?» «Questo sta a te, Cap. Non voglio interferire. Il tuo lavoro ti è sempre venuto bene».
«Cosa ti piacerebbe leggere?» «Perché non scrivi qualche bel racconto sull’Europa o sull’Ovest o su quando vivevi come un barbone o sulla guerra o qualcosa del genere? Perché non ne scrivi uno sulle cose che sappiamo solo io e te? Scrivine uno su quello che ha visto l’Anita. Potresti metterci dentro tanta vita sociale da farlo piacere a tutti».
«Sto per rinunciare alla vita sociale».
«Certo, Cap. Ma ne hai parecchia da ricordare. Rinunciarci adesso non ti farà male».
«No» dissi. «Grazie mille, Mr Josie. Domattina mi metterò al lavoro».
«Secondo me prima che cominciamo con il nuovo sistema tu stasera dovresti mangiare una bella bisteccona al sangue, così domani sarai forte e ti sveglierai con la voglia di lavorare e pronto per uscire a pesca. Carlos dice che quelli grossi possono arrivare da un momento all’altro. Cap, devi essere al meglio per riceverli».
«Pensi che un altro di questi potrebbe farmi male?» «Certo che no, Cap. C’è dentro solo rum e un po’ di succo di lime e maraschino. Niente che può far male a un uomo».
In quel momento due ragazze che conoscevamo entrarono nel bar. Erano ragazze molto carine e si erano messe in ghingheri per la serata.
«I pescatori» disse una in spagnolo.
«I due pescatori grandi e forti sono rientrati dal mare» disse l’altra.
«N.V.S.» mi disse Mr Josie.
«Niente vita sociale» confermai.
«Avete dei segreti?» chiese una delle ragazze. Era terribilmente carina e guardandola di profilo non si vedeva la leggera imperfezione laddove la mano destra di un precedente amico aveva guastato l’assoluta purezza delle linee del suo bellissimo naso.
«Io e il Cap stiamo parlando d’affari» disse Mr Josie alle due ragazze, e loro si spostarono in fondo al banco. «Visto com’è facile?» mi chiese. «Io mi occupo della parte sociale e tu non devi fare altro che alzarti presto al mattino e scrivere ed essere in forma per pescare. Pesci grossi. Di quelli che possono superare i quattrocentocinquanta chili». «Perché non ci scambiamo di posto?» dissi. «Io mi occupo della parte sociale e tu ti alzi presto al mattino e scrivi e ti mantieni in forma per pescare i pesci grossi che possono superare i quattrocentocinquanta chili».
«Lo farei volentieri, Cap» disse serio Mr Josie. «Ma sei tu quello che sa scrivere fra noi due. E sei più giovane di me e più adatto a gestire i pesci. Io ci metto la barca a un prezzo che copre appena l’usura del motore, visto come la facciamo correre».
«Lo so» dissi. «E cercherò anche di scrivere bene».
a«Voglio continuare a essere fiero di te» disse Mr Josie. «E voglio che prendiamo il maledetto marlin più grosso che abbia mai nuotato nell’oceano e lo pesiamo onestamente e lo tagliamo a pezzi e lo distribuiamo ai poveri che conosciamo senza darne neanche un po’ a nessun maledetto poliziotto manganellatore del paese».«Lo faremo».In quel momento una delle ragazze ci fece un cenno con la mano dall’estremità del banco. Era una serata fiacca e nel locale c’eravamo solo noi.«N.V.S.» disse Mr Josie.«N.V.S.» ripetei ritualmente.«Constante» disse Mr Josie. «Ernesto qui ha bisogno di un cameriere. Vogliamo ordinare un paio di bisteccone al sangue».Constante sorrise e alzò il dito per chiamare un cameriere.Mentre passavamo accanto alle ragazze per andare nella sala da pranzo, una di loro tese la mano e io gliela strinsi e mormorai solennemente in spagnolo: «N.V.S.».«Dio mio» disse l’altra ragazza. «Fanno politica, e in un anno come questo». Erano colpite e un po’ spaventate.Al mattino, quando la prima luce dell’alba che spuntava sull’altro lato della baia mi svegliò, mi alzai e cominciai a scrivere un racconto che speravo piacesse a Mr Josie.C’erano dentro l’Anita e il porto e i fatti che conoscevamo e cercai di metterci dentro il sentimento del mare e le cose che vedevamo e annusavamo e udivamo e toccavamo ogni giorno. Lavoravo al racconto tutte le mattine e pescavamo ogni giorno e prendevamo dei bei pesci. Mi allenavo duramente e li catturavo tutti stando in piedi, anziché seduto sul seggiolino. E i pesci grossi non erano ancora arrivati.Un giorno ne vedemmo uno che trainava il dinghy di un pescatore professionista, il dinghy basso di prua e il marlin che alzava spruzzi come un motoscafo ogni volta che saltava.Quello riuscì a scappare. Un altro giorno, durante un piovasco, vedemmo quattro uomini che cercavano di issarne uno, largo e alto e viola scuro, a bordo di una piccola barca. Quel marlin pesava più di duecento chili pulito e vidi le enormi bistecche che se ne ricavarono sulla lastra di marmo del mercato vecchio.Poi, un giorno di sole, con una corrente scura e impetuosa, l’acqua così limpida vicino alla riva che si vedevano le secche all’imboccatura del porto a dieci braccia di profondità, incontrammo il nostro primo pesce grosso proprio davanti al Morro. A quei tempi non c’erano divergenti né portacanne e io stavo calando una montatura leggera, sperando di tirare su uno sgombro reale nel canale, quando quel pesce abboccò. Venne fuori di slancio e il suo rostro sembrava una stecca da biliardo segata. Dietro di esso la testa appariva enorme e il corpo sembrava largo quanto un dinghy.Poi ci superò a tutta velocità, con la lenza che filava parallela alla barca e il mulinello che si svuotava così in fretta da diventare rovente al tocco. C’erano quattrocento metri di treccia a quindici fili sul mulinello e ne era già andata via la metà quando raggiunsi la prua dell’Anita.La raggiunsi aggrappandomi agli appigli che avevamo montato sul ponte superiore. Ci eravamo esercitati in questa corsa e nell’arrampicata sul ponte anteriore dove si potevano puntare i piedi contro la prua della barca. Ma non ci eravamo mai esercitati con un pesce che ti passava di fianco come un treno espresso quando sei alla fermata del locale, e con un braccio che teneva la canna, la quale sgroppava e si piantava nel supporto, e con l’altra mano ed entrambi i piedi nudi che frenavano sul ponte mentre il pesce ti trascinava in avanti.«Metti in moto, Josie!» gridai. «Se la sta prendendo tutta.» «È in moto, Cap. Eccolo lì.» Adesso avevo un piede puntato contro la prua dell’Anita e l’altra gamba contro l’ancora di dritta. Carlos mi teneva per la vita e davanti a noi il pesce stava saltando. Quando saltava sembrava grosso come una botte. Era color argento nel sole splendente, e vedevo le larghe strisce viola lungo i fianchi. Ogni volta che saltava sollevava spruzzi come un cavallo caduto da una scogliera e lui saltava e saltava e saltava. Il mulinello era troppo surriscaldato per tenerlo in mano e la bobina di lenza si assottigliava sempre di più malgrado l’Anita inseguisse il pesce a tutta velocità.«Non riesci a spremerla di più?» gridai a Mr Josie.«Manco per idea» rispose. «Quanta lenza ti resta?» «Pochissima, maledizione».«È grosso» disse Carlos. «È il marlin più grosso che abbia mai visto. Deve solo fermarsi. O immergersi. Allora lo raggiungiamo e recuperiamo lenza».Appena al largo del Castello del Morro il pesce si lanciò nella sua prima fuga fino davanti all’Hotel Nacional. Noi seguimmo più o meno lo stesso tragitto. Poi, quando restavano meno di venti metri di lenza sul mulinello, si fermò e noi lo raggiungemmo, continuando a riavvolgere la lenza.Ricordo che davanti a noi c’era una nave della Grace Line con la pilotina nera che le andava incontro e io temevo che potessimo ritrovarci sulla sua rotta mentre entrava nel canale.Poi ricordo di averla tenuta d’occhio mentre riavvolgevo e di essere tornato a poppa e averla vista prendere velocità. Stava entrando parecchio più in là di noi e neppure la pilotina ci avrebbe investiti.Adesso ero sul seggiolino e il pesce andava su e giù e avevamo un terzo della lenza sul mulinello. Carlos aveva versato acqua di mare sul mulinello per raffreddarlo e mi aveva versato una secchiata d’acqua sulla testa e sulle spalle.«Come va, Cap?» chiese Mr Josie.«Bene».«Non ti sei fatto male su a prua?» «No».«Hai mai pensato che esistesse un pesce così?» «No».«Grande. Grande» continuava a ripetere Carlos. Tremava come un cane da caccia, un bravo cane da caccia. «Non ho mai visto un pesce simile. Mai. Mai. Mai».Non lo rivedemmo per un’ora e venti minuti. La corrente era fortissima e ci aveva portati davanti a Cojímar, a una decina di chilometri da dove il pesce si era immerso per la prima volta. Ero stanco ma avevo mani e piedi in buone condizioni e ora guadagnavo lenza con regolarità, facendo attenzione a non tirare con violenza e a non dare strattoni.Ora potevo spostarlo. Non era facile. Ma era possibile se si teneva la lenza appena al di sotto del punto di rottura.«Sta per venire su» disse Carlos. «A volte quelli grossi fanno così e si possono raffiare mentre sono ancora innocenti».«Perché viene su adesso?» domandai.«È confuso» disse Carlos. «E lei lo conduce. Non capisce cosa sta succedendo».«Non facciamoglielo scoprire» dissi.«Peserà più di quattrocento chili pulito» disse Carlos.«Smettila di parlarne» disse Mr Josie. «Non vuoi lavorarteloin un altro modo, Cap?»«No».Quando lo vedemmo ci rendemmo conto di quanto era grosso. Non si può dire che fosse spaventoso. Ma era imponente.Lo vedemmo lento e calmo e quasi immobile nell’acqua con le grandi pinne pettorali come due lunghe lame di falce viola. Poi vide la barca e la lenza cominciò a scorrere via dal mulinello come se fossimo agganciati a un’automobile, e lui cominciò a saltare verso nord-ovest con l’acqua che gli colava di dosso a ogni salto.Dovetti ritornare a prua e lo inseguimmo finché non si immerse. Stavolta andò giù quasi di fronte al Morro. Poi riguadagnai la poppa.«Vuoi bere qualcosa, Cap?» chiese Mr Josie.«No» dissi. «Di’ a Carlos di versare un po’ d’olio sul mulinello senza spanderlo in giro e di versare ancora un po’ di acqua salata addosso a me».«Davvero non vuoi che ti porti niente, Cap?» «Due mani e una schiena nuove» dissi. «Quel figlio di puttana è fresco come all’inizio».Lo rivedemmo dopo un’ora e mezzo, ben oltre Cojímar, e saltò e partì di nuovo in fuga e io dovetti andare a prua mentre lo inseguivamo.Quando tornai a poppa e riuscii di nuovo a sedermi, Mr Josie disse: «Come sta, Cap?».«È sempre lo stesso. Ma la canna comincia a perdere tempra».La canna era curva come un arco teso. Ma adesso, quando l’alzavo, non si raddrizzava come avrebbe dovuto.«Il motore tiene botta» disse Mr Josie. «Puoi stargli dietro per sempre, Cap. Vuoi ancora un po’ d’acqua sulla testa?» «Per ora no» dissi. «Sono preoccupato per la canna. Il peso del pesce le ha tolto la tempra».Un’ora dopo il pesce si stava avvicinando bene, con regolarità, e nuotava in grandi giri lenti.«È stanco» disse Carlos. «Ora verrà facilmente. I salti gli hanno riempito d’aria le sacche e non può andare in profondità».«La canna è andata» dissi. «Non si raddrizza più».Era vero. La punta della canna toccava la superficie dell’acqua e non reagiva quando l’alzavi per far salire il pesce e per riavvolgere la lenza. Non era più una canna.Era una specie di prolungamento della lenza. Era ancora possibile guadagnare qualche centimetro di lenza ogni volta che l’alzavi. Ma niente di più.Il pesce si muoveva in lenti giri e mentre si trovava nella parte esterna del giro toglieva lenza dal mulinello. Nella parte interna la riguadagnavi. Ma con la canna senza più tempra non potevi strapazzarlo e non avevi alcun controllo su di lui.«Va male, Cap» dissi a Mr Josie. «Se adesso decide di andare giù a morire non riusciremo mai a tirarlo su».«Carlos dice che sta venendo su. Dice che ha preso così tanta aria saltando che non può andare a morire sul fondo. Dice che quelli grossi si comportano sempre così alla fine quando hanno saltato molto. Ho contato trentasei salti e forse me n’è sfuggito qualcuno».Era uno dei discorsi più lunghi che gli avessi mai sentito fare e ne rimasi colpito. Proprio allora il grosso pesce cominciò ad andare giù giù giù. Io frenavo con entrambe le mani sul tamburo del mulinello e mantenevo la lenza vicina al punto di rottura e sentivo il metallo del tamburo ruotare in lenti scatti sotto le dita.«Hai tenuto il tempo?» chiesi a Mr Josie.«Sei con lui da tre ore e cinquanta minuti».«Credevo avessi detto che non poteva andare giù a morire» dissi a Carlos.«Hemingway, deve venire su. So che deve venire su».«Spiegalo a lui» dissi.«Portagli un po’ d’acqua, Carlos» disse Mr Josie. «Non parlare, Cap.» L’acqua ghiacciata mi fece star meglio e me la sputai sui polsi e dissi a Carlos di versarmi il resto del bicchiere sulla nuca. Il sudore salava i punti delle spalle dove l’imbracatura aveva scorticato la pelle ma il sole scottava così tanto che non sentivo il calore del sangue. Era una giornata di luglio e il sole era a mezzogiorno.«Mettigli ancora un po’ d’acqua salata sulla testa» disse Mr Josie. «Con una spugna».Proprio allora il pesce smise di prendere lenza. Restò fermo per alcuni istanti, durante i quali lo sentii inchiodato come se avessi agganciato un molo di cemento, e poi cominciò lentamente a risalire. Recuperai la lenza, girando il mulinello solo con il polso perché la canna non aveva alcuna elasticità ed era floscia come un salice piangente.Quando arrivò a circa un braccio sotto la superficie, apparendoci come una lunga canoa a strisce viola con due grandi ali sporgenti, il pesce si mise lentamente a girare.Esercitai la maggiore tensione possibile per tentare di accorciare il giro. Stavo resistendo a quell’assoluta rigidezza che indica il carico di rottura della lenza, quando la canna cedette. Non si spezzò di netto o all’improvviso. Semplicemente si afflosciò.«Taglia cinquanta metri di lenza dalla montatura grossa» dissi a Carlos. «Lo tratterrò sui giri e quando si avvicinerà potremo recuperare sufficiente lenza per legare insieme questa lenza con quella grossa e cambierò la canna».Non si trattava più di prendere il pesce per battere un record mondiale o qualche altro genere di record, visto che la canna si era rotta. Ma ormai il pesce era sbaragliato e con l’attrezzatura pesante contavamo di prenderlo. L’unico problema era che la canna grossa era troppo rigida per la treccia a quindici fili. Ma era un problema mio e avrei dovuto risolverlo da solo.Carlos stava srotolando la treccia bianca a trentasei fili dal grosso mulinello Hardy, misurandola con le braccia tese mentre la sfilava attraverso gli anelli della canna e la lasciava cadere sul ponte. Mentre trattenevo il pesce come potevo con la canna fuori uso vidi Carlos tagliare la lenza bianca e farne passare un lungo pezzo attraverso gli anelli.«Va bene, Cap» dissi a Mr Josie. «Prendi questa lenza quando il pesce si avvicina e recuperane quanto basta perché Carlos riesca a legarla insieme all’altra. Recuperalapiano, con calma».Quando compì il suo giro il pesce ricominciò ad avvicinarsi con moto regolare mentre Mr Josie ritirava la lenza un po’ alla volta e la passava a Carlos, che l’annodava alla lenza bianca.«Le ha legate» disse Mr Josie. Gli restava ancora circa un metro della lenza verde a quindici fili e stringeva fra le dita la lenza in funzione mentre il pesce raggiungeva il limite interno del giro. Staccai le mani dalla canna piccola, la misi giù e presi la canna grossa che Carlos mi porgeva.«Quando sei pronto taglia» dissi a Carlos. A Mr Josie dissi: «Dai lenza piano e con calma, Cap, e io userò una frizione leggera leggera finché non prendiamo confidenza».Stavo osservando la lenza verde e il grande pesce quando Carlos tagliò. Poi sentii un urlo come non ne ho mai sentiti emettere da un essere umano sano di mente. Era come se si potesse distillare tutta la disperazione del mondo e trasformarla in suono. Poi vidi la lenza verde scorrere lentamente fra le dita di Mr Josie e la guardai andare giù, giù, e poi sparire. Carlos aveva tagliato l’occhiello sbagliato dei nodi che aveva fatto. Il pesce era sparito.«Cap» disse Mr Josie. Non aveva una bella cera. Poi guardò l’orologio. «Quattro ore e ventidue minuti» disse.Al mattino, quando la prima luce dell’alba che spuntava sull’altro lato della baia mi svegliò, mi alzai e cominciai a scrivere un racconto che speravo piacesse a Mr Josie C’erano dentro l’Anita e il porto e i fatti che conoscevamo e cercai di metterci dentro il sentimento del mare e le cose che vedevamo e annusavamo e udivamo e toccavamo ogni giorno “Voglio che prendiamo il maledetto marlin più grosso che abbia mai nuotato nell’oceano e lo pesiamo onestamente e lo distribuiamo ai nostri poveri”Ero stanco ma avevo mani e piedi in buone condizioni e ora guadagnavo lenza con regolarità, facendo attenzione a non tirare con violenza e a non dare strattoniL’acqua ghiacciata mi fece star meglio e me la sputai sui polsi e dissi a Carlos di versarmi il resto del bicchiere sulla nuca Era una giornata di luglio e il sole era a mezzogiornoPoi sentii un urlo come non ne ho mai sentiti emettere da un essere umano sano di menteEra come se si potesse distillare tutta la disperazione del mondo e trasformarla in suono
Andai giù a vedere Carlos. Aveva vomitato a prua e gli dissi di non sentirsi in colpa, poteva succedere a chiunque.La sua faccia bruna era tutta contratta e parlava con una strana voce bassa che facevo fatica a sentire.«Non ho mai visto un pesce come quello in tutta la mia vita di pescatore e guardi cosa ho fatto. Ho rovinato la vita a lei e a me.» «Diavolo» gli dissi. «Non devi dire sciocchezze del genere. Prenderemo un sacco di pesci più grandi». Ma non li prendemmo mai.Io e Mr Josie ci sedemmo a poppa e lasciammo che l’Anita andasse alla deriva. Era una splendida giornata nel Golfo, con appena una leggera brezza, e guardavamo la costa con le piccole montagne sullo sfondo. Mr Josie mi stava mettendo il mercurocromo sulle spalle e sulle mani, nei punti dove erano rimaste attaccate alla canna, e sulle piante dei piedi nudi, dove la pelle era abrasa. Poi preparò due whiskey sour.«Come sta Carlos?» domandai.«È a pezzi. Se ne sta rannicchiato là sotto».«Gli ho detto di non prendersela con se stesso».«Certo. Ma lui se ne sta là sotto a prendersela con se stesso».«Allora, ti piacciono quelli grossi?» domandai.«Voglio fare solo questo per sempre» disse Mr Josie. «Te l’ho manovrata bene, Cap?» «Certo che sì».«No. Dimmi la verità».«Te l’ho detta».«Il noleggio dovrebbe finire oggi. Ora pescherò gratis, se vuoi».«No».«Preferisco che sia andata così. Ti ricordi quando filava verso l’Hotel Nacional a una velocità mai vista?» «Mi ricordo tutto di lui».«Stai scrivendo bene, Cap? Non è troppo difficile farlo al mattino presto?» «Sto scrivendo meglio che posso».«Tu continua così e saremo tutti a posto per sempre».«Domattina potrei rinunciare».«Perché?» «Ho mal di schiena».«Ma non hai mal di testa, vero? Non scrivi mica con la schiena».«Avrò anche le mani doloranti».«Diavolo, una matita sarai capace di tenerla. Domattina probabilmente scoprirai di averne voglia».Strano a dirsi ma andò proprio così, e il giorno dopo lavorai bene e alle otto eravamo fuori dal porto ed era un’altra giornata perfetta, con solo una lieve brezza e la corrente vicina al Castello del Morro, come il giorno prima. Quel giorno non mettemmo fuori nessuna montatura leggera quando raggiungemmo l’acqua limpida. Lo avevamo fatto una volta di troppo. Agganciai un grosso sgombro reale da un paio di chili con l’unica attrezzatura davvero pesante che avevamo, la canna pesante Hardy e il mulinello con la treccia bianca a trentasei fili, un’ottima attrezzatura per quei tempi. Carlos aveva impiombato di nuovo i cinquantacinque metri di lenza che aveva staccato il giorno prima e il mulinello da cinque pollici era pieno. L’unico problema era che la canna era troppo rigida. Nella pesca d’altura una canna troppo rigida uccide il pescatore, mentre una canna che si piega come si deve uccide il pesce.Carlos parlava solo quando gli si rivolgeva la parola ed era ancora pieno di rammarico. Io non potevo permettermi il rammarico perché avevo troppo male e Mr Josie non era mai stato tipo da rammaricarsi.«Ha passato tutta la mattina a scuotere quella maledetta testa» disse. «Non riporterà indietro nessun pesce, così».«Tu come stai, Cap?» chiesi. Ci chiamavamo Cap in maniera intercambiabile.«Sto bene» disse Mr Josie. «Ieri sera sono andato in centro e mi sono seduto in piazza ad ascoltare quell’orchestra di ragazze e ho bevuto qualche bottiglia di birra e poi sono andato da Donovan’s. C’era l’inferno».«Che tipo di inferno?» «Non un buon inferno. Pessimo. Cap, sono contento che non sei venuto».«Raccontami» dissi, tenendo la canna bene in fuori e in alto lungo il fianco della barca in modo da far saltellare il grosso sgombro sul margine della scia. Carlos aveva girato l’Anita per seguire il margine della corrente oltre la Fortezza de la Cabaña. Il cilindro bianco del teaser saltava e guizzava nella scia e Mr Josie si era sistemato sul seggiolino e stava agganciando un’altra grossa esca da sgombro sul suo lato della poppa.«Da Donovan’s c’era un uomo che sosteneva di essere un capitano della polizia segreta. Ha detto che gli piaceva la mia faccia e che avrebbe ucciso qualunque cliente del locale per farmi un regalo. Ho cercato di calmarlo. Ma lui ha detto che gli piacevo e voleva uccidere qualcuno per dimostrarlo. Era uno di quei poliziotti speciali di Machado. I manganellatori».«Li conosco».«Lo immagino, Cap. Comunque sono contento che non c’eri».«Cos’ha fatto?».«Continuava a voler uccidere qualcuno per provare quanto gli piacevo e io continuavo a dirgli che non era necessario e che era meglio se beveva qualcosa e lasciava perdere. Allora lui si calmava un po’ e poi voleva di nuovo uccidere qualcuno».«Doveva essere un tipo simpatico».«Cap, era un miserabile. Ho provato a raccontargli del pesce per distrarlo. Ma lui ha detto: “Io cago sul tuo pesce. Tu non hai mai avuto nessun pesce. Capito?”. Allora io ho detto: “Okay, caga sul pesce. Accontentiamoci di questo e andiamo a casa tutti e due”. “A casa un corno!” dice lui. “Io ucciderò qualcuno per farti un regalo e cagherò sul pesce. Non c’era nessun pesce. Hai capito bene?” Allora gli ho augurato la buonanotte, Cap, e ho pagato Donovan, ma quel poliziotto butta giù i miei soldi dal banco e ci mette il piede sopra. “Col cavolo che vai a casa” ha detto. “Tu sei mio amico e starai qui”. Così gli ho augurato la buonanotte e ho detto a Donovan: “Donovan, mi dispiace che i tuoi soldi sono sul pavimento”. Non sapevo cosa avrebbe tentato di fare quel poliziotto e non mi importava. Io stavo andando a casa. Così appena mi avvio il poliziotto tira fuori la pistola e si mette a colpire con il calcio un poveraccio di gallego che stava bevendo una birra e non aveva aperto bocca per tutta la sera. Nessuno gli ha fatto niente, a quel poliziotto. Neanch’io. Mi vergogno, Cap».«Non durerà ancora per molto» dissi.«Lo so. Perché non può durare. Ma la cosa peggiore è che quel poliziotto ha detto che gli piaceva la mia faccia. Che razza di faccia ho, Cap, per piacere a un poliziotto come quello?».Anche a me piaceva molto la faccia di Mr Josie. Mi piaceva più della faccia di quasi tutti quelli che conoscevo.Mi ci era voluto parecchio tempo per apprezzarla perché era una faccia che non era stata scolpita per un successo rapido o superficiale. Si era formata in mare, dal lato redditizio del banco di un bar, giocando a carte con i giocatori d’azzardo, e durante imprese rischiose concepite e affrontate con fredda e rigorosa intelligenza. Nessuna parte di quella faccia era bella tranne gli occhi, che erano di un azzurro più chiaro e più strano del Mediterraneo nella giornata più limpida e luminosa. Gli occhi erano meravigliosi e la faccia non era certo bella e adesso sembrava di cuoio grezzo.«Hai una buona faccia» dissi. «Probabilmente l’unica cosa buona di quel figlio di puttana è il fatto di averlo notato».«Be’, ora mi terrò lontano dai locali finché questa faccenda non sarà terminata» disse Mr Josie. «Starmene seduto sulla piazza con l’orchestra di ragazze e quella ragazza che canta è stato proprio bellissimo. Come stai veramente,Cap?».«Sto piuttosto male» dissi.«Non ti ha colpito nella pancia? Ero sempre preoccupato quando stavi a prua».«No» dissi. «È alla base della schiena».«Le mani e i piedi non hanno niente e ho fasciato l’imbracatura» disse Mr Josie. «Così non ti scorticherà più la pelle. Hai davvero lavorato bene, Cap?».«Certo» dissi. «Si fa una fatica del diavolo a prendere l’abitudine e poi è altrettanto difficile perderla».«Brutta cosa l’abitudine, lo so» disse Mr Josie. «E probabilmente il lavoro uccide più di ogni altra abitudine. Ma tu, quando sei lì che lo fai, te ne freghi di tutto il resto».Guardai verso la riva ed eravamo davanti a una calcara, vicina alla spiaggia dove l’acqua era molto profonda e la corrente del Golfo arrivava quasi fino a riva. C’era un po’ di fumo che usciva dalla fornace e vedevo la polvere alzata da un camion che avanzava lungo la strada rocciosa. Alcuni uccelli si davano da fare sopra una chiazza di pesci foraggio sottocosta. Poi sentii Carlos gridare: «Marlin! Marlin!».Lo vedemmo tutti nello stesso istante. Era scurissimo nell’acqua e, mentre lo guardavo, il rostro venne fuori dall’acqua dietro il grosso sgombro. Era un brutto rostro, arrotondato e spesso e corto, e il pesce che lo seguiva si gonfiò sotto la superficie.«Tiri!» gridò Carlos. «Ce l’ha in bocca».Mr Josie stava ritirando l’esca e io aspettavo la tensione che significava che il marlin aveva veramente preso lo sgombro.(Per gentile concessione di Mondadori Libri © 1952 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano © 2015 Mondadori Libri S.p.A., Milano I edizione Oscar Moderni aprile 2021 Il racconto Pursuit As Happiness è stato pubblicat per la prima volta nel volume Ernest Hemingway, The Old Man and the Sea, The Hemingway Library Edition, Scribner, New York 2020)