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 2021  maggio 07 Venerdì calendario

Intervista a Edi Rama


«È più facile prevedere che il Sassuolo diventerà campione d’Italia – per citare non una big come la mia Juve che soffre -, piuttosto che scommettere sul futuro dell’Europa. Ma di certo, la Ue è una creatura non finita, è ancora un work in progress». È in Italia il premier albanese Edi Rama, ospite a Firenze del convegno «The State of the Union». E da questa parte dell’Adriatico, appena riconfermato per il terzo mandato, rivendica l’urgenza di aprire con i 27 i negoziati per aderire all’Unione, che descrive però «sempre più balcanizzata». Come dire, i ruoli si sono invertiti.
Primo ministro Rama, trent’anni fa i suoi concittadini arrivavano sulle coste italiane su barconi strapieni come la Vlora, sognando un lavoro da operai in azienda o nei cantieri. Oggi, da Tirana emigrano professionisti, laureati, medici, la vostra migliore gioventù. Il destino del suo Paese è entrare nell’Ue?
«Guardiamo all’Italia come all’Albania di domani. Per noi l’Europa è una religione, non c’è nessun’altra area di influenza nel nostro destino europeo, che aspettiamo da secoli. Prima del 1990 non potevamo sognarlo, torturati da diversi regimi. Ora, possiamo sceglierlo. La nostra gente si sente già europea. Purtroppo la crisi dei rifugiati ha cambiato in peggio l’Ue, e ora Bruxelles continua a posticipare le trattative, dopo che la decisione è stata presa, per l’opportunismo nazionalista ed egoista di alcuni Paesi».
I negoziati sono fermi anche perché siete in grave ritardo sulle riforme richieste: corruzione, pulizia della magistratura, libertà di informazione.
«Stiamo facendo i compiti a casa. La riforma della magistratura è un processo da applaudire, siamo a metà del lavoro. Non si può chiedere a un atleta di operarsi, guarire e correre i 100 metri allo stesso tempo. Le regole europee sono una macchina micidiale che valuta paletti che spesso non soddisferebbero nemmeno gli Stati membri. Se la Svizzera o l’Italia si chiamassero Albania, o Kosovo, forse non sarebbero ammesse in Europa oggi, vista la corruzione e le riforme da attuare».
Sta accusando l’Ue di fare ostruzionismo?
«Dico che fa un po’ ridere questa storia che non siamo mai pronti ai colloqui preliminari per avviare il processo di integrazione. È troppo facile e conveniente tirare i sassi contro quelli fuori dalla porta. Ma non c’è altro destino per l’Albania che l’Europa. Conviene anche all’Europa».
L’Ue fatica a trovare la guida, con il tramonto di Merkel in Germania. Chi è ora il vostro sponsor?
«L’Italia è il nostro più grande e fedele alleato. La cancelliera è stata forse la persona che meglio conosce la situazione dei Balcani, anche il presidente Macron ha fatto molto. L’Ue vive di tante contraddizioni, la pandemia poteva essere l’occasione per rimetterci a remare tutti insieme. Invece ha messo in luce discrepanze e logiche nazionali. Dieci anni fa, quando si parlava di integrazione dei Balcani, eravamo i monelli nel giardino. Ora assistiamo a una balcanizzazione dell’Europa. Ci dite “Ti amo, ma non siamo pronti a sposarci”. Per carità, è legittimo che ci siano Paesi contrari all’allargamento, non discuto».
A 26 anni dagli Accordi di Dayton spuntano progetti segreti per ridisegnare i Balcani. Un pericolo o un’opportunità? L’Albania, in caso, integrerebbe il Kosovo.
«Lo status quo non è sostenibile. Come si esca da questo equilibrio precario, non lo so. Non credo in un deus ex machina che ci guiderà verso un nuovo assetto. Noi dei Balcani occidentali siamo democrazie giovani, adolescenti direi, che devono crescere e dimostrare di essere affidabili. L’unica discussione plausibile attualmente è costituire al più presto un’area Schengen balcanica, che permetta la circolazione di merci, servizi e persone, per rendere competitivo il mercato di Stati piccoli e isolati. Dare lavoro ai nostri giovani e non alimentare rancori, idiotismi e populismi pericolosi».
Guardate alla Ue, ma Cina e Turchia sono sempre più influenti, in Albania come in Macedonia del Nord. I vaccini sono un esempio.
«E per fortuna. Il presidente Erdogan ci ha dato una mano per uscire da una grave crisi sanitaria. Nella prima fase pandemica, l’Ue ci ha abbandonato e isolato. Abbiamo contattato con le nostre forze prima Pfizer, partendo per un viaggio al buio a New York, poi AstraZeneca. Infine la fabbrica di Sinovac in Turchia, che ha dato il via libera all’esportazione. Abbiamo anche Sputnik, viaggiamo sulle 25 mila inoculazioni al giorno, con 2,8 milioni di abitanti».
Per l’estate prevedete pacchetti Covid-free per i turisti? Molti italiani popolavano le vostre coste, in questi anni.
«Se le vaccinazioni continuano così avremo una grande estate senza nessuna restrizione. Stiamo immunizzando il personale degli hotel, siamo un Paese libero e sicuro. Italiani vi aspettiamo».