la Repubblica, 21 aprile 2021
Che cos’è un museo (secondo il direttore del Museo Egizio di Torino)
Siamo finalmente prossimi alla riapertura dei Musei, possiamo tornare, rispettando i protocolli di sicurezza, a visitare le gallerie a soffermarci davanti agli artefatti, a soddisfare la nostra curiosità. Viene naturale chiederci perché questi luoghi ci siano così mancati nei lunghi mesi di chiusura, perché la nostra vita ci sia apparsa più arida, per quale motivo ci siamo sentiti a volte privi di radici.
I musei sono un’evidenza tangibile di come una società organizzi il suo sapere e quali siano i principi che sottendono a tale processo. Nuove epistemologie cercano di comprendere e definire quale debba essere il ruolo di queste istituzioni all’interno della società contemporanea.
È convinzione comune che i musei esprimano il carattere di un luogo, l’identità di una comunità, e provvedano a radicare la società alla sue origini più profonde. Certamente questi aspetti sono essenziali e vanno tenuti in grande considerazione. Risultano, tuttavia, generici e non colgono nel profondo la vera natura del Museo. L’accrescimento culturale, la funzione educativa, l’intrattenimento ed il diletto possono essere ugualmente forniti dal teatro, dalla musica, dalla letteratura. Ciò che contraddistingue il Museo è la presenza delle collezioni. Esiste un’interdipendenza fra l’essere umano e la cultura materiale da lui prodotta. Gli oggetti, poi, creati dall’uomo gli sopravvivono e restano testimoni della sua vita, delle sue abitudini, delle sue relazioni.
Ciascun oggetto, infatti, raccoglie in sé una moltitudine di informazioni. Innanzitutto possiamo cercare di dargli una contestualizzazione cronologica e di capire da dove esso provenga e quale sia stata la sua funzione. Ecco, quindi, che raccogliendo tutti questi dati l’oggetto pian piano ci svela la sua storia, ci permette di ricostruire la sua biografia e diventa la chiave di lettura per comprendere abitudini e costumi delle generazioni passate. Considerare, però, l’artefatto come mero documento storico, come il testimone superstite di un mondo lontano e scomparso non rende a pieno giustizia del suo valore. Quando visitiamo un museo e ammiriamo un manufatto custodito all’interno di una vetrina instauriamo con esso un rapporto che va aldilà della sua testimonianza del mondo a cui è appartenuto. Suddetto oggetto, infatti, " vive" nel presente una nuova esistenza. Viene ammirato, classificato, interpretato e assume un valore probabilmente molto diverso da quanto aveva nel passato. Allora anche questa seconda vita, condotta nel museo, ha la sua valenza e deve essere analizzata e studiata. Potremmo dire che nel ricostruire la biografia dell’oggetto non dobbiamo dimenticarci che esso è stato dimenticato e disperso, a volte è stato riutilizzato con scopi e finalità diverse, è stato riscoperto, è tornato a nuova vita, è entrato a far parte della storia del collezionismo e ora esercita una sua funzione all’interno di un percorso museale. Per ricostruire la biografia di un artefatto custodito all’interno di un museo, quindi, non dobbiamo dimenticarci del valore degli archivi che documentano la storia della sua acquisizione nel mercato antiquario o del suo rinvenimento archeologico, nonché l’importanza che può aver rivestito nella storia della disciplina e l’interesse che ha suscitato fra gli studiosi e la comunità civile in generale.
Il Museo è quindi custode di questa memoria collettiva e suo compito primario è proprio quello di preservare gli oggetti. Forse nulla ci aiuta a comprendere tutte le operazioni, che a questo fine l’istituzione museale mette in atto, meglio della parola latina cura, che prevede innanzi tutto che la ricerca rivesta un ruolo primario nella programmazione. Archeologici, antropologi storici dell’arte, filologi, storici, archivisti, filosofi, archeometri, chimici, fisici, architetti sono solo alcuni dei professionisti che concorrono a comprendere i diversi aspetti dell’oggetto. Il curatore museale opera in genere seguendo una metodologia induttiva, parte dall’artefatto per poi definirne il contesto, stabilire le connessioni con il resto della collezione, studiare la storia dell’acquisizione con spirito critico. Si interroga su aspetti etici e sull’opportunità o meno dell’esposizione dell’artefatto e della sua eventuale restituzione alla comunità di riferimento. Nel penetrare i vari aspetti della biografia dell’oggetto arriva a scandagliare la storia del collezionista e a definire le motivazioni che hanno mosso uno stato, una città, un sovrano, un intellettuale, un viaggiatore, un mecenate, una comunità a raccogliere in un luogo oggetti che abbiano una qualche correlazione fra di loro. Va pian piano a ricostruire una serie di narrazioni che possano poi accompagnare il visitatore.
Proprio perché il Museo opera secondo un metodo induttivo e parte dall’oggetto, orienta in questo modo, in genere, anche il percorso all’interno delle proprie sale. Propone una o più modalità di approfondimento nella consapevolezza che non potrà essere esaustivo e fornire tutte le informazioni possibili che l’oggetto nella sua complessità racchiude in sé. Mira certo a suscitare la curiosità di colui che passeggia nelle sale museali, quella stessa curiosità che probabilmente per motivazioni diverse spinse il collezionista ad acquistare determinati artefatti o a farli realizzare. E sebbene in genere definisca un percorso che prevede di iniziare la visita da un determinato punto seguendo uno sviluppo prestabilito, in realtà, lascia libero il visitatore che potrà cogliere aspetti diversi e porterà con sé un ricordo legato all’agency che una certa opera d’arte o artefatto ha avuto su di lui