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 2021  maggio 08 Sabato calendario

Orsi & tori


Il sistema economico internazionale non ha avuto come effetto Covid soltanto la caduta del pil di tutti i Paesi del mondo, inclusa la Cina, che poi ha recuperato. Sono le regole del sistema economico globale che stanno cambiando giorno per giorno, un cambiamento più importante dell’altro e spesso in contraddizione fra loro. Naturalmente l’Italia non fa eccezione. E le reazioni sono le più imprevedibili. Si prendano i rapporti fra Unione Europea e Cina. Non è passato molto tempo da quando fra la Ue e il Celeste impero è stato firmato un nuovo accordo di relazioni economiche per agevolare gli scambi e rendere più fluida l’attività delle società di ciascun Paese nell’operare con l’altro. Su questo accordo gli Stati Uniti avevano mosso delle obiezioni, ma anche per il peso della Germania, che è leader delle attività economiche in Cina e dalla Cina in Germania, la Ue non si è fermata e ha firmato.Non è passato che poco tempo ed ecco che martedì 4 maggio la battagliera commissaria Margrethe Vestager lancia una nuova norma che gli Stati della Ue devono recepire e che introduce una sorta di Golden rule contro l’espansionismo cinese in Europa. Ogni Stato e quindi anche la Ue ha legittimità a emanare i provvedimenti che sono più opportuni per il proprio Paese, ma non si capisce perché prima si firmi un trattato e poi si alzino le barriere anche se, semplicemente, estendendo agli investimenti dei Paesi extra Ue la regola in vigore per gli Stati membri che vieta gli aiuti statali alle aziende. Insomma, un artificio per non dire che la Ue non accetta gli investimenti cinesi nelle aziende europee, visto che quasi sempre a comprare sono aziende partecipate dallo Stato cinese.
Senza Covid, questa decisione molto probabilmente non sarebbe stata presa, perché un po’ tutti gli Stati desiderano che l’economia nazionale sia arricchita da capitali esteri, cinesi o non cinesi. Quindi il primo effetto che si può notare del Covid sulle regole dell’economia è che cresce la tendenza a chiudere le porte agli investimenti esteri: perché è evidente che se la Ue ha firmato l’accordo con la Cina non molte settimane fa, chiedendo che le aziende europee in Cina siano rispettate e possano agire al pari di quelle cinesi, non poteva non sapere che la maggior parte degli investimenti cinesi ha come minimo una componente di capitale statale.
Il secondo effetto del Covid sulle regole economiche riguarda la clamorosa, ma condivisibile, proposta del presidente americano Joe Biden per la cancellazione dei diritti di brevetto sui vaccini in modo che la produzione diventi libera e possa avvenire in tutti i Paesi che hanno aziende farmaceutiche in grado di produrre questi farmaci.
Se non ci fosse una pandemia così grave e se ancora alla Casa Bianca ci fosse Donald Trump, non sarebbero mai state accolte dagli Stati Uniti le proposte lanciate da alcuni capi di Stato e di governo, come anche Mario Draghi, di violare i sacri frutti della ricerca e delle innovazioni di prodotto realizzate con investimenti importanti, talvolta anche contribuiti dagli Stati, ma pur sempre indirizzati al profitto delle singole aziende.
Quindi, la pandemia Covid ha avuto anche la capacità di annullare il principio assoluto del capitalismo e del profitto, anche se al momento quella del presidente Biden è una proposta.
Fino a prima del Covid, in nome del valore universale delle scoperte scientifiche, i brevetti e le scoperte potevano essere utilizzati dalle case farmaceutiche. Si tratta dei farmaci chiamati comunemente generici. Ma prima di poter utilizzare le scoperte e le formule degli altri dovevano e devono passare un numero consistente di anni.
La pandemia, almeno in questo caso, se il dettato di Biden diventerà legge, avrà avuto un altissimo effetto sociale. Del resto, come Draghi pacatamente ma indefessamente ripete da ben prima della nomina a presidente del Consiglio, il mondo è per la prima volta in una guerra globale e il nemico non è uno Stato piuttosto che un altro, ma un virus, contro il quale conviene a tutti schierarsi. E le armi sono, devono essere non solo i vaccini, che tendono a impedire il contagio: quando avviene il contagio, il vaccino non serve più a guarire i colpiti. E la farmacologia serve solo a curare gli effetti dell’infezione, non ad ammazzare il virus. Per questo al momento esistono poche medicine, anzi essenzialmente gli anticorpi monoclonali. Se somministrati tempestivamente impediscono al virus di vincere. Ci sono già in tutto il mondo somministrazioni sperimentali. Si dice che costano molto. Anche gli anticorpi monoclonali sono coperti da brevetti. Quindi anche per questi Biden o gli altri leader dovrebbero chiedere l’abolizione, almeno temporanea, dei diritti esclusivi di produzione in base al brevetto.
Sarebbe un grande mutamento delle regole esclusive del profitto, che pure è un importante motore della ricerca farmaceutica. Ma certo sarebbe un grande passo avanti sul piano della civiltà e della solidarietà umana. Tutto il male di una pandemia non verrebbe quindi solo per nuocere. E Biden, sapendo che Donald Trump è stato guarito subito con gli anticorpi monoclonali potendo proseguire la sua assurda campagna elettorale, non dovrebbe dolersene, tanto ha vinto. Dovrebbe invece replicare la richiesta, che ha fatto per i vaccini, anche per gli anticorpi monoclonali.
Dopo la dichiarazione di Biden, il meccanismo classico del capitalismo ha subito prodotto la reazione. Quasi come quando il vaccino crea reazione nel corpo umano quando viene iniettato. E le multinazionali detentrici dei brevetti hanno avuto una visibile caduta in borsa. Ma se il virus viene tenuto lontano dal vaccino sarà tutta l’economia a beneficiarne e quindi ci saranno altri titoli che risaliranno nelle Borse perché la ruota della produzione, dei consumi e quindi dei giusti profitti ricomincerà a girare a pieno volume. Anzi, più veloce di prima. Così lo sconvolgimento del sistema economico in termini di caduta dei valori, dei fatturati, del profitto troverà un nuovo equilibrio.
Apparirà ancora più chiaro come sia necessario contenere se non ridurre, con spacchettamenti, la potenza degli Ott, cresciuti fino a essere più potenti di molti Stati, per l’avidità degli Stati Uniti di mantenere il primato tecnologico. Il passaggio di internet da militare a uso civile, per decisione degli Stati Uniti di creare il più grande canale commerciale del mondo, ha beneficiato in maniera pericolosa del Covid. Il potere degli Ott è salito alle stelle come i loro profitti. Sembra quasi che quel virus abbia cominciato a circolare proprio per favorire i grandissimi gruppi americani, che violano la libertà e pluralità del mercato. Non è utopistico aspettare che l’amministrazione americana decida, come decise per AT&T, di dividere i vari colossi in più società e che comunque impedisca la cumulazione dei big data di provenienza differente. Un segnale c’è stato: Google, che ha il primato nel search e di conseguenza nell’informazione; che ha il primato nel sistema operativo degli smartphone; che ha il primato nei video con YouTube, ha recentemente comprato una casa produttrice di orologi digitali, in concorrenza con Apple, che consente di registrare tutti i dati del corpo umano. Google voleva fondere i Big Data di questa società con gli altri di cui dispone. Sarebbe venuto così a sapere non solo quali ricerche uno fa, quante mail manda e a chi, come vengono usati gli smartphone o chi guarda i filmati di YouTube, ma avrebbe potuto conoscere anche tutti i dati sanitari di chi porta al polso quegli orologi. Un dominio assoluto delle persone. Per fortuna il governo federale è intervenuto e la fusione non è potuta avvenire.
Appare evidente che comunque lo sconvolgimento del potere sulle persone, conquistato dagli Ott, ha avuto un supporto formidabile dal Covid.
Ma c’è un altro settore economico che ha ricevuto una spinta formidabile dal Covid, proprio per la dematerializzazione dei pagamenti. Le criptovalute, introdotte grazie alla blockchain, che teoricamente garantisce l’impossibilità per uno o più individui di modificare quanto è registrato in una catena di computer, e che per questo sono nate a livello privato, ora diventano anche moneta degli Stati. Mentre gli Usa premono per non indebolire il primato del dollaro come moneta di fatto universale, la Cina è passata all’attacco e ha deciso di lanciare lo yuan digitale. Secondo alcuni critici, esso è molto vicino allo yuan storico. Ma a Shenzhen, la città cinese della tecnologia, 50 mila persone selezionate hanno ricevuto 200 yuan (30 dollari), hanno scaricato una applicazione e hanno potuto comprare libri o altri prodotti. La moneta digitale si chiama ecny. E ha funzionato. Per questo molti Paesi stanno pensando di lasciare una moneta digitale. La Cina inizialmente lo ha fatto per tentare di frenare i grandi fornitori di moneta mobile, ma ora è un progetto che può rivoluzionare un sistema che resiste da molti decenni e che in passato era garantito dall’oro e prima ancora era materialmente d’oro.
Secondo il presidente della Consob, Paolo Savona, se gli Stati e le banche centrali non valuteranno cosa fare e se non ci sarà una nuova Bretton Woods, il mondo potrebbe, dal lato monetario incentivato dal Covid, entrare in un grave caos. Per questo, al numero di sabato 15, sarà allegato a MF-Milano Finanza il pamphlet di Savona, che chiunque ha a cuore il buon funzionamento del sistema monetario dovrà leggere.
Anche questo è un effetto, anche se parziale avendo accelerato i tempi, del Covid.
Ma il sistema economico e finanziario nei giorni scorsi ha visto un altro sconvolgimento delle tradizioni. Per la prima volta il più abile investitore del mondo, Warren Buffett, ha visto un voto a lui contrario nell’assemblea della sua società Berkshire Hathaway, da parte del più grande gruppo investitore del mondo, BlackRock, che ha anche votato contro la riconferma di due consiglieri della società di Buffet. La giustificazione di questi voti contrari: Berkshire non ha interagito in maniera adeguata con gli investitori istituzionali e non ha avuto un piano adeguato per i rischi climatici.
Eccola qua l’altra rivoluzione in economia e finanza del Covid. Non è altro che la totale consapevolezza che il Covid ha fatto maturare sulla necessità inderogabile di essere sostenibili per salvare il pianeta. Quello che era coscienza non di tutti sulla sostenibilità lo è diventata per le riflessioni che ognuno ha fatto durante la pandemia. E un azionista come BlackRock può votare contro un mito come Buffett perché giudica che la sua società non sia adeguata sulla sostenibilità. Ma mentre per quanto riguarda i rating del merito di credito delle società indipendenti c’è un’ampia tradizione, fino a essere quasi una scienza, per la sostenibilità girano ancora molto più le valutazioni empiriche che non i veri e propri rating. Come i lettori hanno appreso nel numero scorso, la prima società quasi con la patente di Esma, che rilascia rating sulla sostenibilità, è italiana, anche se con sede a Londra. Standard Ethics dopo aver dato il rating a Snam e al suo prestito obbligazionario, un rating sollecitato dalla società, nel mezzo della bufera della Superlega ha degradato JP Morgan, che aveva garantito la parte finanziaria delle squadre che volevano affermare la loro supremazia. Il rating di JP Morgan non era stato richiesto dalla banca, ma era stato rilasciato, unsolicited, come si fa anche per i rating finanziari. Il taglio del rating ha costretto JP Morgan a scusarsi. È anche questa una rivoluzione resa prorompente dal Covid. (riproduzione riservata)