la Repubblica, 6 maggio 2021
Il problema della catena del freddo
Morti a non finire, dolore di chi rimane, uno tsunami economico e sociale. Esplosione della povertà. C’erano state avvisaglie. Una decina di virus hanno bussato alla nostra porta in 20 anni. Ma ci sembravano lontani. Eravamo tutti più o meno convinti che la cosa non ci riguardasse più di tanto.
E invece è arrivata anche da noi. E abbiamo potuto sperimentare come i vaccini siano veicolo e garanzia di libertà di vivere. Libertà di muoversi. Libertà di studiare e lavorare. Libertà di relazionarsi. Libertà di abbracciare e baciare i propri cari. I propri amici. Lo hanno dimostrato per primi Israele e il Regno Unito. E dovremmo propagandarlo di più agli indecisi. La vaccinazione di massa ha fatto crollare i casi gravi e ha azzerato le morti.
Ma è dappertutto così? Purtroppo no. Le diseguaglianze tra Paesi sono enormi. E anche all’interno di ciascun Paese. Abbiamo il “privilegio” della nostra democrazia che ci tutela. Ma proprio per questo, noi e gli altri Paesi democratici dovremmo fare qualcosa per chi questo diritto non lo ha. E non può accedere al vaccino. Così come lo dovrebbe fare chi ha le possibilità economiche, mettendo in campo le sue risorse per una causa giusta.
Abbiamo potuto sperimentare come l’investimento in ricerca sia fondamentale. Ma esiste un problema nella produzione e distribuzione dei vaccini che crea una grande diseguaglianza tra Paesi e tra zone diverse all’interno degli stessi Paesi. La catena del freddo.
Pensate alle popolazioni che vivono in Africa o in Asia in zone con l’elettricità a singhiozzo o addirittura senza. Come fanno a conservare i vaccini a temperature così alte? Come fanno a trasportarli senza che si rovinino? Le donne sono costrette a caricarsi i loro bambini e a spostarsi per chilometri, senza mezzi di trasporto adeguati per vaccinarli. E quanti non si vaccinano?
E allora perché non si producono vaccini termostabili e magari autosomministrati? Non solo per il Sars-CoV-2 ma per tutto quello che serve. Sarebbe una vera rivoluzione se si investisse nella ricerca per produrre vaccini che possano essere spediti e conservati anche a temperature elevate.
Hanno posto apertamente il problema Ilaria Capua direttrice del One Health Center dell’Università della Florida e Carlo Giaquinto sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet. La ricerca non si è mai sviluppata in questa direzione perché il problema è che i Paesi avanzati non ne hanno bisogno. Ma non investendo nella ricerca sui vaccini innovativi e accessibili intere zone del mondo saranno escluse dalla libertà di vivere.
Non potranno combattere la diffusione dei virus. E il mondo più avanzato ne riceverà ricadute negative, come già stiamo vedendo, perché siamo ormai tutti interconnessi.
Investire su questo adesso salverà tante vite umane dalla morte. Sarà un atto di giustizia. Un servizio all’umanità intera. Possiamo farlo ora o aspettare la prossima pandemia.