il Fatto Quotidiano, 8 maggio 2021
Ursula von Tomasi di Lampedusa
Com’e noto,secondo Karl Kraus, che ne fu grande produttore, un aforisma è una mezza verità o una verità e mezzo. Volendo aggiungere un corollario a questa celebre definizione, diremmo che un aforisma usato a sproposito resta una mezza verità, ma a volte può diventare due verità e mezzo. È il caso, quest’ultimo, occorso ieri alla presidente della Commissione Ue. Nata Albrecht da un capataz della Cdu nella Bassa Sassonia, Ursula usa il cognome del nobile marito: Von der Leyen. Particolare gustoso. Ieri infatti l’ottima Ursula col suo nobile cognome, inaugurando nell’usuale profluvio di banalità il Social Summit di Oporto, ha buttato lì quella che il suo ghostwriter avrà sicuramente ritenuto una citazione colta (e non due verità e mezzo, come in effetti è): “Il mondo sta cambiando e anche noi dobbiamo cambiare. Come ha detto il celebre Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: tutto deve cambiare, perché tutto resti come prima” (e via di Recovery Plan, cambiamento climatico, transizione digitale e resilienza in un crescendo che diremmo flaubertiano, nel senso del Dizionario dei luoghi comuni). Nel Gattopardo il nipote Tancredi spiega così al principe di Salina che bisogna adeguarsi alla nuova Italia unitaria per tenersi i propri privilegi: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Definendo con queste parole per sempre, parafrasiamo qui la Treccani, l’atteggiamento dei privilegiati di un passato regime che – mutata la situazione – appoggiano quello nuovo, anzi fanno finta d’esserne i promotori (“ante marcia”, avrebbe detto Totò). Mentre ci deliziamo con le schede del Pnrr, ricordate dunque a cosa serve secondo la nobile Ursula von der Leyen: “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”. Esaurito il senso politico della vicenda, resta la scelta della citazione, infausta e assieme perfetta. E qui si torna a Flaubert e al suo continuo studio della “bêtise”: Ennio Flaiano, scrivendo di una riduzione teatrale di Bouvard et Pécuchet negli anni 60, notava che la stupidità “oggi non è tanto più borghese, razionalista e volterriana, come ai tempi del farmacista Homais, quanto tesa verso il futuro, piena di idee. Oggi il cretino è pieno di idee”. E non si fa mancare i target e i milestone.