Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  maggio 08 Sabato calendario

Intervista al presidente del Niger Mohamed Bazoum (parla di migrazioni e lotta al terrorismo)


NIAMEY – «L’Italia è un Paese vicino al Niger, abbiamo sfide comuni e vi chiediamo di proseguire un partenariato per sviluppare tutto il Sahel». Queste le parole di Mohamed Bazoum, neo-eletto presidente del Niger, in questa intervista esclusiva rilasciata a Repubblica, per parlare soprattutto di migrazioni e lotta al terrorismo.
Il Niger è al centro di una regione in subbuglio. Dal 2015 in poi, sigle legate ad Al Qaeda, a Boko Haram e allo Stato Islamico hanno colpito il Paese con sempre più forza. Come invertire questa tendenza?
«Il problema è a ovest, lungo la frontiera con il Mali. Le basi dei terroristi sono in Mali ed è da lì che passa la soluzione a tutti i problemi del Sahel. Serve quindi una grande mobilitazione internazionale, per far sì che le autorità e le forze di sicurezza del Mali tornino a controllare tutto il territorio nazionale. Il Niger deve fare la sua parte, certo. Stiamo lavorando sulla formazione e sul reclutamento di nuovo personale per le forze di sicurezza e contiamo sul sostegno dei nostri partner».
Assistiamo ad una nuova strategia da parte del cosìdetto Stato Islamico nel Grande Sahara: colpire i civili.
Oltre 200 persone sono state uccise nel solo mese di marzo. Come garantirete la protezione dei civili?
«La risposta è in una presenza massiccia e in una maggiore mobilità delle nostre forze armate. Finché i terroristi sentiranno che lo Stato è assente, continueranno a massacrare civili».
Paesi vicini, come Mali e Burkina Faso, hanno aperto uno spiraglio al dialogo con formazioni jihadiste. È un’opzione anche per il Niger?
«Assolutamente no. Non sapremmo con chi negoziare: non ci sono leader terroristi del Niger, né rivendicazioni nei confronti delle nostre istituzioni. Ci sono invece giovani nigerini, spesso poco istruiti, reclutati da gruppi i cui capi vengono in gran parte dal Maghreb. L’unico modo per convincerli ad abbandonare i terroristi, è stabilire un rapporto di forza militare».
Quale ruolo avranno partner internazionali come Francia, Stati Uniti, Italia, Germania ed Unione europea, nello sviluppo di questo rapporto di forza militare?
«La Francia è un attore chiave, tramite la missione militare Barkhane, che interviene in coordinamento con le nostre forze armate. Barkhane offre un apporto per noi prezioso: sorveglianza e intervento aereo, su cui siamo deboli. Gli altri partner, Italia inclusa, si occupano invece della formazione delle nostre forze speciali, accompagnata in alcuni casi dalla donazione di equipaggiamento militare, soprattutto da parte degli Usa. Una cooperazione che ci auguriamo prosegua».
Dal territorio del Niger partono anche droni armati, francesi e statunitensi. Questa presenza ha mai posto dei problemi?
«È un uso per ora limitato e non ci sono mai stati incidenti».
Veniamo all’Italia, che nel 2017 ha aperto un’ambasciata e dal 2018 ha una presenza militare stabile. Come giudica la cooperazione con il nostro Paese?
«L’Italia è venuta essenzialmente con un suo obiettivo, legato alla lotta all’immigrazione irregolare. Ma i rapporti tra i nostri Paesi vanno al di là di immigrazione e sicurezza: mi auguro che ci sia, da parte italiana, un rinnovato contributo agli sforzi di sviluppo economico del Niger e di tutta la regione del Sahel».
La cooperazione migratoria tra Niger e Paesi europei è dunque destinata a proseguire sulla stessa linea?
«Il Niger è essenzialmente un Paese di transito, per cittadini di diversi paesi dell’Africa occidentale, che passano da qui per raggiungere la Libia e quindi l’Europa. A partire dal 2017, abbiamo fermato tutto questo e oggi, chi continua a raggiungere l’Italia dall’Africa occidentale, lo fa aggirando il Niger. Il dispositivo di controllo che abbiamo messo in piedi nel 2017 è sempre attivo. Proseguiremo su questa strada».