Corriere della Sera, 6 maggio 2021
La versione di Davigo
L’incontro tra il pubblico ministero milanese Paolo Storari e l’allora componente del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo, nel quale il primo consegnò al secondo i verbali con gli interrogatori dell’avvocato Piero Amara sulla fantomatica loggia massonica «Ungheria», avvenne a Milano. È un particolare che ieri Davigo ha ribadito nella testimonianza resa al procuratore di Roma Michele Prestipino e al sostituto Fabrizio Tucci, titolari dell’indagine sul «corvo» che ha recapitato quelle carte riservatissime ad almeno due quotidiani e a un consigliere del Csm; gli inquirenti accusano la ex segretaria di Davigo al Csm, Marcella Contrafatto, che per adesso ha preferito non rispondere alle domande dei pm.
Il dettaglio sul luogo della consegna è tutt’altro che secondario, perché sposterebbe la competenza delle indagini.
Finora ha lavorato la Procura di Roma perché nella Capitale è arrivata la lettera al consigliere Nino Di Matteo che accompagnava i verbali di Amara e accusava il procuratore di Milano Francesco Greco di essere rimasto con le mani in mano, e perché da altri elementi risultava che Davigo avesse ricevuto le stesse carte proprio a Roma. Perciò ha iscritto il nome di Storari sul registro degli indagati per violazione di segreto, sebbene Davigo (forte di un’apposita circolare del ’94) sostenga che una veicolazione di atti all’interno del Csm non sia illecita. Se invece la presunta violazione fosse avvenuta a Milano sarebbero competenti i magistrati di Brescia, dove il procuratore Francesco Prete ha già aperto un fascicolo sullo stesso reato, sebbene ancora a carico di ignoti.
Nei giorni scorsi erano circolate voci su una diversa versione di Storari (consegna a Roma), ma bisognerà attendere ciò che dirà nell’interrogatorio fissato per sabato. La consegna sarebbe comunque avvenuta nell’aprile 2020, in pieno lockdown anti-Covid, quando il Csm era di fatto chiuso e per i due magistrati era più semplice vedersi a Milano, dove abitano. Ma in questa intricata vicenda tutto va verificato nei minimi particolari. Comprese le date delle successive comunicazioni «informali» di Davigo all’interno del Csm: al vicepresidente David Ermini, al procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, al primo presidente della Corte Pietro Curzio ed altri consiglieri.
La competenza
In questo quadro
la competenza
delle indagini
andrebbe a Brescia
Ad aprile 2020 il Csm tenne un unico plenum, il giorno 29, ma Davigo partecipò in videoconferenza da Milano. Andò invece a Roma per le riunioni del 5 e 6 maggio; se parlò in uno di quei due giorni con Ermini e Salvi (al quale non disse di essere in possesso dei verbali segreti, ma solo di un’inchiesta delicata sulla presunta loggia con nomi importanti, tra cui quelli di un consigliere, e di un contrasto sulla sua gestione nella Procura di Milano), Salvi potrebbe aver informato il procuratore Greco subito dopo; «immediatamente», ha riferito in un comunicato, aggiungendo che Greco lo aggiornò poi il 16 giugno, alla vigilia dell’insediamento di Raffaele Cantone come procuratore di Perugia. Una simile ricostruzione cronologica darebbe una spiegazione all’altra data fin qui certa: l’iscrizione come indagati di Amara e dei suoi amici Calafiore e Ferraro avvenne solo il 12 maggio, dopo mesi di contrasti tra Greco e Storari su come procedere. E mesi prima della trasmissione del fascicolo a Perugia.
Altro particolare non irrilevante è che lo stesso Storari, consapevole di aver fatto uscire dal proprio ufficio quei verbali segreti un anno fa, ne abbia parlato ai colleghi solo recentemente, quando le indagini sono arrivate alla ex segretaria di Davigo al Csm. Nonostante già a ottobre 2020 un giornalista de Il Fatto Quotidiano si fosse presentato proprio a Milano per denunciare la prima spedizione del «corvo».
Pure la neoprocuratrice generale Francesca Nanni ha chiesto a Greco una relazione. E la Procura di Brescia, che a fine 2020 ha già archiviato un verbale di Amara ricevuto da Milano sul giudice del caso Eni-Nigeria, potrebbe estendere l’indagine dalla violazione del segreto ad altri reati eventualmente ravvisabili nelle scelte dei pm di Milano.
Dopo aver ricevuto uno degli interrogatori di Amara, il consigliere del Csm Nino Di Matteo ha parlato di calunnie e di attività di «dossieraggio» dentro al Csm. Stesso termine usato ieri dai componenti della corrente Magistratura indipendente, che chiedono al Csm di costituirsi parte civile. E il vicepresidente Ermini parla di «momento difficile per la magistratura, che ha voglia di grande riscatto».